Ho già avuto modo di affrontare questo discorso e, probabilmente, qualcuno potrà pensare che sono ripetitivo, ma ritengo fondamentale che i concetti che esprimerò di seguito vengano fatti propri dalla maggior parte della cittadinanza e popolazione italiana, di modo che, piano piano, si inizi ad avere un fronte sempre più largo e deciso a sostegno di questa, per me, miracolosa ipotesi.
Alla fine dello scorso anno il nostro debito pubblico – ovvero quanti soldi lo stato si è fatto prestare da tutti noi e dagli istituti finanziari, sia nazionali che esteri attraverso la emissione di titoli di stato – si era attestato intorno ai 2.700 miliardi di Euro, pari a circa il 153% del nostro Prodotto Interno Lordo (P.I.L.) e ha generato una cifra da capogiro di interessi sul debito, pari a circa 60 miliardi di Euro.
Alcune stime ipotizzano che, alla fine del corrente anno, gli interessi generati dal totale del nostro debito potrebbero arrivare, con la complicità dell’inflazione, che ha iniziato a “mordere” nuovamente i mercati e il conseguente aumento dei tassi di interesse bancari (quando i tassi di interesse bancari vengono aumentati non vanno ad incidere solo sui mutui dei privati cittadini o sui prestiti ma, aggrediscono anche e sopratutto il debito pubblico), alla cifra mostruosa di 100 miliardi di Euro.
Ora, se tutti voi ponete, per un istante, l’attenzione al fatto che il tanto sventolato P.N.R.R. o “Next Generation EU”, come si preferisca chiamarlo, convoglierà nel nostro paese una cifra totale di circa 195 miliardi in 7 anni, 50 dei quali li abbiamo già ricevuti e che, in confronto agli interessi che paghiamo tutti gli anni per il sostentamento del nostro debito, non sono veramente nulla.
Cerco di spiegarmi meglio, poiché questo è il passaggio cruciale di tutta la vicenda, e ritengo che debba essere capito assai bene per potersi fare una chiara idea dell’abisso nel quale stiamo sprofondando molto rapidamente.
Anche se i soldi che l’Europa ci darà a fronte delle riforme pretese da noi dovessero essere 210 miliardi al posto dei 195, ciò ci porterebbe ad un incasso annuale di 30 miliardi, contro i quali abbiamo la sicurezza matematica di doverne pagare come minimo 70/80 per interessi sul debito.
Possiamo fare l’esempio semplificato di un capofamiglia che ha 4 figli e una moglie, dove tutti lavorano, portando nelle “casse familiari” 180.000 euro l’anno (magari), di cui 120.000 servono a ciascuno per vivere la propria vita.
Nello stesso tempo, però, il capofamiglia “spende” ogni anno, per ammodernare la casa, per la domestica, le vacanze, le tasse e le altre spese correnti, la bellezza di 100.000 euro e, quindi, è costretto a contrarre dei debiti pari a 300.000 euro che, a loro volta, gli generano interessi pari a 10.000 euro l’anno.
I casi sono solo due, o questo capofamiglia “sciagurato” si da una calmata con le spese o, nell’arco di un paio di anni al massimo, andrà in bancarotta facendo finire la propria famiglia a vivere di sussidi o di carità.
Come può considerare chiunque abbia a che fare con l’economia di tutti i giorni, si capisce immediatamente che un andamento siffatto non può reggere per molto tempo, poiché nel caso del privato cittadino subentrerebbero immediatamente gli ufficiali giudiziari a pignorare gli immobili, le macchine, i conti correnti e tutto ciò che possa servire a ripagare il debito contratto dal capofamiglia.
Per quanto riguarda il nostro Stato, non è proprio la stessa cosa, ma l’esempio può essere una buona guida per capire la nostra situazione contingente.
C’è comunque da precisare una semplice operazione di tipo matematico, che ritengo chiunque possa fare, anche personalmente, e che risponde alla domanda fondamentale di tutta questa situazione, e cioè come è possibile uscire da una situazione simile.
Infatti, se l’Italia spende tutti gli anni una cifra di oltre 70 miliardi solo per interessi – pari a circa il 4% del P.I.L. – come potrà mai tentare di ridurre, anche di poco, il totale del debito pubblico?
Ammettiamo, per puro esercizio, che il nostro futuro governo decida di “attaccare” il debito per tentare di ridurlo ogni anno almeno di 100 miliardi (già così ci vorrebbero circa 30 anni per portarlo a zero), aggiungendoli ai 70 di interessi, si troverebbe nella necessità di reperire 170 miliardi ogni anno – 10% del nostro P.I.L. – e, secondo voi, non potendo emettere moneta, quale unica soluzione potrebbe trovare, se non quella di aumentare a dismisura le tasse o tagliare drasticamente la spesa corrente (pensioni, sanità, welfare)?
