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L’universo e le nostre illusioni

Cielo stellato

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Da sempre sono stato appassionato di fantascienza e di tutto ciò che riguarda l’universo, e da circa vent’anni studio astronomia, astrofisica e fisica applicata cercando di “capire” tutto ciò che ci circonda.

Proprio per questo motivo, non riesco a capacitarmi di come sia possibile che ogni giorno compaiano su canali specializzati, su giornali di settore, piuttosto che in trasmissioni tipo Focus o simili, articoli e programmi che avanzano le ipotesi più strampalate circa la futura colonizzazione di altri pianeti e, con molta probabilità, del nostro “vicino”, per così dire, Marte.

Nel passato ho già avuto modo di occuparmi di questi argomenti con dovizia di particolari, e fornendo quelle che, a parer mio, sono le spiegazioni più semplici da dare, al fine di sondare la reale impossibilità, per l’essere umano, di avventurarsi in tali ipotetiche colonizzazioni, per lo meno in tempi relativamente rapidi.

Per dare una ulteriore spiegazione, maggiormente specifica, sulle motivazioni che mi portano ad escludere quasi totalmente una simile possibilità, ovvero di colonizzare Marte, rendendo la vita dell’uomo possibile su quell’immenso ed arido deserto, bisogna iniziare a capire cosa effettivamente sia Marte e perché ci siano delle difficoltà così insuperabili per fare ciò che desideriamo.

Aprendo una piccola parentesi, vorrei specificare che il trasferimento di una buona fetta di popolazione sul pianeta Marte o, comunque sia, su un “altro” astro celeste vicino a noi – penso, magari, a qualche luna di Giove, come Europa o Io, se non addirittura su uno dei satelliti di Saturno dal nome molto significativo, e cioè Titano – penso che racchiuda in sé non solo un mero desiderio dell’umanità, ma una vera e propria necessità, sia per il sovraffollamento del nostro pianeta, sia perché il nostro Sole è destinato, senza ombra di dubbio, anche se in tempi molto lunghi rispetto alla normale vita dell’uomo, ad espandersi, con relativo aumento progressivo delle temperature sulla superficie terrestre.

Venendo al pianeta rosso, innanzitutto, va detto che dista nel punto più vicino a noi, circa 56 milioni di km, e nel punto più lontano oltre 80 milioni di km, per cui, già di per sé stesso, fare un viaggio su Marte implicherebbe la necessità di fare dei calcoli astronomici assai precisi, e solo in alcuni periodi dell’anno: addirittura, alle volte, bisogna aspettare oltre un anno per far sì che la “finestra” di avvicinamento alla minore distanza sia presente.

In secondo luogo va considerato che sulla superficie di Marte il nostro peso corporeo è di circa 1/3 rispetto a quello che avremmo sulla terra, dovuto alla sua minor pressione atmosferica – atmosfera praticamente inesistente e composta, per la maggior parte, di biossido di carbonio – e alla sua assente forza di gravità; inoltre, le temperature oscillano fra i -70° e i -30° Celsius, con delle eccezioni nelle zone equatoriali, e per brevissimi periodi.

Per questi motivi, la nostra vita su Marte dovrebbe essere fatalmente limitata a rimanere chiusi in strutture apposite, fornite di pressurizzazione e di costante esercizio fisico per compensare gli effetti negativi delle differenze con il nostro pianeta.

La possibilità di uscire allo scoperto verrebbe assicurata con tute spaziali pressurizzate e riscaldate, cosa, del resto, abbastanza semplice, ma per ovvi motivi non potrebbe assolutamente superare dei limiti temporali particolari, in quanto il nostro corpo, dopo un particolare tempo passato in tali condizioni, ne risentirebbe drasticamente.

E sono pure convinto che anche il solo permanere nelle “ipotetiche città” marziane, con tutti gli accorgimenti necessari ad ovviare alle differenze di pressione e di gravità, alla lunga potrebbe portare a delle complicazioni di ordine sia fisico che psicologico.

Altro problema molto serio e strettamente legato alla “mancanza” sostanziale di atmosfera, è l’incessante bombardamento di particelle solari che i nostri corpi dovrebbero subire di continuo, per cui sarebbero necessari degli scudi appositi, sia per le città o case, che dir si voglia, sia per le persone che dovessero andare al di fuori delle strutture per lavorare.

Ma uno dei maggiori problemi che dovremmo affrontare per dei viaggi di oltre 6 mesi nello spazio, al fine di arrivare a destinazione, sempre che non si riesca a costruire delle enormi astronavi circolari che simulano la gravità terrestre, il nostro corpo perderebbe inesorabilmente circa il 2% di massa ossea ad ogni mese passato nello spazio, facendoci così arrivare a destinazione con una mancanza di circa il 12-15% di massa ossea, il che, sotto qualsiasi aspetto lo si voglia analizzare, non penso che sia il massimo per un astronauta che si è appena fatto sei mesi di viaggio nello spazio.

Come succede per gli astronauti di lungo periodo che lavorano all’interno della I.S.S., quando tornano sulla terra dopo periodi di 3 o 4 mesi passati nello spazio, hanno necessità di lunghi periodi di riabilitazione, e grazie al fatto che si ritrovano sulla Terra e non su un pianeta totalmente differente, per cui, arrivando su Marte in tali condizioni, non sarebbero assolutamente in grado di espletare le funzioni per le quali sono stati mandati lì.

