Una notizia raccapricciante è stata diffusa dall’Ansa qualche giorno fa: un 14enne, residente a Pavia, in compagnia dei suoi amici, verosimilmente per trascorrere insieme qualche ora di sano divertimento, è stato accerchiato da un gruppo di adolescenti e brutalmente pestato. Gli amici hanno tentato di difenderlo, ma non sono stati in grado di fermare la spirale della violenza in cui è precipitato anche uno di loro, subendo percosse.
[Link all’articolo](https://www.ansa.it/lombardia/notizie/2023/10/03/14enne-picchiato-e-preso-a-sassate-da-branco-adolescenti_627687cd-fe41-4e54-95ab-3bc0353a95fa.html)
Il potere condizionante del branco
La notizia mi ha portato a riflettere sul potere condizionante del branco, se e quanto farne parte possa incidere sui comportamenti aggressivi di ogni singolo aderente. Il gruppo adolescenziale conserva ancora in sé una valenza positiva oppure, all’interno di esso, ogni membro viene accettato e rispettato solo in relazione al numero di azioni malevole che è in grado di compiere? Come se l’affermazione di se stessi passasse attraverso forme di violenza agite gratuitamente e per futili motivi. A una prima analisi, sembra che in cima alla piramide del potere si arrivi compiendo atti sempre più violenti e crudeli. Veramente si diventa leader calcolando le azioni criminali commesse?
Non sempre è facile comprendere cosa passi per la mente degli adolescenti di oggi…
Cosa comporta appartenere a un gruppo?
Senza ombra di dubbio, l’appartenenza a un gruppo comporta il cambiamento del rapporto duale e il bisogno di sperimentare nuovi modelli di comportamento.
Diventa significativo usare lo stesso linguaggio, il più delle volte, o meglio dire sempre, accessibile solo alla cerchia di appartenenti; compiere gli stessi gesti, vestirsi allo stesso modo.
Il singolo individuo cerca, così, di superare il proprio vuoto adolescenziale annullando le differenze che lo caratterizzano per omologarsi ai compagni.
L’appartenenza al gruppo, per l’adolescente, significa acquisire la sua identità sociale: non agisce da solo, ma come membro di una comunità.
Conclusioni
Oggi, però, il giovane vive due mondi paralleli: reale e virtuale; il virtuale, fortemente condizionante e illusorio, dà al giovane l’impressione che tutto sia possibile senza alcuna conseguenza per le proprie azioni. Quando, poi, ritorna nel mondo reale, si confronta con una serie di situazioni frustranti che non è in grado di gestire. In questi momenti, il gruppo diventa il rifugio perfetto, anche se a volte può diventare una fucina di atti delinquenziali.