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L’anima umana e la materialità come prigione o come mezzo

Rappresentazione surrealista che raffigura il concetto di anima

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Il motore della storia

Storicamente da sempre, ripercorrendo le più svariate tappe della storia dell’uomo conosciuta, si noterà da parte di qualunque attento osservatore, che il motore di questa, qualunque epoca si prenda in esame, è lo stesso da sempre: il profondo senso di insoddisfazione insito nell’uomo.

Ma come mai l’uomo, questo essere così peculiare sulla faccia del pianeta Terra, che pure ha dimostrato di avere in sé capacità che vanno molto al di là rispetto alla maggior parte delle altre forme viventi, sia in positivo che in negativo, in qualunque epoca e condizione, prova costantemente questo intimo senso di insoddisfazione?

La nostra peculiarità di specie

A mio avviso, proprio per via di questa sua caratteristica che, più di ogni altra, lo contraddistingue, ovvero la sua capacità di astrazione.
In sintesi, l’uomo, attraverso il pensiero e l’immaginazione, attraverso la sua interiorità e i sentimenti che lo attraversano, vive in sé uno scollamento fondamentale: egli vive, per così dire, con un piede nel mondo ed uno nell’infinita astrazione della sua vita interiore.

Le sue domande fondamentali pongono la sua essenza oltre ciò che concerne la natura materiale delle cose; per fare un paragone, è come se l’interiorità dell’uomo, con la sua capacità di astrazione, fosse una divinità in potenza, illimitata, se vogliamo folle, variegata e molteplice, che ha come habitat naturale il regno dell’infinito.

Allorquando egli, riavutosi dai suoi voli pindarici, si guarda attorno, trova qualcosa di ben diverso da ciò che sperimenta a livello puramente soggettivo: un mondo materiale, pesante, regolato da leggi rigide, legato alla sopravvivenza della specie, definito, limitato e, per lo più, piuttosto faticoso da affrontare.

Le tipologie di approccio al mondo

Questa condizione rispetto alla natura che lo circonda si estrinseca, nell’uomo, in tre modi fondamentali:

1) Con serena accettazione.

In questa modalità, l’uomo accetta questa condizione senza porsi in una posizione specifica al riguardo.

Questa tipologia di uomo tende alla concretezza e alla creatività ed opera con ciò che ha a disposizione per esprimere la sua interiorità, avulso da posizioni emotive riguardo al suo posto nel mondo. Il mondo è per lui un mezzo attraverso il quale può esprimersi, e tende a modificarlo per lasciare un’impronta di sé.

Attraverso la propria esistenza, questi esseri esprimono la volontà di “aggiungere” alla natura e al mondo qualcosa che prima non c’era. Sebbene non vivano con grandi spinte emotive questa loro duplicità essenziale, esprimono con il proprio essere la volontà di apportare un contributo con partecipazione, spinti, quindi, dalla necessità, che, fondamentalmente, è la ricerca di qualcosa che non trovavano prima.
Questo è di gran lunga l’approccio più raro da parte degli uomini rispetto alla propria condizione umana.
Per lo più sono gli uomini che, integrati nella società, ne divengono leader o elités, se emarginati divengono artisti, inventori, o comunque figure portate alla creazione, all’invenzione, al genio;

2) Con entusiasmo.

Questa tipologia di uomini trova nel mondo e nella natura un senso di stabilità, di concretezza. Trova, per lo più, sollievo nell’affrontare un limite che non riscontra nella propria interiorità, la quale tende a farlo sentire molto volubile e volatile, e questa àncora materiale gli permette di radicarsi e sentirsi “stabile”, gli fornisce la sensazione di avere una base solida dalla quale poter operare nel mondo.
Questa tipologia di uomini, per lo più, si trova in fuga dalla propria interiorità, che fatica a contenere, e pertanto si concentra sull’esteriorità per non dover fare i conti con ciò che vive dentro di essi.
Questi uomini si trovano, attualmente, in maggioranza, anche se in rapido calo, e vi si trovano vieppiù coloro che trovano soddisfazione nello svolgere lavori manuali, che godono maggiormente dei piaceri del mondo, che si integrano perfettamente nel quadro sociale contemporaneo, che hanno generalmente pochi bisogni, ma necessitano di molte distrazioni per non dover fare i conti con la propria insoddisfazione di fondo, della quale hanno per lo più paura.
Questa categoria di esseri tende ad approcciare il mondo in maniera superficiale, a delegare ciò che non gli compete, accetta il limiti che gli sono imposti poiché li fa sentire al sicuro, deresponsabilizzati riguardo alle scelte fondamentali, forma la cosiddetta “massa” degli individui, regolarmente gestita poiché fornisce substrato per avere gioco facile da parte di coloro che pretendono di “dominare” in virtù di questa ignoranza volontaria e manifesta.
L’insoddisfazione di questi uomini si manifesta come assoluta indifferenza nei confronti degli eventi esterni, fino a quando non li riguardano da molto vicino, ovvero fino a quando non è ormai troppo tardi per affrontarli adeguatamente. L’indolenza e l’ignavia sono il frutto della propria insoddisfazione rispetto a ciò che sentono e che non vorrebbero sentire, a livello interiore, convinti che il soffermarsi su ciò darebbe loro maggiori problemi rispetto a quanti la vita non ne dia già loro, e pertanto vivono, al più, una vita estremamente materialistica, alla stregua di belve addomesticate;


3) Con insofferenza.

Questa tipologia di uomini rappresenta una fetta minoritaria della popolazione umana, ma è presente in misura molto maggiore rispetto alla prima.

