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Figli, vittime inconsapevoli della depressione dei genitori

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Questa mattina, mentre dal mio smartphone scorrevo le ultime notizie battute dall’ANSA, mi è balzato agli occhi un titolo raccapricciante: Omicidio-suicidioad Avellino, ha sparato a figlia disabile”.

Apro la pagina e leggo con estrema attenzione, giacché i fatti di cronaca nera, giudiziaria e le inchieste sono di mio grande interesse, non per una sorta di morbosa veemenza nei confronti del male, ma perché sono fermamente convinta che fatti di una certa gravità devono essere sempre segnalati, e portati a conoscenza del vasto pubblico. Ovviamente, con le dovute cautele, usando un linguaggio rispettoso e accessibile a tutti, e uno stile comunicativo tale che ne impedisca l’emulazione. Cosa, quest’ultima, che non sempre, ahimè, si riesce a fare; infatti, ne sono conferma le diverse tragedie compiute da emulatori dell’ultimo minuto.

Riflessioni personali sulla tragedia avvenuta ad Avellino

L’aspetto drammatico dell’intera vicenda è che, dopo aver sparato alla figlia 35enne, pare affetta da una grave malattia, l’uomo ha rivolto l’arma verso la propria persona, uccidendosi. Arma da fuoco regolarmente detenuta.

Intanto mi chiedo: ma coloro che, in casa, detengono regolarmente una o più armi (poiché alcuni posseggono un vero e proprio arsenale) vengono, per legge, obbligati a sottoporsi a controlli periodici per valutare lo stato psichico? E intendo controlli veri, di quelli fatti con tutti i sacri crismi e da personale veramente qualificato, come il medico psichiatra.

Inoltre, e qui parte la riflessione più profonda su questa immane sciagura famigliare, cosa c’entrano i figli? La prole diviene vittima inconsapevole della sofferenza che attanaglia l’anima del genitore, si fa agnello sacrificale per il suo stesso bene.

Cosa passa nella mente di queste persone che si suicidano, portando con sé il bene più prezioso, ovvero, la creatura che hanno messo al mondo?

Per rispondere, imbocco il sentiero delle ipotesi, non avendo a disposizione altre informazioni, né sulla vicenda né sulle dinamiche famigliari.

Un gesto di tale gravità, solitamente, viene agito da soggetti che soffrono di una forma importante di depressione, che spinge a una visione catastrofica, triste dell’esistenza.

Per le persone depresse non esiste domani, inteso come speranza nel futuro, non hanno interesse verso la vita; dunque si comprende bene quanto possa essere alto il rischio del suicidio.

Accade anche che nella mente dell’individuo depresso si manifesti con insistenza l’idea di non aver altre vie d’uscita, e quel senso di solitudine e di vuoto interiore si allargano ai membri della famiglia, in particolare agli affetti più intimi, ovvero, figli e moglie.

Per una mente sana, tale agire appare illogico e incoerente; per coloro che sono affetti da depressione grave ha, invece, uno scopo ben preciso: se la realtà circostante viene percepita come distaccata e ostile, uccidere la propria creatura equivale a salvarla.

Non a caso, il famoso psichiatra e scrittore Vittorino Andreoli ha affermato: “La depressione è un male di vivere talmente penetrante che il pensiero della morte diventa un balsamo, una consolazione”.

Per approfondimenti:

https://www.ansa.it/campania/notizie/2024/02/14/trovati-morti-in-casa-ad-avellino-forse-omicidio-suicidio_4f10868c-5e78-4a9e-9185-708807a3e308.html

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