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Stalin. Ha perso, anche se ha vinto

Petrarca politico e la visione dell’italia come nazione

Ritratto di francesco Petrarca in ovale

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Francesco Petrarca ha vissuto a cavallo di due epoche il Medioevo e l’Umanesimo. Il poeta ha, dunque, potuto osservare gli aspetti positivi e negativi di due periodi, uno in fase di decadenza e l’altro agli albori.

Vivere in un momento di transizione ha influito tantissimo sul suo modo di pensare, anche se, per molte idee, è rimasto ancorato alla formazione di stampo religioso medievale.

Come, però, non subire il fascino della nuova età?

Petrarca non fu immune a quelle idee che conducevano alle gioie terrene, anziché a quelle spirituali, e forse è anche per questo che si pose alla ricerca di una sorta di perfezione, tanto nel linguaggio quanto nella forma del componimento.

Petrarca, eccetto qualche incarico di natura diplomatica, si tenne lontano dalla vita politica attiva. Questo, però, non gli impedì di manifestare gli ideali politici nelle sue opere.

Espresse il suo entusiasmo per lo sforzo, ahimè vano, di Cola di Rienzo di restaurare la Repubblica a Roma, si fece, inoltre, portavoce della lotta contro la corruzione della corte papale ad Avignone.

Cosa desidera Petrarca per l’Italia?

Petrarca aspira alla rinascita sia politica che morale del Bel Paese e vede la causa principale del suo declino nelle lotte intestine tra i vari signorotti italiani e nello stato di squallore e completo abbandono in cui è lasciata Roma, che per il poeta rimane sempre il “capo” dell’Italia.

A differenza del suo collega letterato Dante Alighieri, che spera la rinascita dell’Italia nell’Impero, ed esattamente come “giardin dell’Imperio”, Petrarca, influenzato sia dalla lettura dei classici che dalle idee più moderne, considera l’Italia come uno stato a sé, quindi con una sua indipendenza, in altre parole la concepisce come una vera e propria nazione.

Questi pensieri di carattere squisitamente politico sono espressi in due canzoni, in “Italia mia” e “Spirto gentil”.

In “Italia mia” il poeta scrive:

“… Voi cui Fortuna à posto in mano il freno de le belle contrade, di che nulla pietà par che vi stringa, che fan qui tante pellegrine spade? perché ’l verde terreno del barbarico sangue si depinga? Vano error vi lusinga: poco vedete, et parvi veder molto, ché ’n cor venale amor cercate o fede. Qual piú gente possede, colui è piú da’ suoi nemici avolto. O diluvio raccolto di che deserti strani per inondar i nostri dolci campi! Se da le proprie mani questo n’avene, or chi fia che ne scampi?”

Petrarca invita i Signori italiani a mettere fine alle lotte interne fratricide e a cacciare le milizie mercenarie straniere, origine di ogni male; mentre nella seconda canzone “Spirto gentil”, il letterato esorta il nuovo reggente di Roma a ridestare la città eterna e a riportarla al suo antico splendore per il bene comune.

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