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Copertina: Stalin? Ha perso, anche se ha vinto
Stalin. Ha perso, anche se ha vinto
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In questi giorni, assistiamo alla graduale ma inesorabile parabola discendente del tentativo di Virginia Raggi e del movimento che rappresenta su Roma, di amministrare e condurre fuori dal pantano del degrado e della corruzione dilagante, la nostra capitale.

Molti cittadini hanno dato fiducia a tutto ciò che la Raggi incarna, speranzosi finalmente di assistere al tanto annunciato cambiamento dovuto, in buona sostanza, all’equazione Normali cittadini = Buoni amministratori.

Errore più madornale non poteva essere fatto! 

D’altra parte, la buona fede di chi ha votato Raggi e Movimento 5 Stelle, è del tutto giustificata dal fatto che la cittadinanza intera è assolutamente esausta e al limite della sopportazione dopo anni e anni di cattiva amministrazione, corruzione diffusa, malafede, vane promesse da parte dei più disparati personaggi o partiti politici, che si sono affidati ciecamente a questo “Nuovo” avanzante.

Un po’ come l’assetato, dopo un lungo peregrinare nel deserto, accetterebbe di bere qualsiasi cosa gli si desse pur di dissetarsi.

Ma il problema sostanziale, per poter amministrare una città come Roma in particolare e il paese più in generale, non sono le buone intenzioni delle quali sono estremamente convinto sia permeata la Raggi e la gran parte di coloro che la sostengono, ma il fatto che ciò non sia sufficiente per combattere il potere costituito.
E tale potere non è quello politico alla luce del sole, ma un potere molto più nascosto e che sfugge ai più, costituito dalle lobbies economiche e dai potentati, costituiti da più o meno noti faccendieri che operano nell’ombra da sempre. 

La soluzione per poter sconfiggere tale avviluppatissima pania di interessi sotterranei, non risiede purtroppo in una persona normale come la Raggi, per quanto, come detto, possa essere armata delle migliori intenzioni e buona fede ma, un po’ come declamava il Macchiavelli nel suo “Il Principe”, risiede nella conduzione della Cosa Pubblica da parte di colui che risponda a determinati requisiti di base, prescindendo dai quali il compito non è assolvibile, né ora né mai.
 Innanzi a tutto, la persona in questione dovrebbe poter disporre di una libertà di manovra assai più ampia di quella che attualmente è in facoltà dei nostri amministratori pubblici – non si scambi questo per una sottoscrizione al potere assoluto di una dittatura, ma semplicemente un eliminare determinate pastoie che impediscono al buon amministratore di procedere al risanamento del paese – e in secondo luogo, deve assolutissimamente possedere determinate qualità che, purtroppo, non si possono acquisire all’improvviso ma si devono avere nel proprio Dna fin dalla nascita. 

E per essere più chiaro, cito l’incorruttibilità, il disinteresse totale per il denaro in quanto tale e per ultimo ma non meno importante, il desiderio principe di fare bene il proprio lavoro.
Ovviamente, ma è dato per scontato, il nostro “Eroe” deve pur avere una chiara visione di quanto si accinge a fare. 

Mi rendo conto che possa risuonare utopica una illustrazione come sopra, ma l’alternativa è solo ed esclusivamente il degrado generale del nostro paese fino al punto di collasso – sfaldamento del rapporto cittadini e istituzioni e conseguente ribellione dei primi sui secondi – dal quale non si potrà assolutamente tornare indietro.

O ci rendiamo conto al più presto di ciò, o il nostro declino potrà essere lento, ma sarà ugualmente inesorabile.

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