Obsolescenza programmata: cos’è e come funziona
Se sei un possessore di smartphone, probabilmente ti è capitato di notare che dopo un paio di anni il tuo dispositivo sembra rallentare o funzionare peggio.
Ma è solo un’impressione o c’è qualcosa dietro a questo fenomeno?
In realtà, si tratta dell’obsolescenza programmata, una strategia commerciale deliberata da parte delle aziende produttrici.
Secondo un articolo pubblicato su UpGo di Stefano Pifferi, l’obsolescenza programmata è una pratica usata dalle aziende per far diventare i loro prodotti obsoleti o inutilizzabili dopo un certo periodo di tempo. Nel caso degli smartphone, i due esempi più comuni di obsolescenza programmata sono gli aggiornamenti del sistema e le riparazioni.
Gli aggiornamenti del sistema possono rallentare o danneggiare i modelli più vecchi, come dimostrato dalle multe che Apple e Samsung hanno ricevuto in Italia per obsolescenza programmata. Inoltre, i ricambi dei moderni smartphone possono essere costosi e difficilmente reperibili, rendendo le riparazioni un’opzione poco conveniente per molti utenti.
L’obsolescenza percepita
Ma l’obsolescenza programmata non è l’unica causa del problema. Esiste anche l’obsolescenza percepita, legata al desiderio delle persone di avere sempre l’ultimo modello di smartphone. Questa dipendenza alimentata dalla dopamina, neurotrasmettitore associato al piacere e alla gratificazione, spinge le aziende a rilasciare nuovi modelli ogni anno, anche se non presentano grandi differenze rispetto ai precedenti.
Secondo i dati, la durata media di un telefono in Europa nel 2020 era di 40 mesi (a livello globale quasi la metà), ma questo numero potrebbe diminuire in futuro con l’avvento delle nuove tecnologie come il 5 o il 6G.
Il danno ambientale
Ciò porterà a un peggioramento della situazione dei rifiuti di cellulari, che rappresentano un problema non solo economico, ma anche ambientale.
Infatti, i miliardi di telefoni scartati diventano rifiuti e solo una piccola percentuale di questi viene riciclata (il 20%), cosa veramente assurda visto che i metalli preziosi contenuti nei moderni smartphone potrebbero scarseggiare nei prossimi decenni. Per contrastare questo fenomeno, la Francia ha istituito un parametro chiamato “indice di riparabilità”, una valutazione da 0 a 10 su quanto può essere “riparabile” uno smartphone, tenendo conto di aspetti come i costi dei pezzi di ricambio, la loro disponibilità e su quanto sia facile effettivamente intervenire sul dispositivo.
L’alternativa: i dispositivi ricondizionati
Nonostante i dati non siano così incoraggianti, c’è ancora una piccola speranza per il futuro. L’opinione pubblica sempre di più si rivolge a queste tematiche e le aziende non possono ignorarlo. Inoltre, il mercato dei dispositivi ricondizionati (smartphone, ma anche computer) sta crescendo, aspetto che può aiutare a ridurre notevolmente i rifiuti elettronici.
In definitiva, consideriamo importante prendere consapevolezza dell’obsolescenza programmata e dell’obsolescenza percepita per fare scelte consapevoli e sostenibili. Come consumatori possiamo optare per dispositivi ricondizionati o per marche che si impegnano nella produzione di prodotti durevoli e riparabili. Solo così possiamo contribuire a ridurre il problema dei rifiuti elettronici e a promuovere un futuro più sostenibile.
Fonte: Stefano Pifferi su UpGo