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Il marketing del femminile e il tantra

una donna in lingerie in atteggiamento ammiccante

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Da quando le donne hanno scoperto il marketing, si assiste ad un proliferare di mezzi di seduzione che vengono venduti alle stesse per promuovere al meglio loro stesse e quanto di “meglio” hanno da offrire.

Come un prodotto qualsiasi, viene esaltato il packaging e i singoli punti critici dell’”offerta”, con un attento merchandising (pubblicità sul punto vendita) che vede scoperte parti del corpo che, a torto o a ragione, si definiscono erotiche e, indifferentemente dall’aspetto delle stesse parti, le portatrici di tale “attributo” o parte di sé, si adoperano per offrire a sguardi attenti, distratti, ormonali o disgustati, comunque e ovunque, tali frutti del loro stesso corpo a maschi “in target” e fuori target.

La “vetrina” si è estesa a molte parti, riducendo gli spazi residui e “arricchendo” di dettagli e tessuti più o meno preziosi, istoriati, ricamati, le parti oggetto dello sguardo del potenziale “acquirente”.

Tale esposizione, che in taluni casi si potrebbe chiamare tranquillamente mercimonio, vede nei manifesti pubblicitari un profluvio di immagini di donne che, eccitate e desiderose, si offrono allo sguardo con generose e, a volte, abbondanti offerte, che hanno lo scopo di distogliere lo sguardo distratto dell’eventuale guidatore dalla strada, per portarlo là dove il “prodotto”, giustamente, “reclama” attenzione.

Insomma, tra corpo femminile, pubblicità e vendita c’è un grande accordo, che vede miliardi di euro spesi per mandare avanti un business che ha come protagoniste le donne, il loro potenziale di spesa, e, ovviamente, lo “sguardo” degli uomini.

A parziale discolpa, non si può certo dire che le donne non abbiano mai fatto uso di cosmetici o artifizi per attirare il maschio o, più elegantemente, per arricchire e migliorare la loro sensualità. Il problema è che, da sempre, le donne sono “oggetto” di attenzione del maschio e non “soggetto” della sua attenzione.

La differenza è sostanziale.

Da riposo del guerriero e genere di conforto, la donna, dalle prime lotte femministe ad oggi, si batte per vedere i suoi diritti rispettati, per avere parità e un posto nella società pari a quello dell’uomo.

Il problema è che, al momento, lo stereotipo femminile è fortemente focalizzato a mantenere in vita un’immagine della donna subordinata al desiderio maschile, fortemente orientata a generare interesse per il proprio corpo con una impressionante mancanza di attenzione verso le proprie potenzialità umane e culturali, come se queste, invece di contribuire, riducessero il desiderio del maschio, distratto e indaffarato verso la “preda”.

Infatti, guardando attentamente lo stereotipo, di “preda” si tratta, perché, infatti, dovrebbe travestirsi da preda, se non per soddisfare un bisogno, quello dell’uomo, che non è in grado di vedere le potenzialità della donna che ha di fronte?

Se alla donna si chiedesse di essere una amante, una divinità come Afrodite, le si chiederebbe di mostrarsi addobbata come una prostituta? Probabilmente no. Ma il problema risiede nel fatto che la donna si adatta alle richieste del maschio che le chiede di essere alla ”sua” altezza, cioè alla altezza di chi non la conosce, e che la sa usare come oggetto d’amore ma non come soggetto.

L’”oggetto” dell’amore ha lo scopo di procurargli un orgasmo e un’eccitazione, senza chiedersi chi in realtà sia quella donna, quali energie possa esprimere. L’uomo, nel corso dei secoli ha ammaestrato la donna ad essere eccitante e schiava sessualmente anche del proprio bisogno emotivo e fisico.

Generare interesse sessuale non equivale a generare interesse per sé stesse, per la propria persona, per il proprio “essere umano”. È molto facile giocare a fare l’amore o, peggio, a fare sesso, reprimendo la capacità di creare insieme quegli stati divini e l’estasi che nel tantrismo si creano. Si crede, a torto, che la polarità fisica sia solo sesso o procreazione, mentre il corpo è un tempio attraverso il quale scoprire il divino.

Non è uno strumento di potere per avere denaro o l’attenzione di qualcuno, è ben di più, come ben di più è un corpo intero che non si limita ad essere “tette e culo” o una “bella figa” con tacchi a spillo e jeans attillatissimi.

