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Stalin. Ha perso, anche se ha vinto
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Scenari di guerra: le previsioni

una sanguinosa partita a scacchi tra oriente e occidente

Tabella dei contenuti

Osservando quotidianamente gli scenari che ci vengono riportati dai vari media, sia italiani che esteri, e cercando di comprendere appieno quanto sta succedendo in questo nostro povero mondo martoriato da continui conflitti, da soprusi e da vergognose prevaricazioni di un popolo sull’altro, mi rendo conto sempre di più che ormai siamo ai prodromi di quella che sarà la “vera guerra” o, se preferite, “la Terza Guerra Mondiale”.

Come ho provato a fare in alcuni recenti articoli, per provare a comprendere la portata di ciò che sta succedendo e, soprattutto, per riuscire a “strappare” al futuro delle previsioni abbastanza aderenti a ciò che realmente succederà, bisogna fare alcuni passi indietro e comprendere quali segnali ci siano stati nel recente passato.

Mezzo secolo di pace

Fin dall’immediato dopoguerra, il mondo è stato pervaso da un irrefrenabile desiderio di pace assoluta, dovuto in special modo ai terribili 11 anni di devastazioni delle due guerre mondiali, che hanno lasciato sul terreno oltre 100 milioni di vite e una distruzione pressoché totale, e per quasi mezzo secolo si è potuto vivere in relativa tranquillità e benessere, in special modo dovuto anche all’eclatante boom economico che ha, in qualche modo, “silenziato” le voci interne di quelli che io definisco “inguaribili guerrafondai”, permettendoci di campare tranquillamente.

Piccola nota personale, ritengo che gli anni vissuti a cavallo fra gli anni 60 e i 90 non saranno più ripetibili e, in qualche modo, mi dolgo molto di questo, specialmente in relazione a quelle giovani generazioni nate successivamente che non potranno godere appieno di quel periodo d’oro.

Conseguenze della fine della Guerra Fredda e stati “outsider”

Con il termine della Guerra Fredda e il successivo disgregamento dell’Unione Sovietica abbiamo potuto assistere, nei primi anni del nuovo millennio, a due fatti di primaria importanza sullo scacchiere mondiale: la nascita di un nuovo, potente stato come la Federazione Russa – nata dalle ceneri, appunto, dell’Unione Sovietica – e l’ascesa a nazione di rango superiore di Israele, con tutte le alleanze strette, gli uni con un fronte e gli altri con il fronte opposto.

Sullo sfondo di tutto ciò si è andata delineare la travolgente ascesa del terzo incomodo, ovvero la Cina, che con la sua egemonia pressoché totale nello scenario asiatico e la sua quasi infinita capacità economica e di possesso di materie prime ha iniziato realmente a pesare in modo preponderante sull’intera scena mondiale.

Se andiamo a ben guardare a livello macroscopico, la situazione, nonostante siano state mescolate le carte e nonostante i comprimari si siano interscambiati fra di loro, la situazione generale non è che sia cambiata poi di molto rispetto a quello che c’era prima dello scoppio della Prima guerra Mondiale; anzi, con molta probabilità, e nel suo totale, la situazione si è ulteriormente deteriorata.

Gli elementi destabilizzanti per il sistema mondo

Per comprendere questo, bisogna rendersi conto che, come durante una partita di pallone, perché si sviluppi una rissa che coinvolga quasi tutti, è necessario che ci siano degli elementi destabilizzanti, come le tifoserie delle due squadre e, soprattutto, i cosiddetti “ultras”; così, in questo caso, i due elementi destabilizzanti sono, rispettivamente, gli Stati Uniti d’America e, più in piccolo, lo stato di Israele.

E, come ovvio, c’è pure un terzo incomodo, che non deve essere assolutamente sottovalutato, e sono le convinzioni religiose dei popoli – in special modo gli abitanti di tutto il Medio Oriente, l’intero continente Africano e gran parte del Sud Asiatico – che spesso e volentieri sono alla base di ogni conflitto che possiamo vedere sotto i nostri occhi.

A tutto ciò va aggiunto l’immenso valore intrinseco che l’intera umanità ha voluto attribuire al vile denaro e, più in generale, alla ricchezza, non tanto come mezzo per soddisfare i propri bisogni e desideri, ma quanto mezzo specifico di prevaricazione rispetto al proprio consimile, ma di questo ne parlerò più approfonditamente in un altro articolo.

