Ruanda, Burundi, Uganda, Tanzania, Congo: per moltissimi sono solo ed esclusivamente dei nomi che abbiamo imparato con malavoglia durante le interminabili lezioni di geografia delle medie e delle superiori, e al di là di questo non ci dicono assolutamente nulla, se non per il fatto che appartengono a quello che normalmente i bimbi chiamano “Continente Nero”, e sono localizzati in un luogo non ben precisato nel centro dell’Africa.
Nella realtà, in tutti questi paesi, oggi densamente popolati in funzione specialmente di un tasso di fertilità assai elevato, in abbinata a una quasi inesistente informazione sulla contraccezione, durante gli ultimi due secoli si sono consumati i peggiori genocidi della storia umana, al confronto dei quali ciò che è avvenuto nel XX secolo in Europa è da ridimensionare notevolmente, se non altro per la brutalità che abbiamo potuto osservare in queste nazioni.
Le Radici del Conflitto
La storia del Ruanda è assai complicata e andrebbero fatte delle premesse che pescano addirittura nel XVIII e XIX secolo per poter capire le dinamiche profonde che hanno portato a quello che racconterò di seguito. A parer mio, una delle maggiori responsabilità che vanno assolutamente segnalate è relativa alla connivenza, al disinteresse e alla complicità delinquenziale dell’intero Occidente, Belgio, Germania, Francia e ONU in testa.
L’Impatto del Colonialismo
Infatti, da quando i tedeschi arrivarono in Ruanda e anche nel vicino Burundi alla fine del XVIII secolo, soffiando sul fuoco della differenza razziale fra le due etnie presenti, i Tutsi e gli Hutu (ce ne era anche una terza, ma che ricopriva solo l’1% della popolazione ed erano i TWA), allargarono il malcontento diffuso nella nazione, creando di fatto due etnie ben distinte e nemiche le une contro le altre.
La Struttura di Potere e le Conseguenze
I Tutsi erano fisiologicamente molto differenti, essendo più chiari, alti e con nasi affilati, mentre gli Hutu erano più bassi e più scuri, per cui considerati quasi dei paria in confronto all’aristocrazia emanata dai Tutsi. Questi ultimi avevano la gestione del potere, facevano parte della classe benestante della popolazione e possedevano la maggior parte delle terre, delle merci e del bestiame di tutta la nazione, mentre gli Hutu erano relegati a semplici lavoratori e sostanzialmente esclusi dalla vita pubblica del paese.
Su queste differenze continuarono a operare anche i belgi, che si sostituirono ai tedeschi alla fine del XIX secolo. Quando arrivarono nel paese, iniziarono a dialogare con il gruppo al potere, i Tutsi, e grazie a manovre di falsificazione dei dati storici tese a far risalire l’origine dei Tutsi a popoli “camitici” – di provenienza caucasica, in sostanza – espropriarono gli Hutu della loro religiosità e partecipazione alla vita pubblica e di comando del paese.
Nel 1959 ci fu un tentativo di colpo di stato ad opera degli Hutu, che si ribellarono allo strapotere Tutsi e della monarchia, sterminando oltre 100.000 Tutsi e costringendo la loro fuga nel vicino Burundi e Uganda, con il che si arrivò all’accordo del 1961 e alla conseguente indipendenza dell’anno successivo. Da quell’anno e fino al 1994 si sono susseguiti una serie quasi interminabile di colpi di stato, eccidi e ribaltamenti di fronte che portarono non solo alla morte di oltre 300.000 persone e al coinvolgimento delle nazioni vicine – Burundi, Uganda e Tanzania – dove gli eccidi continuarono anche in tali paesi, ma anche allo sfollamento di oltre 1 milione di Tutsi dallo stesso Ruanda.
E poi, nel 1994, ed esattamente il 6 di aprile, in seguito all’abbattimento dell’aereo presidenziale con un missile terra-aria e alla morte del presidente Juvenal Habyarimana, che era di ritorno con il suo omologo del Burundi, Cyprien Ntaryamira, ebbe inizio quello che le cronache del nostro mondo dovranno ricordare come il fatto più abietto che l’uomo possa anche solo pensare.
