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Stalin. Ha perso, anche se ha vinto
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Riflessioni

Foto sbiadita di un bosco spoglio

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In questi ultimi periodi, mi sono trovato a riflettere piu’ del solito, con risultati molto amari.
La vita si sa’, e’ dura e spietata gia’ nella normalita’ e nessuno ha mai messo in discussione questo assunto.
Purtroppo, ogni tanto ci mette alla prova con delle sfide o degli ostacoli molto piu’ duri e brutali di quanto siamo abituati ad affrontare nella routine.
Oggi, l’umanita’ e’ stata chiamata ad affrontare un problema veramente immenso, data la sua natura invisibile e subdola ma, ancora piu’ invisibile e subdolo dello stesso virus, vi e’ un altro ostacolo da superare.
Non voglio qui entrare nel merito tecnico della veridicita’ piu’ meno alta di tale virus, anche se sarebbe assolutamente necessario fare chiarezza.
Ma il tempo, come dicevano i nostri nonni, e’ galantuomo e sono sicuro che prima o poi avremo il quadro esatto di tutta la situazione.
No quello che voglio sottolineare in questa mi ariflessione, e’ quanto tutto cio’ ci abbia trovato assolutamente impreparati.
Ogni popolo che si trova ad affrontare cambiamenti, devastazioni naturali, guerre o problemi consimilari, si raccoglie su se stessa, cercando al suo interno quelle forze necessarie per superare l’ostacolo.
E’ successo cosi’ per tutti i grandi cambiamenti e disastri della storia, iniziando dallo scontro di due culture diverse, Greci e Persiani, all’evoluzione dopo la grandezza, dell’Impero romano, per finire alla scoperta di nuovi mondi e nuove culture.
L’umanita’ ha attraversato pandemie – la grande peste nel 1300 e 1600 – malattie che hanno quasi annientato l’intera popolazione Europea, come la sifilide importata dal nuovo mondo, si e’ trovata di fronte ad eventi cataclismatici come alluvioni, tsunami, terremoti, carestie e sempre, prima o dopo, e’ riuscita a risorgere dalle sue ceneri.
In tutto questo, i popoli che non sono riusciti a trovare in se stessi quelle forze e quelle motivazioni sufficienti a superare l’ostacolo, sono scomparse, cancellate dalla violenza o della natura o della nuova cultura incontrata.
Oggi, siamo nelle stesse condizioni dell’impero Romano d’occidente quando, sotto Romolo Augusto nel 511 dc., non seppe affrontare i grandi cambiamenti che gli si presentavano e spari’ letteralmente dalle pagine della storia.
Siamo chimati ad affrontare non tanto un virus – che in fin dei conti si e’ rivelato essere simile se non inferiore ad altre pandemie succedutesi nel passato – ma la forza che saremo in grado di sviluppare per superare anche questo scoglio.
E con molta amarezza, devo confessare a me stesso che non intravedo nemmeno lontanamente, quella chiarezza di vedute, quella potenza interiore, necessria ad emergere pure questa volta.
Leggo negli occhi di tutti quanti, nelle dichiarazioni, negli articoli di giornale, nelle varie figure politiche, sociali ed economiche del nostro paese in particolare, un senso di frustrazione, inadeguatezza e in sostanza, di sconfitta peannunciata.
E questa, per chi e’ convinto sostenitore dell’umanesimo piu’ sfrenato, e’ una sconfitta bruciante e amara.
La domanda che sorge spontanea e’, ma se di fronte a un problema di questa limitata portata, ci ritroviamo in ginocchio piangenti e lamentosi come vecchie comari, spersi, spauriti, litigiosi, senza uno straccio di visione collettiva, cosa succedera’ domani, quando la natura e la vita ci chiameranno ad affrontare un problema dieci volte superiore?
Ho paura, ho veramente paura che l’umanita’ intera non sia all’altezza e degna di occupare il posto che occupa.
O ci rimboccheremo le maniche, affrontando il cambiamento radicale che ci viene richiesto e imposto dalla natura o, ne sono certo, se non oggi ma domani soccomberemo definitivamente, lasciando posto al caos assoluto.
Ma forse, potrebbe essere una miglior soluzione.

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