La partita a scacchi

Tornando alla situazione contingente di questo avvio di secolo, fin dal 2010, e forse anche da prima, i giocatori hanno iniziato a porre le proprie pedine sulla scacchiera, come se tutto quanto si potesse ridurre ad una semplice partita di scacchi, e senza preoccuparsi minimamente di considerare che “i pedoni” potessero andarci di mezzo, oltre al fatto che, tanto per dirne una, potessero non essere d’accordo.

La lotta per il controllo dei mari

Per cui si è potuto assistere a un’America che ha deliberatamente spinto la situazione in Europa fino a raggiungere il punto di rottura – invasione dell’Ucraina da parte della Russia – ma non per una questione di dominio “terrestre”, bensì per un controllo totale di quello che è il mezzo di spostamento più rapido e sicuro esistente su questo pianeta: i mari e gli oceani.

Infatti, se pensate che la questione Russia-Ucraina sia una disputa per le popolazioni o per accerchiare il nemico storico, vi sbagliate di grosso. Il vero obiettivo degli USA era ed è rimasto la possibilità di evitare lo “sbocco sul mare” alla Russia, portandogli via da sotto il naso la Crimea e tutta la costa del Mar Nero, che per Putin ed il suo popolo sono di vitale importanza al fine da poter avere sbocco nel Mediterraneo e, di conseguenza, attraverso il canale di Suez e lo stretto di Gibilterra, al resto del mondo.

Obbiettivo: predominio commerciale

A riprova che i veri obiettivi americani erano quelli di costringere in un angolo la Federazione Russa e di toglierle possibilità economiche di sviluppo, basta osservare il famoso attentato al NordStream 1 e 2 che hanno tagliato, anche se non irrimediabilmente, il cordone ombelicale della Russia con l’Europa, fonte di immense ricchezze e “ossigeno” per la Russia stessa.

Più a sud di questo “teatro bellico” e, per la precisione, all’estremo sud della penisola araba, si sta osservando il posizionamento di altri pezzi della scacchiera di importanza strategica, attraverso gli inconsapevoli yemeniti che, per loro conto, stanno combattendo una guerra tecnicamente “locale” da ormai un decennio – fazioni opposte che si combattono per il potere del paese, immerse in una devastante corruzione e povertà dilagante – ma con le infiltrazioni di coalizioni esterne – 8 paesi arabi e gli immancabili USA – è diventata una questione di rilevanza mondiale, guarda caso, sempre a causa di punti nevralgici nel traffico di merci.

Infatti, essendo uno stato bagnato dal Mar Rosso e un punto chiave fra lo Stretto di Ormuz e il Canale di Suez, diventa realmente nevralgico per le conseguenze che puntualmente si stanno osservando in questi giorni, ovvero i terroristi – chissà se, poi, possiamo realmente definirli “terroristi” o magari sarebbe il caso di studiare meglio la situazione e cercare di capire che, probabilmente, sono dei disgraziati che, oppressi da decenni, non sanno più come fare per difendersi e, quindi, prendono in mano le armi e cercano di combattere gli oppressori – Houthi che attaccano i cargo mercantili che transitano vicino alle loro coste, costringendo, di fatto, tutto il mondo a modificare le loro rotte, i loro traffici e, di conseguenza, aumentando a dismisura i costi e i tempi con cui le merci vengono portate in giro per la Terra.

https://it.gariwo.net/educazione/approfondimenti/crisi-nello-yemen-22937.html#:~:text=La%20guerra%20%2D%20che%20ha%20le,insieme%20ai%20loro%20sostenitori%20e

La questione Israelo-Palestinese

E venendo alla questione israelo-palestinese, chiunque può comprendere assolutamente, senza tema di errore, come in questo caso si stiano utilizzando i classici “due pesi e due misure”, poiché per un “presunto” attacco terroristico da parte di Hamas – strana coincidenza, se vista nel suo complesso, avendo di fatto sviato l’attenzione di tutti dai fatti ucraini – dove sono state uccise complessivamente 1133 persone, fra civili e militari, e per la precisione 274 militari e 859 civili, fra cui 97 poliziotti e agenti di sicurezza in un attacco che, se si deve guardare con la lente di ingrandimento, fa molto riflettere, in quanto sembra quasi che Hamas abbia attaccato il Liechtenstein, e non uno dei più potenti eserciti del mondo attuale come quello israeliano. Personalmente, qualche dubbio me lo fa sorgere.