Il sesso senza amore che, in tal modo, si può rimediare, è un narcotico, una droga, ma non è la vita. È il girone infernale di coloro che lottano nel mercato del sesso e alzano la posta per competere con le altre donne e accaparrarsi il maschio. Per le donne, questo comportamento è perdente, perché il mercato lo ha in mano lui. Vanno cambiate le regole e, come si fa nel marketing, va cambiato il prodotto, non la sola confezione e la promozione.

L’esasperata competizione per essere apparentemente libere di volere fa dimenticare che si può essere assolutamente condizionate a volere quello che si vuole da una pubblicità subliminale vecchia di millenni. La paura di perdere l’uomo nella competizione, obbliga le donne a cedere alla tentazione di ridursi ad oggetto sessuale facendo uno sconto notevole all’uomo che, in tal modo, non deve confrontarsi con le potenzialità insite in lui e nella donna. Entrambi si condannano alla banalità rinunciando ad essere veramente liberi e creativi. Si legano l’un l’altro dal bisogno, e non dal desiderio, alla necessità, e non alla libertà.

Solo due esseri liberi di volere quello che vogliono (e non è un gioco di parole) possono stare insieme in maniera autentica e creativa. L’uomo ha inventato i sexy shop, la banale brutalità della pornografia, della prostituzione e la “ninfomania” per credere che il suo “priapismo” possa sostituirsi al tantrismo. Purtroppo per lui, il tantrismo è il culto della Dea e non del fallo (per non usare una espressione più volgare).

I regimi totalitari hanno tutti il culto del fallo e della rigidità, tipica di una architettura e di un’arte “erettili”, ma mai erotici o orgasmici. Mai il potere patriarcale permette alle donne di esercitare una vera leadership, perché essa non sarebbe gerarchica e autoritaria, non sarebbe violenta e scostante, né desiderosa di dare “sangue alla patria”. I regimi totalitari hanno il culto dell’uomo “erettile” e psicologicamente limitato nella capacità di amare.

La donna ideale per loro è un premio da consumare, e non da amare.

La capacità distruttiva che la nostra economia, apparentemente non totalitaria, quotidianamente testimonia, è questa volontà di conquista senza amore. Una volontà di stupro della natura senza rispetto, soprattutto di sé.

In tale scenario, le donne fanno da abbellimento e decoro, ristorano e servono, esprimendo la loro capacità di “cura”, che viene vista come una mera funzione o capacità, ma non come un bene supremo.

Il modo di gestire il mondo si riflette nel modo di gestire i rapporti tra persone. Gli individui, al massimo, si relazionano o comunicano tra di loro, ma non sono “in comunione” tra di loro. Sono convinti di fare i loro interessi e non si accorgono che tutti, a loro volta, si rapportano a loro facendo anche essi la stessa cosa.

Se il risultato è una disillusione continua, esso non era certo imprevedibile. Se le donne vogliono essere amate, dovranno cambiare le regole del gioco. Non possono accettare che tutti si rapportino tra di loro in maniera superficiale, perché altrimenti sarà dura andare oltre il sesso.

La fisica, da Newton in poi, è andata oltre la visione puramente meccanicistica, ma pare che nelle relazioni tra persone si sia ancora là. Nel frattempo, si è scoperta la fisica quantistica, che ci ha fatto scoprire energie sottili che vanno ben al di là di quanto possa immaginarsi un fisico del ‘700.

Purtroppo, ad oggi, si insegna la sessualità come un rapportarsi tra cose od oggetti animati e l’attenzione va, soprattutto, alle precauzioni, al fine di concentrare sul sesso un atto che, al massimo, potrà arrivare alla procreazione. Non si parla di scambio di energia sottile, di informazione vibrazionale, di alchimia e di trasformazione. Questo, apparentemente, è tema per pochi, per romanticoni sublimanti e sognanti. Gli altri guardano al sodo.

Bene, andiamo avanti così. Quando si fa sesso si soddisfa la vena libertaria, quando invece ci si riproduce quella familiare e responsabile. Ottimo e abbondante!! La caserma ringrazia!!

La rappresentazione della femminilità nel tantra è legata ad innumerevoli forme o aspetti della Dea che si manifestano come Laksmi, incarnazione della bellezza, o della prosperità come Sri, oppure Devi, la sposa di Shiva, descritta come terrifica, incoronata di serpi e fiamme, con in mano la spada e la tazza del sangue sacrificale. Essa identifica l’Energia primordiale cosmica.