Qualcuno potrebbe obiettare che, considerando la spesa annua dello stato in oltre 1000 miliardi, ed avendo un P.I.L. di 1800 miliardi, abbiamo abbastanza spazio di manovra, ma bisogna pur tenere conto del fatto che il P.I.L. non è altro che la ricchezza prodotta da tutti quanti noi ogni anno e, sicuramente, nessuno avrebbe voglia di “cedere” allo stato l’intero suo guadagno solo per rimettere i conti a posto.
E arriviamo dunque alla spiegazione del perché, nel titolo di questo articolo, ho indicato la spiegazione del perché sia giusto e quasi obbligatorio uscire dalla moneta unica, riappropriandosi della sovranità monetaria.
Innanzi a tutto, va specificato come mai sia possibile fare una simile azione, e ciò è presto detto, in quanto va considerato che il nostro paese ha tutti i requisiti per potercela fare in solitaria, sia per quanto riguarda le nostre eccellenze, sia per la genialità dei nostri lavori, sia per l’unicità del nostro Paese stesso in termini di “bellezze naturali” che in termini di patrimonio storico e culturale che deteniamo.
É un po’ come quello che fa una banca alla quale ci rivolgiamo per un prestito o un mutuo, ovvero si informa assai bene sulla nostra solidità e sulla nostra capacità di restituire quanto dovremo restituirle nel tempo.
L’Italia ha tutte queste capacità racchiuse nel proprio territorio e, sostanzialmente, nelle capacità creative e lavorative del popolo che la abita, e questo è storicamente accertato.
Per cui, in definitiva, la sola nostra speranza di uscire da questo incubo nel quale siamo stati precipitati da interessi imperialisti di potentati stranieri, sia economici che politici, è quella di uscire dall’Unione monetaria Europea (Euro) e di disconoscere il debito pubblico contratto nel tempo solo ed esclusivamente per andare dietro ai diktat di pochi poteri economici sovranazionali.
E vediamo nel dettaglio come questa azione, ritenuta da molti impossibile, se non addirittura avversata dai soliti “Soloni” della politica e dell’economia odierni, possa essere messa in atto con poco sforzo e con risultati assolutamente impensabili.
Come viene ampiamente e dettagliatamente illustrato nel famoso “Piano B” di Paolo Savona, stimato economista ed ex ministro per gli affari europei in uno dei passati governi – link in calce all’articolo – l’uscita dell’Italia dall’euro e il recupero della sovranità monetaria ed economica non è solo una possibilità attuabile, ma sta diventando, sempre di più, una stretta necessità del nostro paese.
Lascio il lettore libero di scorrere il suddetto Piano B, di modo che possa rendersi conto, attraverso lo scritto di un esimio studioso di economia, come ciò sia possibile.
Personalmente, aggiungo che a tale piano andrebbe affiancato un accordo spontaneo o forzoso, se preferite, con la finanza Europea e mondiale, detentrice della massima quota del nostro debito, con il quale “congelare” lo stesso sulla scia della proposta che il nostro David Sassoli fece alla commissione centrale europea non più tardi di un paio di anni fa, in relazione agli immensi debiti contratti dall’intera comunità europea a causa della pandemia di Covid.
In ultima analisi, il nostro debito potrebbe anche essere “ricusato” da noi stessi in quanto “indegno” e non contratto dal popolo ma, viceversa, contratto senza nessun avallo da parte di tutta la popolazione Italiana.
Nella storia mondiale, questa azione è già stata compiuta da diversi stati, in testa ai quali ci sono proprio gli U.S.A., che hanno già avuto occasione, nel passato, di “disconoscere” il proprio debito pubblico e, inoltre, una simile pratica è stata adottata dai paesi più ricchi nei confronti degli stati poveri dell’Africa e del Sud Est asiatico nel non troppo lontano 2005, con l’adozione del “Heavily Indebted Poor Countries” e del contestuale “Multilateral Debt Relief Initiative” con il quale furono cancellati, di fatto, oltre 100 miliardi di debito dei paesi più poveri del mondo.
Contemporaneamente, andrebbe ripristinata la sovranità monetaria Italiana, con la consequenziale coniazione di una nuova moneta – Lira o altro nome, non importa – e la ristrutturazione delle regole fondamentali del lavoro e dello Stato, al fine di non incorrere più nei problemi che ben conosciamo tutti quanti.
Come è ovvio immaginare, potremmo anche attraversare alcuni periodi non tanto “carini”, per usare un eufemismo, per via dell’assestamento di una simile operazione, ma con storica certezza (è già successo all’indomani dell’uscita dallo S.M.E. del nostro paese), riusciremo, nel giro di qualche anno, ad uscire definitivamente dall’incubo del Debito Pubblico così come lo conosciamo e che ci “zavorra” così pesantemente.
È mia convinzione personale, assolutamente inattaccabile, che sia l’unico sistema con il quale l’Italia tutta e noi Italiani potremo salvarci dal progressivo scivolamento del nostro paese verso la bancarotta totale e iniziare a intravedere un più roseo futuro per tutti quanti noi.