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Stalin. Ha perso, anche se ha vinto
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Lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri On. Giorgia Meloni

presidente del consiglio italiano, Giorgia Meloni

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Presidente,

mi sono deciso a scriverle questa mia in seguito alle azioni messe in campo da Lei e dal suo esecutivo in questi primi 9 mesi di governo, in special modo in relazione al Suo personale comportamento in politica estera e, più nello specifico, per quanto sta facendo in merito al conflitto Russa-Ucraina.

Prima di entrare nel merito, vorrei dirLe che ho sempre seguito il Suo operato come parlamentare e capo di un partito di opposizione, ritrovandomi spesso e volentieri concorde con la Sua linea di pensiero e di azione politica ed, in fin dei conti, compiacendomi che nell’intero panorama politico italiano ci fosse almeno un rappresentante con le idee chiare e, sopratutto, condivisibili, in quanto molto attinenti a quella che è la realtà della vita quotidiana per la maggior parte della cittadinanza.

Non nascondo che ero estremamente ansioso di vedere Lei e il suo partito diventare quello che, nella realtà di oggi, è, ovvero il primo partito d’Italia alla guida del Paese intero, per capire se finalmente avremmo potuto – noi poveri cittadini – vedere dei sostanziali e significativi cambiamenti nella vita quotidiana.

Purtroppo, il sogno ad occhi aperti che, personalmente e, credo, anche molti altri miei concittadini avevamo avuto l’ardire di formulare nelle nostre teste, è durato quanto un lampo temporalesco di prima estate, andando ad infrangersi con la triste ed amara verità che, oggigiorno, possiamo malauguratamente toccare con mano tutti i dì.

Devo dire che la Sua personale posizione verso gli Stati Uniti d’America era sempre stata non estremamente chiara e definita, andando da un tiepido appoggio a frequenti critiche espresse verso l’amministrazione di oltreoceano, ma una volta assurta a Palazzo Chigi, e dopo aver preso piena coscienza dell’obiettivo tanto agognato e finalmente raggiunto, con le prime conferenze stampa e comunicati ufficiali è stata estremamente lesta a dissipare qualsiasi dubbio in merito, appiattendosi supinamente agli U.S.A., all’Europa, alla N.A.T.O. – fulgida espressione dei soli Stati Uniti – e all’atlantismo più sfrenato e assolutamente acritico.

A prescindere dalle valutazioni personali che si possono esprimere in merito alla guerra e al suo complesso o alle armi in senso generico, argomenti che per essere trattati approfonditamente richiederebbero volumi interi di dissertazioni di ogni genere, la cosa che mi stupisce maggiormente è con quanta assoluta disinvoltura Lei si sia posta in relazione a questo argomento, schierandosi senza se e senza ma dalla parte di uno solo dei paesi coinvolti, reputando, a torto secondo la mia modesta opinione, che la Russia fosse colpevole a prescindere.

E cosa che mi fa tutt’oggi infuriare sempre più, senza considerare nemmeno per mezzo minuto che tutti e due i paesi sono colpevoli nello stesso grado, che ad oggi hanno causato circa 300 mila fra morti e feriti – con molta probabilità sono molti di più, ma ciò non è dato saperlo ancora, e ci vorranno anni prima di poterne avere piena contezza – e che lo schierarsi da una delle due parti, nonostante il nostro paese, per Costituzione, sia contro ogni forma di guerra e la ripudi nel suo complesso, è stato un errore di proporzioni bibliche, che non solo Lei e il suo governo, ma l’intero paese pagherà molto caramente nei prossimi 5 o 10 anni.

L’unica soluzione possibile per l’Italia – anche se allo scoppio delle ostilità al Governo c’era il nostro esimio Mario Draghi e, quindi, non posso onestamente addebitare le colpe solo a Lei – era quella di figuratamente “alzarsi” dal tavolo Europeo e dichiararsi assolutamente estranei a tale vicenda, per lo più supportati dalla ineccepibile giustificazione della nostra Costituzione, se quella morale non fosse stata sufficiente.

Ma veniamo a quello che è, forse, il motivo principale di questa mia missiva – che con molta probabilità non arriverà mai sottoposta alla sua attenzione – e che riguarda l’enormità dell’invio delle armi all’Ucraina per potenziare sia la propria difesa e, certamente, anche la sua offesa, in quanto, nonostante sia l’Europa che ogni politico coinvolto in questa vergognosa farsa si siano trincerati dietro al fatto che siano solo armi di “difesa”, questo continuo invio di armi nelle mani di pazzi sanguinari della risma di Zelensky e i suoi accoliti – i neo nazisti di Azov in primis – significa solo una cosa, ovvero che si è del tutto gettata la spugna e si è rinunciato a priori a portare avanti un discorso di pacificazione.

E di questo, caro Presidente, Lei ne è e ne sarà responsabile in prima persona, e verrà giudicata dalla storia.

Ma la cosa più indegna di un paese civile e democratico, come amiamo definirci noi – ma che, sostanzialmente, di democratico non abbiamo assolutamente più nulla, anche se questo è un altro discorso – è che quelle armi e munizioni, giocoforza, produrranno altri morti e feriti, sia fra i militari che fra i civili, e mi dispiace doverlo dire, ma la responsabilità di queste morti non può essere derubricata e associata a chi fisicamente preme il grilletto o schiaccia un tasto per la partenza di un missile, ma certamente è da spartirsi in modo uguale con chi le fabbrica e, per una buona parte, anche con chi ne autorizza l’uso indiscriminato, come sta facendo Lei.

E, dulcis in fondo, cosa che non le perdonerò mai e poi mai, c’è la questione di questi ultimi giorni, che riguarda la vergogna delle bombe a grappolo, delle quali l’amministrazione statunitense ha sostanzialmente dato il benestare per la fornitura all’Ucraina e verso la quale Lei avrebbe dovuto opporsi con tutte le Sue forze, minacciando financo lo sganciamento dalla N.A.T.O., cosa che, probabilmente, le avrebbe fatto molto più onore di quanto potrà riceverne in altro modo.

E se l’Italia, guidata dal Suo governo, non si opporrà all’eventuale invio di “cluster bomb”, invece che avallarle nella sostanza, per quanto riguarda la mia opinione personale, perderà anche l’ultima flebile speranza di potersi risollevare da un ventennio di disastri commessi da una politica cieca, corrotta e assolutamente priva di una qualsiasi visione di Paese.

Prendo congedo da Lei Presidente, augurandoLe che, nonostante abbia contezza della verità di quanto sopra esposto, riesca a conciliare il tutto con la Sua personale coscienza ed, in un sussulto di orgoglio che, nonostante tutto, Le riconosco, riesca a trovare la forza per fare marcia indietro.

Anche se questa operazione, molto spesso, viene equiparata alla paura o, peggio ancora, alla vigliaccheria, non potrebbe esserci miglior momento per metterla in atto e, sicuramente, in questo caso, i posteri la ricorderanno per una grande Statista.

Continuando a restare nel mio “utopico sogno” di una realtà impossibile, La saluto

Luca Bandini

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