Maxwell Maltz, nato nel 1889 ed autore di un libro edito nel 1960, ed ancora oggi estremamente valido, dal titolo “Psicocibernetica“, fu colui che teorizzò che per cambiare un’abitudine erano necessari (e sufficienti) 21 giorni.
Moltissimi i consensi ed altrettante le critiche a questo assunto, ma la natura, che la sa più lunga di chiunque altro, può darcene la conferma; come?
Come nasciamo?
Uno dei maggiori misteri al mondo – la creazione di un nuovo essere umano, inizia con l’unione di ovulo e spermatozoo e finisce, nove mesi dopo, con un bambino.
Si tratta di un processo estremamente intricato e pieno di rischi, con insidie ad ogni livello, ed è straordinario che noi si sia riusciti a sopravvivervi abbastanza a lungo da venire alla luce.
In effetti gli scienziati ritengono che circa la metà di tutti gli embrioni umani muoiano durante i primi due mesi di gravidanza a causa di qualcosa che non ha funzionato a dovere nel processo di sviluppo.
L’embriogenesi
Sono necessari due mesi per formare l’embrione umano, un processo chiamato embriogenesi.
Dopo 8 settimane l’embrione presenta tutti gli organi ed i tessuti presenti in un neonato, anche se alcuni sono ancora in forma primitiva.
Durante i successivi sette mesi di gestazione umana il feto (che a tal punto non si chiama più embrione) continua a crescere ed a svilupparsi ma il disegno di quello che sarà il bambino viene determinato durante l’embriogenesi.

I primi 21 giorni
Molti dei più importanti e meno compresi passaggi dello sviluppo di un embrione umano avvengono durante i primi 21 giorni di gravidanza, spesso anche prima che la madre sia conscia di essere incinta e quando l’embrione è ancora incredibilmente piccolo.
A 21 giorni un embrione umano misura meno di due millimetri di lunghezza, ma ciononostante è già molto più di una semplice “palla” di cellule primitive.
Il suo sesso e la forma del suo corpo – sopra e sotto, davanti e dietro, sinistra e destra – sono già definiti così come lo è il progetto di futuro sviluppo di ogni sua singola cellula.
È un viaggio straordinario, e tutto ha inizio da una singola cellula.
Giorno 1, fecondazione
all’inizio è l’ovulo
All’interno delle tube di Fallopio un ovulo maturo attende in uno stato di sviluppo sospeso.
Appena prodotto dall’ovaia è la più grande cellula del corpo al quale appartiene.
Contiene nutrienti, fattori di crescita, enzimi e proteine, ovvero quasi tutto ciò che serve per dare inizio allo sviluppo di un embrione umano.
Manca solamente una piccola cosa, poiché serve uno spermatozoo.
Se uno spermatozoo non penetra la spessa membrana dell’ovulo al fine di attivarlo entro le successive 24 ore l’ovulo morirà.
L’ovulo
Durante la fecondazione e la prima fase dello sviluppo embrionale è l’ovulo il protagonista.
Tutto ciò di cui l’ovulo ha bisogno dello spermatozoo è in realtà semplicemente il suo DNA, il codice genetico contenuto nei 23 cromosomi del Padre.
Quando questo si combina con i 23 cromosomi contenuti nell’ovulo materno il nuovo embrione dispone di tutto il corredo genetico necessario alla creazione di una nuova vita.
Buona parte di ciò che gli scienziati sanno della fecondazione e di ciò che accade durante i primi giorni di sviluppo dell’embrione arriva dalle ricerche fatte per aiutare quel 10/15% di coppie che necessitano di assistenza medica per avere un bambino.
La fecondazione “in vitro”
Molte di queste coppie ricorrono alla fecondazione “in vitro” o ad altre tecnologie riguardanti la riproduzione assistita.
Per avere un’idea delle dimensioni di questo fenomeno pensate che nel solo 2004 49.458 bambini sono nati negli USA da embrioni creati dall’unione di ovulo e spermatozoo realizzata all’interno di una piastra di Petri anziché in un corpo umano.
Gary Smith, Ph.D., è professore associato di ostetricia/ginecologia, urologia e di fisiologia molecolare ed integrativa.
Studia embrioni di topo, di mucca ed umani per capire cosa accade durante i primi giorni di sviluppo.
Anche se tutto accade più velocemente nei topi rispetto agli umani, le fasi del processo sono essenzialmente le stesse in entrambe le specie.