Iniziò un vero e proprio sterminio programmato: era da molto tempo che gli Hutu avevano pianificato il genocidio dei Tutsi, credendo che l’unico modo per risolvere i problemi fosse quello di sterminarli tutti quanti. Questo fu attuato da parte dell’esercito regolare e da parte di miliziani armati di AK-47, granate e, soprattutto, di machete, con i quali, nell’arco di soli 100 giorni, decapitarono, seviziarono e massacrarono, secondo le stime ufficiali, quasi 1 milione di persone, per la maggior parte Tutsi, ma anche Hutu ribelli che si erano uniti ai nemici tanto odiati.
L’Intervento Internazionale e la Negligenza
Per capire la situazione in quei frangenti, riporto un passaggio di un fax inviato all’ONU dal generale canadese Dallaire, al comando delle forze dell’UNAMIR di stanza in Ruanda, che vale più di mille congetture e disquisizioni: “Dal momento dell’arrivo dell’UNAMIR, (l’informatore) ha ricevuto l’ordine di compilare l’elenco di tutti i Tutsi di Kigali. Egli sospetta che sia in vista della loro eliminazione. Dice che, per fare un esempio, le sue truppe in venti minuti potrebbero ammazzare fino a mille Tutsi. (…) L’informatore è disposto a fornire l’indicazione di un grande deposito che ospita almeno centotrentacinque armi… Era pronto a condurci sul posto questa notte, se gli avessimo dato le seguenti garanzie: chiede che lui e la sua famiglia siano posti sotto la nostra protezione.”
Lo stesso Boutros-Ghali, segretario dell’ONU, venne accusato apertamente dal Guardian americano di connivenza con i genocidiari, in quanto facilitò l’invio di 18 milioni di sterline di armi al potere Hutu, sotto forma di lanciarazzi, granate, fucili, missili e munizioni, partecipando così di fatto allo sterminio che seguì.
Alla fine di questi avvenimenti, conclusisi nel luglio del 1994, ci furono ulteriori eccidi grazie alle vendette trasversali messe in atto dall’RPF vittorioso – Fronte Patriottico Ruandese – che determinò anche l’emigrazione frettolosa di oltre 1 milione di Tutsi e Hutu ribelli, i quali avevano giustamente paura delle ritorsioni contro loro e le loro famiglie.
La Memoria e il Riconoscimento
Ma i fatti che più hanno colpito me e molti di coloro che hanno potuto vedere qualche film narrante tali vicende – Hotel Ruanda, Accadde in Aprile, ecc. – è il fatto che sia i francesi che i belgi si disinteressarono totalmente a queste atroci vicende, pensando solo ed esclusivamente a salvare quanti più connazionali fosse possibile, lasciando l’intera popolazione Tutsi in balia dei loro macellai.
Tanto per far capire quale bestialità fosse stata messa in atto in quell’epoca, basti pensare che viene citato in uno dei film sopra indicati il fatto che circa 1000 persone vennero chiuse in una chiesa e bruciate vive dai miliziani Hutu, solo per risparmiare munizioni. Anche le reazioni di tutto l’Occidente furono assai tiepide, attraverso una serie di contraddizioni eclatanti, come il veto degli USA nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e il fiancheggiamento degli sfollati Hutu da parte dell’esercito francese. Mai è stato apertamente riconosciuto che i fatti avvenuti in Ruanda nella prima metà del 1994 possono giustamente essere ricordati come uno dei punti più bassi in cui è arrivata l’umanità.
Riflessioni Finali
E quello che profondamente mi dispiace constatare è non tanto che se ne parli poco e che la maggior parte delle persone non conosca i fatti narrati, ma il concetto che, essendo un paese dell’Africa profonda, non sia da considerare al pari dei genocidi simili commessi in Europa o, in buona sostanza, nei paesi cosiddetti “civili e democratici”.
Per fare un paragone, mentre per i crimini commessi dai nazisti nella Seconda Guerra Mondiale tutto il mondo ne parla da 80 anni e la maggior parte delle nazioni cosiddette civili hanno istituito giornate nazionali della memoria e manifestazioni a profusione – nessuno sindaca sulla più o meno giustizia di ciò – per lo sterminio di oltre 1 milione e mezzo di persone (calcolando gli eccidi avvenuti nei colpi di stato dei precedenti 30 anni), non solo non ci sia il benché minimo ricordo condiviso, ma non se ne parla nemmeno nelle scuole.
E questo è assolutamente vergognoso.