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Stalin. Ha perso, anche se ha vinto
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Inesorabile declino

Pugno chiuso

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Notizia di ieri, un professore in una scuola di Pontedera, dopo reiterati sberleffi da parte di uno studente, ha perso la pazienza e gli ha sferrato un pugno nella pancia.

Questo il titolo indignato di una gran parte della stampa locale e nazionale, in relazione ad un evento occorso in una scuola, appunto, di Pontedera (Pisa), in Toscana, con tanto di video allegato all’articolo.

E sulla scia di questo episodio, per altro condannabile, poiché non bisognerebbe mai arrivare alla violenza fisica di questo tipo, l’intero mainstream si è scatenato con alti lai e starnazzamenti vari, tutti unidirezionali contro il professore crudele, che ha utilizzato la sua superiorità fisica per sottomettere e punire un povero ragazzino indifeso.

Al di là degli immediati interventi dell’istituto, che sono sicuramente il preludio alla cacciata del professore dalla scuola stessa, se non addirittura dall’insegnamento, qui bisogna iniziare veramente a fermarsi e cercare di fare pace con il proprio cervello, perché la faccenda sta realmente degenerando oltre ogni limite tollerabile.

Guardando il video si può benissimo vedere che il tanto famigerato “pugno”, altro non è che uno scatto d’ira del professore, che, girandosi da seduto sulla cattedra, muove il braccio sinistro, colpendo l’alunno allo stomaco, probabilmente con il dorso della mano, ma non certamente con il pugno chiuso, come di norma si utilizza in una scazzottata.

Ora, deprecando certamente il gesto di questo professore – poco più di un ragazzo e, certamente, sotto i 30 anni – che mai avrebbe dovuto arrivare ad un simile gesto, bisogna cercare di capire come si sia potuti arrivare a simili atteggiamenti, sia da parte degli alunni che da parte del corpo insegnanti.

E qui il discorso si fa veramente lungo, poiché, anche senza essere dentro alla scuola, si può chiaramente vedere quale sia l’andamento delle relazioni e degli atteggiamenti di queste nuove generazioni di ragazzi, spalleggiati e difesi oltre ogni limite, sia da un sistema che ormai ha perso ogni possibile “valore” identitario, sia da delle famiglie che, andando dietro a mo’ di scimmie a quella brutta cosa che si chiama “politicamente corretto”, non riescono a capire che in questo modo stanno allevando delle generazioni totalmente smidollate, che nulla potranno portare di buono alla futura gestione della “vita pubblica”.

A differenza di ciò che succedeva negli anni sessanta e settanta, quando, personalmente, ero un ragazzo che iniziava ad affrontare il mondo attraverso le prime esperienze scolastiche, e avevo ben chiaro in mente quali fossero i ruoli dei figli e dei genitori, i quali mi avevano insegnato, anche con qualche ceffone ben assestato, il rispetto, che categoricamente si deve imparare fin da piccoli e che, a parer mio, deve essere una pietra miliare dell’insegnamento delle nuove generazioni. Oggi il sistema si è totalmente ribaltato, vedendo questi genitori, assolutamente incapaci e non preparati ad allevare dei figli, schierarsi senza se e senza ma dalla loro parte, qualsiasi cosa loro combinino.

Nel tempo, ho avuto modo di vedere il comportamento di diversi figli di amici verso i loro genitori, e dentro di me riflettevo su cosa sarebbe successo se io o i miei fratelli ci fossimo permessi di rivolgerci nello stesso modo verso i nostri.

Con molta probabilità, porteremmo ancora oggi i segni delle botte che avremmo ricevuto per delle mancanze di rispetto così eclatanti e, sicuramente, avremmo imparato sulla nostra pelle che un tale comportamento non era tollerabile.

Sempre più spesso si sentono dei “vaffa”, o insulti pesanti rivolti a dei genitori da parte di ragazzini di 14 o 15 anni che, come tutta risposta, ricevono delle alzate di spalle del tutto impotenti di fronte a questa aggressività, che esplode proprio per l’incapacità di insegnamento.

