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Stalin. Ha perso, anche se ha vinto
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La situazione precipita

Un caccia militare con tutti i missili che è in grado di trasportare in ordine davanti ad esso

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Indaffaratissimi con i preparativi delle vacanze – poche, per la verità, viste la perdurante crisi economica – sempre vessati dagli ultimi colpi di coda della pseudo pandemia che ci ha tenuti in ostaggio per oltre due anni, sommersi dalle notizie, spesso manipolate, riguardanti la guerra in Ucraina e massacrati dall’inflazione galoppante (i meccanismi della quale, onestamente, mi sfuggono, per quanto mi sforzi di capire le incongruenze implicite di quanto osserviamo quotidianamente, ma di questo ne parleremo in altro momento) e dalla crisi economica che ci leva il sonno, non ci rendiamo conto di quello che sta succedendo nello scacchiere mondiale dei poteri politici e militari mondiali.

Alla maggior parte della gente sfuggono le mosse sotterranee che vengono effettuate da una parte e dall’altra dei “due blocchi” di potere – Russia, con i loro alleati più o meno dichiarati e blocco occidentale, con gli Stati Uniti in testa – e degli effetti a medio e lungo termine che ciò potrebbe comportare per tutti quanti noi, ignari ed incolpevoli cittadini del mondo.

La guerra in Ucraina continua, nonostante le previsioni della maggior parte dei cosiddetti “analisti” occidentali che, come era abbastanza facile intuire fin da subito, non sarebbero nemmeno in grado di valutare gli esiti di una scazzottata fuori da una discoteca il sabato sera, figuriamoci se hanno la benché minima possibilità di capire cosa realmente succede sul suolo della nostra Europa, e lo stesso Zelensky, che si è prodigato nelle sue esternazioni di una esaltante “vittoria sul campo” contro l’invasore Russo, pochi giorni fa ha esortato gli abitanti del Dombass ad evacuare la regione, poiché ormai non più difendibile dal suo esercito (per lo meno da quello che ne rimane, nonostante i cospicui apporti militari provenienti da oltre oceano).

L’esercito Russo, ben lungi dall’essere arrivato agli sgoccioli, come molti dei nostri “commentatori” serali vaticinavano poche settimane or sono, fa quello che sempre ha fatto l’esercito Russo, ovvero avanza e persegue i propri obiettivi senza ombra di cedimenti strutturali seri.

Bisogna comprendere che il potere militare Russo ha appreso, a proprie spese, durante la devastante campagna condotta dai generali tedeschi durante l’operazione Barbarossa nel 1941, che rischiò di costargli la catastrofe assoluta, come comportarsi e quali piani mettere in atto al fine di condurre una campagna militare – di offesa o difesa che dir si voglia – alla fine vittoriosa.

Le forze militari Russe e, sopratutto, chi le comanda e guida, sono una macchina magari lenta, ma inesorabile, e quando si mette in moto molto difficilmente si riesce a fermarla prima che abbia raggiunto i propri obiettivi o che, viceversa, si sia giunti ad un accordo negoziale con soddisfazione dei suoi comandanti politici.

Nonostante gli esorbitanti aiuti militari che sono giunti da ogni parte del mondo occidentale all’Ucraina, dalla lista sommaria che è stata messa a disposizione dell’opinione pubblica si può chiaramente vedere che la Germania si è limitata moltissimo nell’invio di armi, tenendosi nei limiti della “decenza” politica di sostegno, in quanto, come appare evidente dalla cartina geografica dell’Europa, i primi ad essere interessati da delle eventuali “ritorsioni” dell’orso Russo – oltre a noi – sono proprio loro, per cui la loro politica è, sì, di aiutare il popolo Ucraino, ma con molta prudenza e, sopratutto, senza chiudere le porte definitivamente al prossimo futuro che li vedrà, giocoforza, costretti, volenti o nolenti, a trattare con l’ingombrante vicino.

Bisogna pure ricordarsi che le ferite fra le due nazioni non si sono mai del tutto rimarginate e che sussistono, ancora oggi, vecchie ruggini mai sopite , rancori e idee di rivalsa gli uni verso gli altri.

https://www.rainews.it/articoli/2022/04/ucraina-aiuti-militari-e-armi-occidentali-052cc751-11c7-45d0-a5a8-f92c62f6f7bd.html#:~:text=All’inizio%20del%20conflitto%20la,Strela%20e%20munizioni%20in%20Ucraina.

A tutto ciò vanno aggiunti un paio di aspetti generali che sono misconosciuti costantemente dal main stream, specialmente da quello italiano – per lo più composto da “giornalai” attenti a non pestare i piedi ai loro padroni, piuttosto che alla ricerca delle verità profonde che si celano dietro ad ogni evento bellico – che riguardano il disegno economico-finanziario che si nasconde dietro a tutta questa assurda vicenda, da una parte, e il tentativo del “blocco orientale” se così possiamo chiamarlo, che si vuole opporre a tutti i costi alle mire imperialistico-espansive degli Stati Uniti.

E qui entra in gioco un altro attore della partita che, a ben vedere, potrebbe essere molto più pericoloso e subdolo della Russia di Valdimir Putin e, sicuramente, non dovrebbe essere sottovalutato come, al contrario, mi sembra sia al momento attuale: la Cina, con tutto quello che ne segue e con i paesi che, bene o male, si sono schierati dalla loro parte.