Durga, invece, è l’energia guerriera e implacabile nemica dei demoni. “Colei che è difficile da raggiungere” cavalca una tigre o il leone, animali invincibili e pronti al combattimento come lei. Essi rappresentano la forza incontenibile della natura, Il fuoco, invece, quella trasformatrice e di purificazione spirituale. Essa, con il nome di Chandika, ha ucciso, tagliandogli la testa, il demone Mahisha, rappresentato da un bufalo che, a sua volta, rappresenta la forza irrazionale. In tal senso, il dominio sulle forze della natura, ed in particolare quelle incontenibili, ci ricorda l’immagine della Vergine che ha il piede sul serpente, a simboleggiare la sua capacità di dominio su di esso, ma mentre nella nostra rappresentazione cristiana tale dominio sfocia nell’annullamento, nel tantrismo è una trasformazione di tali energie che vengono incanalate, e non azzerate.

Nella nostra natura animale non è possibile nascondere a noi stessi le pulsioni e le energie distruttrici che si celano in noi, ma se la modalità per civilizzarci è quella “totalitaria”, allora le parole repressione o negazione prendono il sopravvento.

In sostanza, noi non dobbiamo aver paura delle nostre energie, esse sono alla base della nostra crescita, ma dobbiamo imparare a cibarci di esse con la capacità alchemica della trasformazione interiore, operata nel nostro “fornello interiore”: il nostro corpo.

Le infinite sfumature del nostro aspetto e del nostro comportamento saranno, allora, un formidabile invito alla scoperta e alla conoscenza del nostro potenziale espressivo e vitale. La nostra “biodiversità” espressiva e immaginale renderà il nostro essere estremamente ricco di sapori, colori, profumi. Se la Dea si esprime nelle sue molteplici espressioni, sarà ben difficile mantenere un aspetto monocorde o stereotipato. Come pure creare aspettative verso una Dea dell’amore solo apparente, che poi andranno regolarmente frustrate: una ammaliatrice che attira maschi eccitati che, una volta soddisfatti, spariscono.

È ovvio che la curiosità di questi verso un pupazzo truccato sarà solo fisica e non di più.

Il nostro corpo e la nostra psiche sanno riconoscere la molteplicità del divino e la ricchezza delle espressioni della natura, che se sono presenti alchemicamente in una persona consapevole ne fanno una icona della bellezza e della seduzione, perché è la natura profonda e terrifica che seduce, non una messinscena tutta esteriore, piena di paure e delusioni amorose. È la dignità e la stabilità che deriva dalla cognizione della propria forza e bellezza interiore, radicata nella conoscenza profonda del proprio corpo e della sua natura trascendente, che possono rendere una donna, allo stesso tempo, terribile e sublime. Non certo l’aver seguito un corso su come ci si spoglia o come si mostrano le “icone” della femminilità.

Il maschio non è stupido come sembra, egli riconosce la natura e la sua forza. Se ha di fronte una ninfa più o meno in calore, sentirà un richiamo limitato allo squittio che ella è in grado di emettere, e non certo il ruggito di Durga.

La Dea è profondamente radicata nel proprio corpo e nella forza della natura, e non può che ridere di fronte a dei piccoli tentativi di trasformare in bellezza delle forme che, però, non contengono un’anima e, soprattutto, un cuore forte e indomito.

Non bisogna poi dimenticare il rischio che corre una donna, la quale, rabbiosa verso l’uomo, pretende di essere appagata da lui, sentendosi falsamente vittoriosa. Non otterrà nulla, se non un rapporto veloce o, peggio, “falsamente tantrico”, di un soggetto ammaestrato al priapismo da qualche insegnante tantrico pataccaro.

Il tantrismo è forza e debolezza allo stesso tempo. Ferocia e abbandono. Amore profondo e controllo consapevole dei suoi eccessi potenziali. Esso diffida del sesso facile, perché è superficiale, come pure dell’arzigogolato rapporto mentale o artificiosamente emozionale dei cultori del “sesso libero” o, peggio, “estremo”. Questo non sarà mai Tantra, perché questi soggetti la natura animale la conoscono solo lisciando il gatto o andando allo zoo, oppure gridando urla di guerra in un “game” militare americano.

La Dea sorride e si rattrista sulle disgrazie umane, ma “guarda e passa”. Non può soffermarsi su queste bambinate occidentali, ,su questi prodotti della mente stressata di personaggi “dopati” e innaturali.

Purtroppo, non è facile come comprare un prodotto al mercato, o darsi un profumo, o indossare un vestito. C’è di più di un atto consumistico nella dedizione femminile alla cura della propria natura, ma questo “di più” ha un nome conosciutissimo dalle donne, si chiama amore.

