Una notizia di cronaca internazionale mi ha fatto riflettere su quanto sia diffuso il fenomeno delle madri assassine.
Siamo a New York, città nota e altrettanto popolosa, capitale della moda e del lusso, ma anche dei molteplici lati oscuri.
Krystal Cascetta, 40enne, stimato medico oncologo, domenica 6 agosto, nelle prime ore del mattino, è entrata, munita di pistola, nella stanza della figlia di appena 4 mesi. Ha dapprima aperto il fuoco contro la neonata, poi ha rivolto l’arma contro sé stessa.
In casa erano presenti anche i genitori di Krystal, i quali, inquietati all’udire il primo colpo, si sono catapultati nella cameretta della bimba.
Non oso immaginare lo strazio provato per la scena che si è presentata dinanzi ai loro occhi. I soccorritori giunti sul posto non hanno potuto far altro che constatare la morte di madre e figlioletta.
Le indagini sono in corso per determinare l’esatta dinamica e anche il movente, anche se dalle prime indiscrezioni pare che la polizia del luogo non abbia dubbi sul fatto che si è dinanzi a un caso di omicidio – suicidio.
Madri assassine
Krystal aveva davanti a sé una brillante carriera come medico, una vita agiata, una casa lussuosa, un marito famoso, genitori amorevoli, e un angioletto di 4 mesi; eppure, quella tragica mattina, qualcosa è scattato dentro di lei, un impulso talmente forte che ha armato la sua mano, rendendola una madre assassina.
Mamme che uccidono sono ovunque: in Italia, molte donne sono state condannate per aver tolto la vita alla propria creatura, diverse sono ancora dietro le sbarre a scontare la loro pena. Altre, come Krystal, si sono suicidate, verosimilmente, perché non avrebbero potuto convivere con il senso di vergogna per la nefasta azione commessa.
Tra i casi italiani, ancora vividi nella nostra memoria, vi è il delitto di Cogne, che ha suscitato tanto clamore mediatico. Il piccolo Samuele Lorenzi, 3 anni, è stato ritrovato morto, nel febbraio del 2001, nel lettone dei suoi genitori.
Accusata di omicidio la mamma, Annamaria Franzoni, la quale ha sempre negato di aver assassinato il suo Sammy.
Secondo gli inquirenti, la Franzoni avrebbe fracassato il cranio di Samuele con un oggetto non identificato e mai trovato, dopo ha chiamato i soccorsi. Il piccolo è arrivato in ospedale in condizioni gravissime, è morto poco dopo il suo arrivo in clinica.
Nel 2002 un’altra bambina è stata privata della vita dalla sua mamma, è accaduto in Valtellina.
La madre ha messo la figlioletta nella lavatrice e ha azionato l’elettrodomestico. Il corpo della piccola è stato ritrovato dal padre.
Nel 2004 a Vieste, in provincia di Foggia, una 33enne ha soffocato i suoi figli di 5 e 2 anni con del nastro adesivo prima di togliersi la vita con la stessa modalità.
Mamma, perché mi hai ucciso?
Se fossi uno di quei piccoli uccisi, vorrei sapere perché sono stato privato della vita proprio da colei che me l’ha data. Vite spezzate, annientate con gesti terribili e contro natura.
Non credo vi sia una risposta univoca, ogni caso è a sé. Possiamo solo provare a farci un’idea su cosa potrebbe trasformare una madre in potenziale assassina.
I motivi possono essere diversi, fattori culturali, ma sicuramente psicopatologici. La donna può avere un rifiuto della maternità, una depressione, un abuso subito in giovane età. Le madri, sfinite dalla depressione, spesso non vedono altra via di uscita se non quella di porre fine alla propria vita e decidono di portare con sé il bene più grande: il figlio.
Poi ci sono le donne che agiscono come Medea, figura mitologica greca, che ha ucciso i propri figli per vendetta nei confronti del suo grande amore, Giasone, il quale l’ha abbandonata per sposare un’altra donna. In queste madri si attua un processo di scissione, l’atto della vendetta, il sentimento della rabbia vanno oltre la dimensione della protezione e della cura della propria creatura.
Il nulla del dopo…
La negazione, il rifiuto. È difficile solo immaginare di aver compiuto un gesto così terribile. Ancora più terribile quando arriva il momento di confrontarsi con la realtà, mentre quell’insieme di persone che costituiscono il sistema giudiziario, in più momenti della giornata, fa rivivere alle incriminate il proprio agito, attraverso interrogatori, colloqui con lo psichiatra, e poi la vita nuova da detenute nelle patrie galere.
Allora arriva la cognizione di quello si è fatto, del crimine più orrendo di cui queste madri si sono macchiate, la disperazione è tale che, ora, nella loro anima regna solo il senso di vuoto e il dolore inesprimibile. Sono, ormai, consapevoli che nulla sarà più come prima.