Per quanto riguarda la questione economico-finanziaria, la partita a scacchi che si sta giocando sul tavolo mondiale vede, da una parte, il “blocco occidentale”, capitanato dagli U.S.A., che in 70 anni hanno messo in piedi un complesso sistema finanziario dollaro-centrico che determina l’andamento economico dell’intero mondo, avverso il quale la Cina, la Russia, l’India, il Pakistan ed altri paesi satellite come, ad esempio, gli Emirati Arabi Uniti, stanno cercando di costruire un sistema finanziario alternativo basato, con molta probabilità, sullo Yuan cinese.

E credetemi che questa motivazione è molto più seria e forte di qualsiasi possibile motivazione territoriale o di altro genere che una nazione possa tenere in conto e, sicuramente, è il collante più potente che si possa immaginare.

A tutto questo va aggiunto il non ininfluente aspetto delle mire secessioniste da una parte e di annessione forzata dall’altra che riguardano Taiwan e la Cina.

Taiwan è, secondo la Cina, di proprietà dei cinesi fin dal 1945, mentre, secondo quanto sostenuto dagli stessi abitanti dell’isola, sono assolutamente indipendenti e non hanno alcuna intenzione di sottostare alle mire espansionistiche dell’ingombrante e prepotente vicino.

In tutto ciò, che potrebbe apparire agli occhi di un osservatore distratto o poco addentro alle dinamiche politico-economiche del mondo come una semplice disputa “locale”, ci si sono infilati gli onnipresenti U.S.A., avanzando pretese di controllo da gendarmi del mondo, che portano avanti ormai da oltre 70 anni.

Ma credetemi quando vi dico che alla base di tutto ciò non ci sono assolutamente delle motivazioni di giustizia popolare o di, appunto, “gendarmeria”, che dir si voglia, ma solamente dei meri interessi di ordine economico e commerciale, in quanto Taiwan è il centro mondiale dei microchip e della tecnologia in generale, non per nulla è sempre stata considerata una delle 4 tigri asiatiche, insieme a Singapore, Honk Kong e Corea del Sud.

E in questo scenario, è notizia proprio di qualche ora fa che la Presidente della Camera Americana, dopo quasi 30 anni di assenza dall’isola, ha deciso di fare tappa a Taipei per questioni di ordine politico e commerciale, innervosendo fuori ogni ragionevolezza il presidente della Cina, Xi Jin Ping, il quale, in una telefonata con Biden, ha esortato il presidente Americano a considerare il fatto che “giocando con il fuoco, spesso ci si può bruciare”, sottolineando, di fatto, che la Cina è assolutamente pronta a portare su altri piani il confronto con gli U.S.A. .

A tutto ciò, se non bastasse, va aggiunta la recente recrudescenza osservata nel mondo balcanico fra Kosovo e Serbia, che lontani da aver appianato i loro atavici dissapori con la guerra del secolo scorso – 1998/1999 ndr – hanno alzato di nuovo la tensione nella penisola balcanica con degli atti politici assolutamente irresponsabili.

Infatti il presidente del Kosovo ha dichiarato che, dal primo agosto (poi rimandato di un mese), sul territorio Kosovaro sarebbero stati resi nulli i passaporti di altra nazionalità (Serbi) e rese non più autorizzate a circolare le targhe della stessa nazione con, ovviamente, una reazione immediata del presidente Serbo, al fine di tutelare le minoranze Serbe abitanti sul territorio Kosovaro.

Credete che sia finita qui? Vi sbagliate di grosso!

Senza analizzare le motivazioni degli uni o degli altri, o cercare di determinare chi abbia ragione e chi stia sbagliando, esercizio che richiederebbe un’analisi molto più attenta e approfondita e che, con molta probabilità, non porterebbe ad alcun risultato (nessuno ha mai ragione piena o torto marcio, ma sempre una via di mezzo), va tenuto presente, per poter avere una chiara visione di insieme, che la Serbia è il punto di riferimento, nell’Europa meridionale, della Russia di Putin e, viceversa, il Kosovo viene utilizzato sia dagli U.S.A. che dall’Europa tutta come “punto di rottura” e di destabilizzazione, nel più generale gioco di strategico che viene condotto sull’intero vecchio continente, in particolare, e nel mondo in generale.

Aggiungo, in conclusione, che in giro per il mondo ci sono altre decine di queste situazioni, che vedono coinvolti i principali contendenti di cui sopra, e che sarebbe estremamente lungo e complesso definire in questo momento, ma invito tutti i lettori a considerare sempre e comunque le cose che ci vengono raccontate sotto un aspetto più generale e onnicomprensivo, piuttosto che singolarmente.

Perché, come ho sempre cercato di fare e di suggerire a chi mi vuole seguire, le dinamiche politiche mondiali vanno osservate nel loro insieme – anche se ciò richiede uno sforzo di ricerca e studio molto approfondito e complicato – per poter avere un “quadro di insieme” che possa condurci alla comprensione chiara del tutto.

E proprio per questo ho voluto titolare questo pezzo con tono allarmistico, poiché la visione totale delle questioni correnti mi portano a prevedere che il peggio abbia ancora da venire, e ciò sarà ancora più evidente quando i due presidenti, Russo e Cinese, saranno giunti al perfezionamento del “sistema economico alternativo” a quello americano.

Allora, e solo allora, i due “giocatori” caleranno i loro assi sul tavolo della competizione mondiale e vedere di che “colore” saranno, personalmente mi mette molta apprensione ed un filo di paura ancestrale di “fine imminente”, non tanto per quello che potrebbe significare in puri termini di equilibri geopolitici mondiali ma per quelle che potrebbero essere le reazioni scomposte degli irresponsabili oltreoceano.

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