E non è finita, perché i problemi che ci si presenterebbero all’arrivo sul pianeta Rosso sarebbero appena iniziati, poiché è del tutto vero o, per lo meno, plausibile, che nel lontano passato del pianeta ci fosse acqua allo stato liquido, ed è altrettanto vero che pure oggi il prezioso liquido è presente allo stato ghiacciato – in prossimità delle calotte polari –, ma è pur vero che il pianeta non dispone né di una tettonica vera e propria (figuriamoci se avesse una tettonica a zolle) e il suo nucleo, per quanto possa essere allo stato liquido e ad alte temperature, non è sufficientemente caldo e movimentato per poter permettere la presenza di un campo magnetico simile a quello della nostra Terra.

In tale modo si spiega come mai il pianeta non riesca a trattenere la sua sottilissima atmosfera e perché non ci sia modo di poterne ricreare una, a meno che…

A meno che, come già nel passato è stato avanzato da molteplici scienziati, e proprio in questi ultimi anni alcuni di loro stanno lottando strenuamente per poter mettere in piedi un simile progetto, non si provi a “Terraformare” Marte.

È stata avanzata l’ipotesi di costruire sulla superficie del pianeta degli appositi macchinari che, bruciando ed elaborando alcune sostanze presenti in grande quantità sulla superficie del pianeta stesso – fluoruri e la stessa anidride carbonica – in tempi abbastanza rapidi, cioè di qualche decina di anni, si potrebbe ottenere un innalzamento della temperatura di 10 o più gradi, innescando, di conseguenza, la fuoriuscita sotto forma di gas, dell’abbondante anidride carbonica presente nel suolo marziano e, quindi, dando luogo ad un processo automatico ed esponenziale di innalzamento delle temperature.

Con il conseguente innalzamento delle temperature, l’acqua presente sia nel sottosuolo, sotto forma di ghiaccio, che nelle calotte polari, si discioglierebbe, dando vita di nuovo a mari e fiumi che parteciperebbero alla modifica sostanziale dell’intero pianeta.

In seguito, si potrebbe pensare di inserire, all’interno di questo nuovo ecosistema, microorganismi particolari – come, ad esempio, dei cianobatteri – per far sì che, piano piano, si possa ricreare un ambiente ricco di flora, che verrebbe a ritrovarsi in un paradiso, in quanto ricco di anidride carbonica e, sostanzialmente, unici beneficiari di tanta abbondanza.

Ci sono alcuni calcoli, modestamente ottimistici, che parlano di un periodo oscillante fra i 50 e i 100 anni per poter trasformare drasticamente la superficie del pianeta e renderla più abitabile per l’essere umano, ma, personalmente, credo che ciò non sia fattibile, in quanto in tutto questo fantascientifico progetto non si tiene conto del problema maggiore che presenta Marte, e cioè della mancanza di un campo magnetico che “trattenga” l’atmosfera, e ciò è dovuto prevalentemente al fatto che non c’è più assolutamente alcuna attività geologica capace di crearne uno.

Il perché non ci sia è ancora allo studio degli scienziati, ma resta il fatto che Marte ha perduto la sua atmosfera e il suo status di pianeta abitabile – e con molta probabilità con presenza di vita – a causa di un qualche evento catastrofico, come lo scontro con un altro planetoide o asteroide di grandi dimensioni, che dir si voglia, che ha causato l’arresto improvviso dell’attività geologica, innescando le conseguenze dovute al vento solare che ben conosciamo.

A mio modesto parere, dato per scontato che qualsiasi sistema che noi si studi e si utilizzi al fine di terraformare Marte richiederebbe, come minimo, un tempo intorno al secolo, come sopra dimostrato, si potrebbero prendere, come dice il proverbio, i classici due piccioni con una fava.

Visto e considerato che il nucleo di Marte è sempre caldo e composto principalmente di ferro, per un diametro di circa 1800 km allo stato presumibilmente viscoso, e calcolando che la sua temperatura possa essere intorno ai 3000 gradi – grazie al ritrovamento di un meteorite, recentemente, è stato calcolato che nel mantello di Marte, fra i 40 e gli 80 km di profondità, la temperatura possa essere intorno ai 1500°C – se tutte le potenze della terra si mettessero d’accordo e bombardassero, con l’intero arsenale nucleare presente sulla terra, le due calotte polari di Marte, con molta probabilità si produrrebbero delle sollecitazioni molto forti sul nucleo e sul mantello, oltre ad un enorme surriscaldamento che potrebbe sicuramente innescare quello che sulla Terra chiamiamo “inverno nucleare”, poiché si formerebbe una spessa coltre di gas e fumi che, è vero, interromperebbero l’irraggiamento solare, ma, in compenso, innescherebbero un terribile effetto serra utile per produrre tutti gli effetti ricordati poco sopra.

Inoltre, con molta probabilità, si riuscirebbe a rimettere in moto l’attività vulcanica del pianeta, che sarebbe il classico toccasana per aumentare a dismisura l’effetto serra e, quindi, ricreare un ambiente che, con il passare degli anni o dei decenni, potrebbe essere adatto per le successive inseminazioni con agenti biologici, i quali darebbero il via al normale ciclo vitale del pianeta.

Con moltissima probabilità, tutta questa attività darebbe quell’impulso necessario al nucleo del pianeta, di modo che si possa riformare un campo magnetico sufficientemente forte da trattenere la nuova atmosfera.

Mi rendo conto che questi possono essere pensieri del tutto fantascientifici, ma, senza ombra di dubbio, o iniziamo a pensare a tali problemi in un’ottica temporale di dimensioni superiori al secolo o, altrimenti, tanto varrebbe smettere del tutto di pensarci e dedicarci a rendere la vita sulla Terra il migliore possibile.

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