Studiare cosa accade agli embrioni all’esterno di un corpo non è comunque il modo ideale, dato che ci sono grandi differenze tra lo sviluppo in una piastra di coltura e lo sviluppo in un essere vivente.
Nel corpo gli embrioni appena formati si sviluppano e crescono nell’umido e protettivo ambiente della tuba di Falloppio, dove sono in costante contatto con proteine, nutrienti ed altre cellule, mentre in laboratorio gli embrioni cominciano il loro cammino fluttuando in un “brodo” di coltura posto sulla piastra di Petri, una situazione simile a quella di “una persona che fluttua nel Lago Michigan”, dice Smith.
La coltura dinamica
Al fine di simulare le condizioni che si trovano all’interno della tuba di falloppio, laddove avvengono la fecondazione ed i primi stadi di sviluppo, Smith ha collaborato con Shuichi Takayama, Ph.D., professore associato al College of Engineering, per creare un congegno grande come mezza carta di credito che permette di osservare un embrione e di monitorare i suoi parametri biologici durante i primi giorni di sviluppo.
All’interno dei ristrettissimi confini di piccolissimi canali presenti nel microchip, gli scienziati possono mantenere l’embrione in movimento, gestire l’afflusso di nutrienti freschi e rimuovere i prodotti di scarto.
Smith la chiama “coltura dinamica“, di fatto opposta alla coltura statica normalmente utilizzata per far crescere gli embrioni in una piastra di Petri.
Usando un sistema di coltura dinamica che simula le condizioni naturali, Smith e Takayama hanno scoperto che si ottengono embrioni di topo e di mucca più sani, più simili a quelli che crescono nel corpo dell’animale.
L’obiettivo di Smith è scoprire i segreti che il corpo conosce e sfrutta per far crescere embrioni sani e usare questa conoscenza per aiutare sempre più coppie non fertili ad avere un figlio sano.
Giorni 2-3 prima segmentazione
attivazione dei geni dell’embrione
Nel corpo materno un ovulo fertilizzato discende lungo la tuba di falloppio, spinto verso l’utero da filamenti che ricoprono l’interno della tuba.
Ancora dipendente dai nutrienti e dalle istruzioni genetiche fornite dall’ovulo, l’embrione si divide per formare due cellule, quindi quattro e poi otto.
A questo punto, attraverso un processo che gli scienziati ancora non comprendono, l’embrione in qualche modo attiva i propri geni.
E da questo momento in avanti, l’embrione diventa autonomo e segue il proprio destino genetico.
Se qualcosa interferisse adesso con l’attivazione dei geni, l’embrione morirebbe.
La capacità di sviluppo embrionale
Nel linguaggio della biologia riproduttiva, questa fase è detta “capacità di sviluppo embrionale” ed è un punto critico nel quale spesso lo sviluppo si ferma per ragioni che gli scienziati ancora non comprendono.
“Alcuni ovuli hanno quanto serve per supportare lo sviluppo embrionale oltre lo stadio delle otto cellule ed altri no”, spiega Smith; “Molti ovuli vengono fecondati e l’embrione inizia a suddividersi normalmente, ma quando arrivano allo stadio di otto cellule, il processo a volte si interrompe e lo sviluppo non si realizza”.
Di cosa ha bisogno l’ovulo per attivare i geni dell’embrione e come sapere quale ovulo abbia tali requisiti sono due delle domande più importanti nell’attuale studio della biologia dello sviluppo, secondo Smith: “sappiamo che questo punto dello sviluppo è molto importante per la sopravvivenza dell’embrione e che l’attivazione dei geni è regolata da fattori materni o derivanti dall’ovulo, ma non comprendiamo come avvenga la trasformazione”, dice Smith.
I follicoli
Smith ritiene che i fattori responsabili dell’attivazione del genoma dell’embrione siano programmati nell’ovulo mentre questo si forma nei compartimenti dell’ovaio detti follicoli. Sono necessari centinaia di giorni affinchè un follicolo produca un ovulo maturo.
Prima di ogni ciclo mestruale, svariati follicoli iniziano a svilupparsi ma alla fin fine, solamente uno produce un ovulo pronto alla fecondazione.
“La natura ha sviluppato questo percorso per fornire la competenza embrionale”, dice Smith. “È ingenuo da parte nostra pensare che sia sufficiente limitarsi ad andare nell’ovaio a prendere gli ovuli. Possono sembrare tutti uguali a livello microscopico, ma sappiamo che a livello di capacità di sviluppo non tutti gli ovuli sono creati uguali”.
