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Dimissioni di massa di medici e infermieri: la fuga che mette in ginocchio la sanità pubblica

un medico urla imboccando la porta

Tabella dei contenuti

Il sistema sanitario nazionale (SSN) è come un paziente in codice rosso che sta subendo una emorragia massiva con compromissione emodinamica. Il sangue che sta perdendo è rappresentato dagli esercenti le professioni sanitarie, l’emorragia è la fuga dei sanitari dal pubblico verso il privato e la compromissione emodinamica sono le gravi conseguenze sistemiche che questo esodo provoca sulla copertura dei bisogni di salute della popolazione.

Secondo una ricerca condotta dalla Federazione dei medici internisti ospedalieri (Fadoi) su un campione rappresentativo di oltre duemila professionisti sanitari, il 49,6% del campione si dichiara in “burnout”. La percentuale sale al 52% quando si parla di medici, per ridiscendere al 45% nel caso degli infermieri. L’incidenza è più del doppio tra le donne, dove permane la difficoltà di coniugare il tempo di lavoro con quello assorbito dai figli e dalla famiglia in genere.

Il fattore età

Inoltre, il fattore età sembra influire sullo stato di stress cronico: sotto i trent’anni la percentuale di chi è in burnout cala al 30,5%. Proiettando i dati delle medicine interne sull’universo mondo dei professionisti della nostra sanità pubblica, si contano oltre 56mila medici e 125.500 infermieri che lavorano in burnout. Questo stato d’animo può portare inevitabilmente a qualche errore, come dimostrato da uno studio condotto dalla Johns Hopkins University School of Medicine e dalla Mayo Clinic del Minnesota che ha rilevato almeno un errore grave nel corso dell’anno nel 36% dei camici bianchi in burnout.

Dimissioni di massa: il trend in aumento

Il trend delle dimissioni di massa dei medici e degli infermieri dal servizio pubblico è in costante aumento. Ad esempio, nell’ospedale Manzoni di Lecco si contano 1,6 abbandoni al giorno a gennaio 2022, 1,5 a febbraio 2022. Nel 2021 gli “abbandoni” sono stati 321 e il trend del 2022 è addirittura superiore. Questo è dovuto alla scarsissima volontà di rendere “appetibile” lavorare nelle strutture sanitarie pubbliche della nostra provincia. I concorsi vengono banditi, ma rapidamente le graduatorie vengono consumate. Per quanto riguarda quello degli infermieri, in pochi mesi, siamo già arrivati alla 400ª posizione in graduatoria. Ciò significa che non si riesce a rimpiazzare chi se ne va perché i nuovi arrivati spesso durano poco e non vogliono terminare nemmeno il periodo di prova.

La fuga dei medici e degli infermieri dal servizio pubblico sta mettendo in ginocchio la sanità pubblica. Gli operatori sanitari sono sottoposti a un carico di lavoro eccessivo e a un livello di stress elevato che può portare a errori gravi nella somministrazione delle cure.

Conclusioni

Il fenomeno sta portando a una carenza di personale che mette a rischio la salute della popolazione. È fondamentale trovare soluzioni per migliorare le condizioni di lavoro degli operatori sanitari e incentivare il lavoro nelle strutture sanitarie pubbliche.

Fonte: Comedonchisciotte.org – Raffaele Varvara

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