E tale meccanismo lo si può notare benissimo anche nel comportamento dei cosiddetti adulti verso gli animali domestici – in principal modo verso i cani – che, sicuramente, non devono essere maltrattati, ma in quanto animali andrebbero educati fin da piccoli a stare al loro posto senza superare i confini della tranquilla convivenza.

È indubbio che la violenza sugli animali mi vede assolutamente contrario, ma state pur certi che se un cane non lo si abitua fin da cucciolo a capire che determinate cose non le deve e non le può fare, non si riuscirà più a gestirlo, con dei seri rischi per la propria ed altrui incolumità e, per assurdo, la stessa cosa vale per i bambini, fin dalla loro nascita, che necessitano sia di amore che di una guida attenta e, in qualche caso, severa, che li accompagni, gradatamente e con rispetto, ad affrontare la vita.

A peggiorare l’intera situazione ci si è messa pure una società che, a parer mio, sta rapidamente declinando verso la formazione di generazioni completamente ingestibili e, per certi versi, totalmente inutili al proseguimento di una sana e florida società.

Uno degli errori fondamentali commessi dalle scorse generazioni politiche che si sono succedute alla guida del nostro paese è stato quello di eliminare il servizio militare.

E si badi bene, non tanto per l’apporto nel settore militare, ma in quanto strumento d’insegnamento per le nuove generazioni.

Anche se, personalmente, sono contro a qualsiasi tipo di militarizzazione di un paese, sono anche convinto che un servizio di tipo militare, che sia improntato alla conoscenza del mondo della guerra e delle armi o, più auspicabilmente, improntato ad un servizio prettamente civile (si potrebbe, ad esempio, istituire un obbligo per i giovani ad aiutare la Protezione Civile) dovrebbe essere ripristinato con molta rapidità, proprio per dare una “sferzata educativa” alle nuove generazioni.

Per fare un piccolo esempio, vorrei raccontare un aneddoto personale di quando avevo poco più di 6 anni, ed insieme a mio fratello più grande di 2 anni sono stato mandato dai miei genitori in un campeggio di tre giorni insieme ai Boy Scout, nelle montagne del Bergamasco.

Eravamo circa una 50ina di ragazzini dai 6 ai 14 anni, guidati da un Akela (capobranco) di appena 24 anni, e dormivamo tutti insieme in uno stanzone di una cascina, a circa 1300 metri di altezza sul mare, dentro i nostri sacchi a pelo, su dei vecchi letti a castello di ferro.

La mattina ci alzavamo alle 7 e, correndo dietro alla struttura dove c’erano i lavatoi, rompevamo il ghiaccio con le mani e ci lavavamo con quell’acqua gelida!

Senza proseguire il racconto, vi posso garantire che se oggi succedesse una cosa simile, come minimo i genitori di questi ragazzini partirebbero con le denunce ai carabinieri per maltrattamento e, con estrema sicurezza, ci sarebbero un sacco di “benpensanti” di varie associazioni di tutela dei giovani che inizierebbero a strillare contro i “carcerieri” che, a mo’ di aguzzini nazifascisti, si sono permessi di fare certe cose.

Quello che voglio dire, in definitiva, è che o si inizia a ridimensionare l’intero sistema sociale o, senza ombra di dubbio, la nostra società è destinata irrimediabilmente allo sfacelo più totale.

Perché una cosa importantissima, da tenere presente, è che le nuove generazioni saranno coloro che dovranno guidare il nostro paese nel prossimo futuro, e se non saranno più che formati in modo sano, i risultati non potranno che essere disastrosi.

E in tutto ciò si possono ravvedere le motivazioni per le quali questo sciagurato professore ha reagito in questo modo, assolutamente sproporzionato verso il ragazzino che lo prendeva in giro.

Con molta amarezza, devo dire che non ho la benché minima speranza che tutto ciò si possa rimettere a posto, invertendo il senso che la nostra società ha ormai preso da diversi decenni a questa parte.

O cambiamo immediatamente o il futuro, semplicemente, non ci sarà!

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