Quando gli embrioni fecondati in una piastra di Petri, durante la fecondazione “in vitro”, arrivano allo stadio nel quale sono composti da otto cellule, ne vengono scelti uno o più da trasferire nell’utero materno.
Sfortunatamente, solo il 20% di quelli trasferiti si impianteranno con successo nelle pareti dell’utero continuando a svilupparsi, secondo Smith.
I tests, o saggi biologici, per determinare in anticipo quali ovuli siano in grado di attivare il genoma dell’embrione, e quali embrioni abbiano il potenziale maggiore di impianto, sarebbero un grande passo in avanti al fine di migliorare la possibilità di una gravidanza IVF.
“Oggi tutto quello che possiamo fare è osservare gli embrioni al microscopio e prelevare quelli più belli, col numero di cellule più appropriato rispetto al tempo”, dice Smith. “Uno degli obiettivi della nostra ricerca è di sviluppare un sistema di coltura ed analisi che ci permetta di produrre degli embrioni più sani e selezionare l’embrione con le maggiori capacità di impianto”.
Giorni da 3 a 5 – Blastocisti
Le cellule fanno la prima scelta
Quando un embrione umano di tre giorni entra nell’utero, contiene 16 cellule identiche che formano una sfera detta morula.
Entrando nell’utero l’embrione si prepara ad una grande trasformazione.
Durante le successive 48 ore la morula diverrà una blastocisti, un corpo ovale “vuoto” formato da circa 100 cellule divise in due diversi tipi.
Le cellule che formeranno la placenta compongono lo strato esterno della blastocisti.
Annidata al suo interno si troverà una piccola massa di circa 50 cellule.
Le cellule pluripotenti
Queste 50 cellule daranno vita a milioni di cellule specializzate, tessuti ed organi per creare il neonato.
Gli scienziati chiamano pluripotenti tali cellule interne, nel senso che hanno la capacità di trasformarsi in quasi ogni tipo di cellula del corpo umano.
Ma questo potenziale illimitato dura solo pochi giorni.
Se le cellule pluripotenti vengono rimosse dalla blastocisti e coltivate in laboratorio nelle giuste condizioni, esse formano colonie di cellule staminali embrionali.
In caso contrario diverranno rapidamente cellule specializzate necessarie alla crescita ed ai cambiamenti dell’embrione.
Sue O’Shea, Ph.D., un professore di biologia cellulare e dello sviluppo che dirige il Michigan Center for Human Embryonic Stem Cell Research, sta cercando di decifrare il fiume di segnali genetici coinvolti nella trasformazione delle cellule embrionali in cellule differenziate o specializzate per compiti specifici.
Lavorando con embrioni di topo, cellule staminali di topo e linee di staminali di embrione umano, approvate dal governo federale per l’uso nella ricerca scientifica, O’Shea e i suoi studenti laureati Nicky Slawney e Lisa DeBoer, stanno identificando i geni ed i fattori di crescita coinvolti per capire come funzionano.
O’Shea è particolarmente interessata a scoprire i segnali richiesti per la trasformazione delle cellule staminali embrionali umane e le cellule nell’embrione precoce in neuroni, che sono tra le prime cellule specializzate che si sviluppano in un embrione.
Settimana 2 – Impianto
a casa nelle pareti uterine
Quando l’embrione umano ha circa sei giorni, comincia a crearsi un “nido” nelle pareti dell’utero materno.
Le cellule nello strato esterno della blastocisti si attaccano alla parete dell’utero e fanno crescere lunghe protuberanze in esso – il primo step nello sviluppo della placenta con i vasi sanguigni che legano madre ed embrione.
Ossigeno e nutrienti materni
Da questo momento in poi la sopravvivenza dell’embrione dipenderà dall’ossigeno e dai nutrienti del flusso sanguigno materno.
Man mano che la placenta cresce e si incorpora nelle pareti dell’utero, la massa di cellule interna si divide per formare la cavità amniotica e quella sorta di disco piatto formato da due strati di cellule che è l’embrione.
Una volta che l’embrione è posizionato fra le pareti dell’utero, inizia a prepararsi per una trasformazione detta gastrulazione che avviene nella terza settimana di sviluppo.