Ma quello che più mi sconvolge a livello umano è la reazione assolutamente sproporzionata che si sta osservando da due mesi a questa parte ad opera di Israele, che sembra decisa – senza il “sembra”, in quanto Netanyahu lo ha detto più e più volte apertamente che non si fermeranno fino a quando non avranno eliminato l’intero stato palestinese – a proseguire nel suo sterminio di un intero popolo e, fino ad oggi, ha causato oltre 27.000 vittime, di cui un buon 40% sono minori e bambini, oltre a donne e anziani totalmente incolpevoli e inermi.

La fibrillazione per l’inevitabile

E tutto questo contornato dall’assordante fragore del silenzio più assoluto da parte dell’intero mondo occidentale, prono e supino al volere statunitense e, di conseguenza, anche gli altri “giocatori” stanno iniziando a posizionare i loro pezzi sulla scacchiera del mondo, per prepararsi a quella che sarà, a tutti gli effetti, la vera partita che si giocherà nei prossimi anni, ma sicuramente su un altro tavolo.

Ed ecco che subentrano le piccole scaramucce che vengono scambiate fra Iran e Pakistan, le marce indietro di potenziali “mediatori” come l’Egitto – che ha già le sue belle gatte da pelare – e tutti gli altri comprimari come la Turchia, il Qatar, la Siria e, non ultima, l’intera Europa che, in qualche modo, cerca di metterci lo zampino per non restare tagliata fuori del tutto da questo gioco al massacro che, sicuramente, non avrà né vinti né vincitori.

https://www.mosaico-cem.it/attualita-e-news/israele/le-vittime-del-7-ottobre-i-dati-aggiornati-al-5-dicembre/

Lo scenario che darà il via alle danze

Come visto in quanto illustrato poco sopra, gli ingredienti per comporre una bella e succosa “partita della morte” ci sono tutti, ma state pur tranquilli che non verrà giocata né in Europa né, tanto meno, nello scacchiere mediorientale, dove ci sono stati ben più di alcuni momenti nei quali si sarebbero potute vedere le bombe atomiche utilizzate o dagli uni o dagli altri – considerate che Putin avrebbe potuto utilizzare delle bombe tattiche senza incorrere in alcun rischio di reazioni avversarie totali, poiché era in una di quelle rare occasioni nelle quali, ad un suo attacco nucleare, l’occidente non avrebbe potuto assolutamente rispondere e, non avendolo fatto, ci si dovrebbe domandare perché – ma il palcoscenico dove, con molta probabilità, si darà inizio alle danze, è quello del Pacifico, fra Cina e Taiwan.

E questo per due motivi fondamentali – con una piccola aggiunta esterna – che sono: il fatto che l’Europa non ha alcuna intenzione di “noleggiare” ancora una volta il proprio territorio per il divertimento altrui e, secondariamente, ma non di minor importanza, per tagliare definitivamente le unghie al dragone Cinese ed alla sua preponderante economia di aggressione, riportandolo, di fatto, a più contenute dimensioni, in modo da tornare sotto al dominio incontrastato dell’ipotizzato e tanto desiderato Impero Americano.

I probabili “effetti collaterali”

Come fatto collaterale, gli USA si potrebbero nello stesso tempo togliere definitivamente il pensiero del rinascente Giappone che, come tutti sicuramente sanno, è quel paese che tanto ha fatto dannare gli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale, e nessuno si deve dimenticare che, storicamente, gli americani sono persone che se la legano al dito e, poco ma sicuro, la questione di Pearl Harbor non l’hanno ancora digerita (nonostante il fatto che dovrebbe essere il contrario, visti gli oltre 300 mila morti fatti a Nagasaki e Hiroshima con le due bombe atomiche del 1945).

Conclusioni

Con estrema amarezza, purtroppo, questo è lo scenario che si sta prefigurando in questi giorni, e potrei sbagliarmi anche di qualche virgola, non considerando forse alcuni particolari di poco conto, ma che possono essere dirimenti nel complesso.

Ritengo, a ben vedere, che con estrema probabilità, la “prima teatrale” andrà realmente in onda nei prossimi 5/10 anni sul palcoscenico indicato (più facile entro i 5 anni che oltre).

D’altra parte, se riconosciamo per vero il “complotto” della depopolazione portata avanti da gruppi di potere mondiale, dove meglio colpire se non in un angolo del mondo dove ci sono ammassati oltre 4 miliardi di persone? Ma come si sa, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, per cui, fossi in loro, ci penserei su seriamente prima di fare cose dalle quali non si potrà assolutamente tornare indietro.

E come al solito, gli unici che non potranno né fare, né dire nulla, saranno gli spettatori, cioè noi.

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