Questi uomini percepiscono la propria interiorità come parte dominante del proprio essere e provano, per lo più, un senso di prigionia nei confronti della materialità, che percepiscono come limite manifesto e, in larga parte, indesiderato.
Tendono a perdersi all’interno di sé stessi e a rifiutare il mondo e la natura, o ad approcciarsi ad essi attraverso la propria insoddisfazione predominante e, quindi, con una forte spinta alla modificazione dell’ambiente che li circonda, se hanno una mentalità volta al successo, o all’auto annichilimento nei confronti dell’esistenza terrena, che percepiscono come una prigione insormontabile, una realtà che si discosta profondamente dal proprio sentito etico, e quindi alla rinuncia e al disinteresse per la vita in sé, poiché percepita come qualcosa di troppo breve, limitato ed effimero per fare, per essi, una sostanziale differenza rispetto all’infinito, che sentono come il proprio vero habitat.
Questi costituiscono, per lo più, i pensatori, i filosofi, i religiosi, gli scrittori, ma anche leader di moti ribelli spontanei. Questa categoria fa dell’insoddisfazione il suo motore, come modalità di approccio alla vita.

L’anima, o ragion d’essere

In definitiva, l’interiorità dell’uomo, anche conosciuta come “anima” è ciò dalla quale derivano tutti quei problemi che non ha nessuna altra specie vivente su questo pianeta: essa costituisce la sua intima essenza, la sua “ragion d’essere”, lo pone nella condizione di riconoscersi molto raramente in ciò che appare in senso meramente fisico, e di desiderare sempre qualcosa di più per poter essere disvelata.

Questa costituisce la principale causa per la manifesta mancanza di rispetto degli uomini nei confronti del pianeta in cui abitano e del proprio habitat, persino del proprio corpo o della propria stessa vita, poiché non paiono ancora prevalere, su larga scala, quell’amore, quella cura e quel senso di protezione che un essere, nel sentirsi più grande rispetto a coloro che lo circondano, dovrebbe acquisire spontaneamente, in maniera naturale, così come una madre amorevole che protegge la propria cucciolata, o un albero che dona ristoro all’ombra di una chioma folta una volta che sia diventato abbastanza robusto, o un maschio adulto che protegge il proprio territorio.

L’uomo “compiuto”

Ecco, queste sopra descritte sono le caratteristiche che, a mio avviso, dovrebbero fare di un uomo un essere “compiuto” nella sua evoluzione personale, per così dire un uomo “adulto” in senso essenziale.

La condizione storica odierna

Non a caso, dalla seconda Guerra mondiale ad oggi, abbiamo assistito a quello che, forse, è un unicum storico, ovvero al porsi dei governi degli Stati nazione, specialmente nella parte occidentale del mondo, come padri amorevoli, che donavano benessere ai propri cittadini, che hanno riempiti di cose e distrazioni, divertimenti e intrattenimento, sino ad addormentarne completamente lo spirito critico e deresponsabilizzarli completamente rispetto ad ogni aspetto dell’esistenza, impoverendo notevolmente la loro interiorità e, in questo senso, svuotandoli dell’anima, per lasciarne in larga parte solo contenitori vuoti, pronti per essere riempiti dall’esterno e completamente gestiti.

L’umanità non ha, forse, mai conosciuto una tale regressione fino alla fase infantile e, anche se oggi pare che qualcosa, in tal senso, stia iniziando a muoversi, dovremmo iniziare tutti a renderci conto che, per quanto possiamo considerare “insignificante” il dominio del mondo e di quanto lo concerne, ciò che lasciamo accadere su questo piano è un mero riflesso di ciò che stiamo lasciando accadere alla nostra anima, o interiorità, la quale si suppone porci al di fuori di tutto questo.

Il male di vivere

Il mondo e la vita comportano fatica, dolore, sofferenza, di base, per la sola condizione di esistere, e bisognerebbe che gli uomini comprendessero che, stante questo fatto, ciò che provoca maggiore sofferenza in senso assoluto è il non seguire la propria interiorità.

Certo, troviamo non pochi ostacoli, già naturalmente, nel perseguimento di un obbiettivo tanto “elevato” e, come se non bastasse, un potere sin troppo radicato, invece, alla mera materialità del mondo, continua a spargerne di nuovi lungo il cammino di tutti, ma quanto dolore costa adattarsi ad un paio di scarpe troppo strette rispetto al sacrificio di risparmiare per comperarne o fabbricarne di nuove?

Ecco che “il male di vivere”, come lo chiamava giustamente Eugenio Montale, può però acquisire un senso che è dato da ognuno di noi. Ovvero, nell’impossibilità di liberarsene del tutto, questa forza che agisce sulle nostre anime può costituire tanto la nostra prigione che la spinta verso un’evoluzione di specie e di civiltà.

La scelta di vivere

Ed è esattamente questa la scelta che ognuno di noi ha, in vita.

Ma, per potersi accorgere di averla, bisogna innanzitutto vedere ed accettare che il dolore che la materialità comporta non è eludibile in alcun modo, ma può solamente essere alleviato nel momento in cui gli viene impressa la direzione della volontà.

Allora passeremo dall’essere timonieri in un mare in tempesta che mai si placa a camminare per lo più dritti verso gli obbiettivi che l’anima pone ad ognuno di noi, e sono convinto che questi non sarebbero ostili e dannosi come gli effetti che provochiamo con la nostra attuale e manifesta inconsapevolezza e indolenza di specie.

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