Si fa un tanto parlare di siccità, di fiumi in secca – come le innumerevoli fotografie farlocche del nostro Po, trasmesse dai notiziari ogni sera e puntualmente smentite da solerti cittadini che postano video, nei quali si vede il grande fiume scorrere tranquillamente, come più o meno sempre in questi periodi siccitosi – di ghiacciai scomparsi e di assenza di neve sulle montagne, ma puntualmente non si fa assolutamente nulla per porre rimedio a quella che potrebbe rivelarsi veramente una catastrofe globale.
Perché è assolutamente sicuro che, senza luce o benzina per andare in auto, si può in qualche modo campare, ma senza acqua credo che sia veramente arduo poter sopravvivere, anche perché l’acqua è fondamentale per il ciclo alimentare con il quale, alla fine, ci sfamiamo.
Leggendo alcuni report di cui posto la fonte, si apprendono delle cose realmente interessanti circa le possibilità che altri paesi – circa 170 nell’intero mondo – stanno sfruttando sempre di più per sopperire alla penuria di acqua dolce da poter utilizzare quotidianamente.
Uno di questi sistemi – visto che la Terra, per 4/5, è composta da acqua – è quello di desalinizzare l’acqua di mare, al fine di poterla successivamente utilizzare per tutte le necessità umane, da quelle industriali a quelle agricole, per finire all’utilizzo come acqua da bere.
Ora, questo procedimento, come del resto qualsiasi tipo di lavoro sulla faccia della Terra, presenta delle oggettive complicazioni, che potrebbero rallentarne l’utilizzo e la diffusione ma, viceversa, presentano anche dei benefici di assoluto interesse, come la soddisfazione di qualsiasi necessità idrica si possa avere.
Un impianto di dissalazione dell’acqua marina di nuova generazione, attualmente, produce circa 200 milioni di litri di acqua dolce – potabile, per intendersi – al giorno, che possono essere tranquillamente destinati a qualsiasi uso, dall’irrigazione dei campi, alle lavorazioni industriali e all’uso umano.
Per converso, da studi eseguiti dall’Onu negli scorsi anni, è dato sapere che il consumo annuale pro capite di acqua dolce – comprendendo tutti i possibili utilizzi, da quello industriale a quello casalingo – è di circa 628 metri cubi all’anno, per cui è presto fatto il conto di quanti impianti di dissalazione siano necessari per soddisfare appieno le esigenze di noi umani.
Calcolando di dover dipendere solo ed esclusivamente dall’acqua desalinizzata dagli impianti preposti, ci vorrebbero circa 70.000 impianti a pieno regime, in giro per il mondo, a produrre acqua potabile, mentre, ad oggi, gli impianti – di vecchia e nuova generazione, quindi con rese assolutamente differenti gli uni dagli altri – ce ne sono circa 16.000.
È del tutto ovvio che questo conteggio è basato solo sull’ipotesi di utilizzare esclusivamente questo tipo di acqua, ma sappiamo tutti, perfettamente, che di acqua dolce sulla Terra ne esiste moltissima e, quindi, non sarebbe necessario arrivare a questi estremi.
Basterebbe, prendendo in esame il nostro paese, mettere mano alla rete idrica di cui disponiamo che, come tutti sono d’accordo nel dire, cade letteralmente a pezzi ed ha una dispersione pari circa al 40% dell’acqua che viene immessa nella rete.
Quindi la prima operazione da fare sarebbe quella di porre rimedio a questa assoluta “pecca”, assolutamente tipica del nostro paese, e solo dopo fare delle attente valutazioni circa la costruzione di impianti di desalinizzazione sul nostro territorio, specialmente in quelle località che, storicamente, soffrono maggiormente la siccità, come Sicilia, Sardegna, Calabria, Toscana e isole minori.
Molti avanzano delle perplessità su questi sistemi, in quanto insieme all’acqua dolce, questo tipico processo, ha la tendenza a produrre anche una determinata quantità di “scorie” chiamate, classicamente “salamoia” altamente salinizzata e ricca di componenti che potrebbero essere tossici, come acido cloridrico, cromo, potassio, gesso ed altri componenti metallici, fra i quali pure l’oro.
A queste persone vorrei semplicemente dire di iniziare a svegliarsi e prendere esempio da paesi che sono all’avanguardia rispetto a noi – Emirati Arabi, Arabia Saudita, Quatar, Usa – e che hanno trovato la chiusura del cerchio, per così dire, in quanto hanno trovato la destinazione finale delle cosiddette scorie in diversi settori, dall’acquacoltura all’irrigazione di particolari produzioni vegetali che ben si adattano ad acqua altamente salina, fino alla coltivazione delle alghe che producono la spirulina, che hanno dimostrato un aumento di produzione del 300% grazie a questa particolare tecnica.
Inoltre è possibile, grazie anche ai costanti studi portati avanti da gruppi di lavoro, estrarre determinate sostanze che, poi, vengono riutilizzate in diversi settori lavorativi, se non addirittura nello stesso processo di desalinizzazione, come ad esempio la soda caustica, che serve proprio per lo stesso processo e che, attualmente, viene acquistata.
Risulta del tutto evidente che, se invece di comperarla, la possiamo produrre in loco attraverso il trattamento della salamoia, ne potremmo sicuramente trarre vantaggio, sia economico che di stoccaggio delle scorie o, peggio ancora, sversamento nel mare delle eccedenze.
Alcuni studi hanno determinato che, attualmente, si è riusciti ad avere la produzione di acqua potabile ad un costo assolutamente vantaggioso, e cioè di circa 2-3 € al metro cubo contro, ad esempio, i 13-14 € attualmente necessari per il trasporto via mare alle isole.
Se si pensa che un metro cubo sono 1000 litri, viene automatico il raffronto con quanto noi cittadini paghiamo attualmente l’acqua da bere: in questo caso il costo sarebbe di un terzo di centesimo al litro, se non di meno, mentre quando andiamo al bar o anche al supermercato siamo costretti a sborsare, nella migliore delle ipotesi, una ventina di centesimi per bottiglia da un litro e mezzo.
Ecco che viene spontaneo considerare quanto siano ciechi e assolutamente incapaci i nostri politici nel determinare quali siano le priorità di noi cittadini, specialmente quando si sentono litigare dalla mattina alla sera per assurdità come lo IUS SOLI o lo IUS SCHOLAE o i vari decreti Zan che si ripropongono, puntualmente, ogni due o tre mesi e che, in sostanza, in una crisi emergenziale “vera” come quella che stiamo attraversando, non servono a nessuno se non a loro stessi.
Ultima considerazione è che con le nostre innate ed effettive capacità, sia imprenditoriali che inventive, con a capo della macchina statale delle persone con un briciolo di lungimiranza maggiore, potremo realmente essere uno dei primi paesi al mondo, ma fin quando continueremo ad eleggere dei quaquaraquà qualunque, pescati dalle strade o dai bar, il nostro destino come nazione non potrà mai cambiare.
https://www.focus.it/ambiente/ecologia/dissalatori-di-acqua-di-mare-e-salamoie
https://www.linkiesta.it/2015/01/come-funziona-il-dissalatore-dei-record-di-san-diego/