Durante questo processo, ogni cellula di quel disco piatto migrerà in altra posizione mutando in uno di tre nuovi tipi di cellule per formare lo strato interno, medio ed esterno dell’embrione di 21 giorni.
Questa complessa coreografia cellulare è regolata da fattori di crescita attivati e disattivati in momenti e luoghi specifici in risposta ai segnali emessi dai geni embrionali.
“L’embrione usa gli stessi sette fattori di crescita che segnalano il cammino di continuo”, dice O’Shea. “Variando la forza del segnale, attivando e disattivando i recettori cellulari o i fattori di crescita in punti specifici dell’embrione, il processo acquista grande precisione e complessità”.
Settimana 3 – Gastrulazione
Durante la sua terza settimana, l’embrione umano passa attraverso una pietra miliare dello sviluppo.
La gastrulazione determina lo schema corporeo di base e segna il destino delle sue cellule.
Una volta completato il processo, l’embrione sarà composto da tre strati distinti con sopra e sotto, davanti e dietro e sinistra/destra ben definiti.
In nessun altro momento della sua crescita l’embrione subirà una trasformazione tanto radicale.
La gastrulazione inizia con la formazione di una rientranza chiamata stria primitiva, che si forma sul disco piatto quando l’embrione ha circa 15 giorni.
Sopra la stria si forma una piccola struttura detta nodo che produce i fattori di crescita che segnalano alle cellule di separarsi da quelle vicine, di moltiplicarsi e muoversi verso la stria.
Le cellule nell’embrione che si trova in questa fase sono molto sensibili alla forza dei fattori di crescita del nodo.
Quelle più vicine al nodo ricevono il segnale più forte, che le induce ad attivare i geni che le fanno diventare uno specifico tipo di cellula.
Le altre, che si trovano al bordo dell’embrione, ricevono un segnale più debole e questo fa si che attivino altri geni diventando un altro tipo di cellula. “Già il solo essere a distanza di un paio di diametri di cellula, può determinare una grande differenza nell’espressione genetica”, dice O’Shea.
Dirette dal nodo, le cellule si muovono verso il basso ed attraverso la stria, per rinascere dall’altro lato come endoderma (strato interno dell’embrione) o mesoderma (strato medio).
Una volta che saranno composti i due strati interni il nodo invierà un segnale diverso alle cellule rimanenti le quali, invece di passare attraverso la stria, formeranno lo strato esterno dell’embrione detto ectoderma.
Una volta passate attraverso la stria primitiva e completata la gastrulazione, non v’è più via di ritorno.
Endoderma, mesoderma ed ectoderma
Ogni cellula embrionale ora è destinata a seguire uno specifico percorso di sviluppo.
Le cellule dell’endoderma formeranno il fegato, il pancreas e il tratto gastrointestinale.
Le cellule del mesoderma sono destinate a divenire cellule del cuore e dei vasi sanguigni, delle ossa, dei muscoli e dei reni.
L’ectoderma diverrà sistema nervoso centrale e periferico, organi sensoriali, pelle e peli.
Dato che la matrice di tutti gli organi viene stabilita durante la gastrulazione, questo è il momento in cui l’esposizione ad alcol, droghe, virus e chimica tossica può avere effetti catastrofici sull’embrione.
Dalla terza all’ottava settimana, mentre gli organi sono in formazione, l’embrione sarà vulnerabile ai danni.
Anche se non letale, il risultato può essere una vita di disabilità per un bambino nato con sindrome alcolica fetale o spina bifida.
Saperne di più su ciò che accade a un embrione umano durante il suo pericoloso viaggio dalla fecondazione alla gastrulazione potrebbe aiutare i ricercatori a capire cosa provoca i difetti di nascita e forse persino a trovare modi per prevenirli o correggerli.
La ricerca per comprendere come si sviluppa l’embrione potrebbe essere utile anche alla salute degli adulti.
Gli scienziati stanno solo iniziando a capire in che modo gli errori durante l’embriogenesi possono avere conseguenze per tutta la vita in forma di malattie come il cancro, di difetti cardiaci congeniti e della sindrome di Down, che inizia quando qualcosa va storto durante i primi 21 giorni di vita dell’embrione.
Ringrazio l’Università del Michigan per le preziose ricerche condotte su questo straordinario argomento.
Carlo Makhloufi Donelli
Di questi argomenti abbiamo parlato anche qui:
https://giornalismolibero.com/le-cellule-possono-essere-immortali-e-noi/