Per fortuna, però, questo ingrediente fondamentale lo hanno in abbondanza, e con esso sono in grado di dedicarsi alla conoscenza e alla alchimia dell’amore. Amore di sé e amore del proprio corpo, per applicare quello che un grande Conoscitore aveva già detto: “ama il prossimo tuo come te stesso”, appunto. Amore non separato dalla aggressività, che si sublima nel rituale della trasformazione, e non si nasconde per poi manifestarsi in isterie e dinieghi irrazionali.

La donna consapevole sa anche di essere un animale aggressivo e potenzialmente distruttivo, e proprio per questo non nega a sé stessa questa dimensione, ma la usa consapevolmente nel rapporto, inserendo gioco e verità, franchezza, confronto e sfida. Non può essere solo un “animale domestico” che fa finta di essere soltanto gradevole, per poi scadere in giochetti nevrotici.

La coscienza non gioca a nascondino, non fa una volta l’adulto e la volta dopo il bambino perché le conviene, è responsabile e si chiede quale sia il suo ruolo negli eventi, sapendo che se vanno storti non è tutta colpa “loro”. Partecipa, e con tutti i suoi mezzi contribuisce a creare la realtà del qui ed ora, sapendo che “domani” è già tardi. Non si rifugia nel ieri perché le piace più dell’oggi, né si lancia in avanti per costruire fantastici mondi sulla “tavolozza” di qualche malcapitato o malcapitata che deve “stare al gioco”, altrimenti è un “insensibile”, un incapace, uno “stronzo”, ecc..

La logica del Tantra è: “non proiettare” addosso al prossimo.

L’unico film è quello là fuori e non è il “tuo” film, perché, in realtà, non ha un regista conosciuto, né una trama scontata, ma è un divenire continuo, dove la “trama” siamo noi stessi che, continuamente, lanciamo le carte e giochiamo, tutti insieme, per il piacere di partecipare.

Se qualcuno vuole vincere, lo fa truccando le carte, dicendo che il film lo dirige lui, sono le nostre sensazioni profonde che fanno il film, la “diretta”, e nessuno deve scipparci lo spettacolo, dicendo che è suo. Lo spettacolo è il divenire, e tanto più è vero, tanto più è vicino al Creatore.

Ma per meritarci lo spettacolo dobbiamo essere in grado di sostenerlo attimo per attimo, senza esitazioni o indugi. Sentire la responsabilità di vivere è una grande sensazione, che ci può riempire di gioia fino alle lacrime e può portarci al desiderio di condividere questa responsabilità con altri “esseri” umani che, insieme, si giocano la vita per creare lo spettacolo divino dell’Essere, totalmente “qui ed ora”.

Guardare in faccia chi si assume la responsabilità di vivere è uno spettacolo commovente e eccitante, perché coinvolgente e sfidante. Se, poi, chi ci sfida è il partner, il gioco si fa serissimo e, allo stesso tempo, divertentissimo. Si viene chiamati ad “essere” per amare ed essere amati come due divinità sanno fare.

Questo è il significato di amare il divino che c’è in te, non è una passiva gestualità che appaga l’ego di un idiota, ma è la sfida di essere affacciato sull’abisso e di mantenere l’equilibrio tenendosi per mano. Insieme è un’avventura meravigliosa, perché si uniscono le forze, quelle maschili e quelle femminili, per essere più forti nel viaggio e non sentirsi soli quando si ha voglia di raccontare, di condividere, di sostenere, di amare, se l’energia sale, diviene strabordante e non può essere trattenuta, va condivisa e non “sversata” come in una eiaculazione precoce.

La si condivide per esplorare sempre di più e andare avanti nell’avventura umana, senza rimorsi, rimpianti, paure, tentennamenti, isterie, nascondimenti, giochini falsamente infantili, o sospensioni in attesa che ci salvi Godot.

Godot è il dio di coloro che stanno sospesi, in attesa di eventi, “spiaggiati” sulla panchina della paura di vivere, con la compagnia delle dita da rosicchiare e delle patatine fritte, che tanto riempiono il vuoto esistenziale. Allo spettacolo manca solo la televisione o qualche altro elettrodomestico capace di sostituirsi alla nostra responsabilità di vivere.

In realtà, esiste un elettrodomestico che ci ”salva” da noi stessi: è il gioco della personalità egoica. Basta accendere questo accrocchio e lui pensa a consumare la nostra energia fino ad esaurimento della scorta, a volte non solo della nostra, ma anche di chi ci sta affianco. È un macinino che va avanti da solo, basta inserire il pilota automatico e lui va, in giro per il mondo, a fare danno o a raccogliere delle glorie per noi.

