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Copertina: Stalin? Ha perso, anche se ha vinto
Stalin. Ha perso, anche se ha vinto
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La solita tarantella

Antica illustrazione raffigurante uomini e donne in abiti settecenteschi che suonano e danzano

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Come avevo scritto qualche giorno fa, oggi si è puntualmente verificata la prima parte delle mie previsioni.

Dopo estenuanti giornate di sceneggiate degne del miglior regista di commedie all’italiana, il nostro “eroe per caso” Giuseppe Conte ha rotto gli indugi e ha fatto comunicare ai suoi capigruppo al senato di annunciare la loro astensione dal voto di fiducia, che immancabilmente è andato in onda verso le 14, 30 di oggi pomeriggio.

Ho seguito personalmente quasi tutte le dichiarazioni dei Senatori di tutti gli schieramenti e devo assolutamente dire che le cose sentite mi hanno fatto raggricciare la pelle ancora più di quanto immaginassi.

Quasi tutti quanti si sono sbizzarriti in retoriche politiche della peggior specie, che hanno fatto impallidire in un sol colpo, tutto quello che abbiamo osservato nel tempo durante la Prima Repubblica.

Devo onestamente riconoscere che uno dei pochi che si è attenuto ai dati effettivi di quanto stava andando in scena nel Senato della Repubblica è stato Gianluigi Paragone, leader del partito Italexit, che perora la causa, facilmente immaginabile dallo stesso nome del partito, dell’uscita dell’Italia dall’euro zona e dalla moneta unica.

Ma non voglio analizzare tutto quello che è stato detto durante le 4 o 5 ore di interventi al Senato, anche perché parlare di aria fritta non è nel mio stile.

Quello che voglio commentare è ciò che è venuto dopo, ovverosia la salita al Colle del Presidente del Draghistan, Super Mario, per rimettere le sue dimissioni nelle mani dell’altro immarcescibile presidente, ovvero Mattarella, il quale, come era facile immaginare, le ha respinte, rimandando Draghi alle camere per verificare la situazione e decidere insieme ai partiti della malconcia maggioranza il da farsi.

A prescindere dal fatto, assolutamente vergognoso, della non presenza oggi di Draghi al Senato, cosa che è stata fatta notare da uno dei Senatori durante il suo intervento (ma come? Sai che il tuo governo sta andando in pezzi e hai ascoltato la dichiarazione dell’ex Presidente del Consiglio di non voto alla fiducia e non ti presenti nemmeno?), quello che ora succederà è di facile lettura.

Visto e considerato che Draghi aveva affermato categoricamente la sua indisponibilità a proseguire nell’avventura di governo qualora i 5 stelle si fossero sfilati – come è successo – i casi sono due: o perde la faccia, accettando di proseguire con una maggioranza differente (insieme al gruppo sempre più numeroso che si è assembrato, belante, intorno al cane pastore DiMaio) o mantiene un briciolo di dignità e ripresenta le sue dimissioni, questa volta “irrevocabili”.

A questo punto, Mattarella ha solo due alternative, e cioè o scioglie le camere, rimandando il paese alle elezioni, con la facile previsione di una vittoria pressoché schiacciante del centro destra e il dover conferire l’incarico di Presidente del Consiglio a Giorgia Meloni (cosa che, prima di farla e permetterla, Mattarella preferirebbe farsi impiccare) o, richiamandosi alla pressante crisi ed emergenza e “solo ed esclusivamente per il bene collettivo dei cittadini” dirà che non si può interrompere ora l’azione di governo, specialmente in vista della legge di bilancio imminente e, quindi, nominerà un Presidente del Consiglio “traghettatore” che ci porti fino a scadenza naturale della legislatura, solo per fare quelle due o tre cosucce che avrebbe dovuto fare Draghi (stanno già circolando dei nomi, e pare che il più gettonato ad oggi sia Amato).

Con una probabilità del 95%, il nostro esimio Presidente della Repubblica sceglierà proprio questa strada, sempre che Draghi non rinunci alla sua credibilità e riconfermi le sue dimissioni.

Ma le cose che vorrei sottolineare e che penso nessuno dei commentatori o giornalai che hanno partecipato stasera ai vari “special” sulla crisi, abbia fatto notare o minimamente ne abbia parlato, è che i signori del movimento 5 stelle, sapendo perfettamente che tutti quanti, nella realtà, non volevano andare ad elezioni per i più disparati motivi, hanno deciso di compiere questo strappo, sicuri, in questo modo, di raggiungere il loro obiettivo principale, che, a differenza di quanto tutti pensano, non è il Termovalorizzatore in costruzione a Roma, inserito all’interno del decreto aiuti (per costruirlo e metterlo in opera ci vorranno come minimo 5 anni, non siamo mica cinesi) ma, molto più semplicemente, non far finire la legislatura prima del 22 di settembre, giorno fatidico per tutti i parlamentari al primo mandato per maturare la pensione e assicurarsi, così, la continuazione economica della loro vita anche senza lavorare.

Oltre a questo fatto, che per le persone serie come io mi reputo e come tanti altri, è semplicemente indecente, perché in questo modo si gioca sulla pelle degli Italiani in difficoltà per i classici “30 denari di Giuda”, altro piccolo particolare, di un’ilarità incommensurabile, si è consumato quando il Ministro per i rapporti con il Parlamento, D’Incà, in quota 5 stelle, ha comunicato che il governo avrebbe posto la questione di fiducia sul decreto aiuti.

Ma fammi capire: tu sei un uomo dei 5 stelle che si apprestano, dopo aver urlato ai 4 venti che non avreste votato la fiducia, e ti acconci all’uopo dichiarando di porre la questione di fiducia al Senato, senza nemmeno fare il gesto di dimetterti?

Ma siamo sul set delle “nuove comiche” o all’interno della più importante struttura politica del Paese?

Non so voi lettori ma, personalmente, non riesco a trovare il termine esatto per definire quanto sto provando in questo momento.

Avevo pensato a “indicibile schifo”, mescolato a “vergogna e rabbia esplosiva”, ma non ritengo che rendano appieno lo stato d’animo che provo al momento.

Resta il fatto che, per l’ennesima volta, di fronte alla opinione pubblica nazionale ed internazionale, dobbiamo chiamare in causa il decano dei giornalisti con la sua frase ormai storica: “Che figura di merda!!”

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