E noi stiamo a guardare.

Lei va avanti e si ingrossa come un maggiordomo che lavora per noi, ma noi diveniamo sempre più piccini e incapaci, poveri di risorse e di spirito. Alla fine, addirittura, vergognosi di mostrarci in pubblico. Mandiamo avanti la personalità, che fa il lavoro per noi, a noi “ci scappa da ridere”.

Però, col tempo, è la vita che ci scappa di mano, però è troppo tardi.

Siamo troppo gracili e deboli per sostituirci. Ormai il film lo fa lei e noi ce lo gustiamo, si fa per dire… anche con rammarico per le stupidaggini che combina, ma tanto siamo perfettamente in grado di assolvere la nostra “creatura”, che amiamo tanto, quella stessa creatura che Kali può uccidere con lo sguardo e che ci appare così indifesa di fronte a lei.

Sta a noi decidere se essere Kali o l’elettrodomestico egoico “accrocchio”. La società ci amerà lo stesso se siamo soltanto la nostra personalità egoica, ma noi cominceremo ad amarci di meno, perché cominceremo a sapere che siamo noi, in realtà, il maggiordomo della nostra personalità. Noi siamo la vittima di questo vampiro assetato delle nostre energie.

Staccare la spina è possibile. La vita lo richiede, la lealtà con noi stessi pure. Ecco, allora, che Kali la sanguinaria taglia la testa al vampiro-elettrodomestico che ci ha ridotti a maggiordomo al suo servizio.

Basta avere il coraggio e la determinazione di guardarci in faccia. La forza che deriva da un amore vero, per noi o per qualcuno che ci ama. Basta elettrodomestici, basta protesi psicologiche, basta false personalità che assorbono la scena e non escono mai dal palcoscenico.

Si cambia copione e il personaggio è il nostro. Diventiamo cantautori delle nostre canzoni. Basta urlatori che cantano, Armani, Versace, Dolce e Gabbana o Pinco Pallo. Basta fare la fila per avere il biglietto allo spettacolo. Lo spettacolo lo facciamo noi, ma con la responsabilità di vivere, con Kali che controlla se siamo finti o veri, perché a lei gli attori finti non piacciono, sono parassiti della nostra vita. Sono spot pubblicitari che pubblicizzano un Brand di altri che noi stessi paghiamo, perché abbiamo vergogna di salire sul palco.

“Vai vanti te, che mi scappa da ridere”.

Non c’è niente da ridere, se la nostra vita passa inutilmente, assolutamente niente da ridere.

Infatti, Kali è serissima e passa volentieri sul “nostro” cadavere, quello dell’elettrodomestico. I nostri demoni vengono uccisi uno ad uno. I nostri elettrodomestici psichici fanno una brutta fine, come pure quelli che la società ci propone.

Siamo nudi o nude come lei, senza veli e senza fronzoli. Neri come la notte e le nostre paure irrazionali, come un cielo stellato. Pronti alla lotta contro le falsità, le bugie e i personaggi da televisione costruiti da una Endemol che produce Demoni (è quasi un anagramma).

Basta frattaglie di verità, idoli da ammirare, personaggi da ammaestrare.

La mente è capace di tutto, ma ricordiamo che è nostra. E questo può fare una paura terribile ai demoni. Sono avvertiti.

Le donne hanno scoperto l’anti-marketing, come l’antimateria che annichilisce i falsi idoli. Hanno scoperto che l’energia della mente è loro e la possono usare per produrrei “loro” idoli e personaggi e li possono smobilitare e ricreare a piacere, e giocarci all’infinito entrando e uscendo dalla scena assumendo una serie di ruoli, come tanti elettrodomestici creati da loro: ufo robot a disposizione per creare scompiglio nella fantasia malata di Endemol, i Demoni delle donne contro il Demone di Endemol. La partita è aperta…

Si parte con la rappresentazione libera di sé, con la danza Nataraja, con la tempra dello Yoga per fortificare lo spirito, e non solo il corpo, con il gioco, lo scherzo, il Burlesque, la messa in scena consapevole della vita, pronte a tagliare la testa al demone che vuole essere Dio, che si monta la testa. Non ci facciamo imbrogliare da chi si erge a Priapo, protettore delle vergini, o vampiro, alter ego dei timidi, ci ridiamo sopra.

Una risata femminile può essere terribile, come Kali…

La Dea gioca.

La Dea balla.

La Dea è rinata.

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