"anche il nulla è pur sempre qualcosa"
Anche il nulla è pur sempre qualcosa

Freedom Flotilla: sequestrata in acque internazionali la nave Madleen

Tabella dei contenuti

Israele ignora il diritto internazionale

Nel cuore della notte del 9 giugno 2025, la nave Madleen, appartenente alla Freedom Flotilla Coalition, è stata intercettata e sequestrata da forze israeliane in acque internazionali. A bordo vi erano dodici attivisti, tra cui l’ambientalista Greta Thunberg, l’europarlamentare franco-palestinese Rima Hassan e l’attivista spagnolo Sergio Toribio. La missione, interamente pacifica, era diretta a Gaza per consegnare aiuti simbolici e denunciare l’assedio disumano imposto alla popolazione palestinese.

Israele, ancora una volta, si è comportato come uno stato criminale, violando le leggi del mare e trattando attivisti civili come minacce militari. L’episodio ha sollevato proteste internazionali, ma il silenzio colpevole delle istituzioni europee resta assordante.


Una missione umanitaria criminalizzata da Tel Aviv

La Madleen era salpata da Catania il 1° giugno, carica di beni di prima necessità e di un messaggio forte: la comunità internazionale non può più restare a guardare mentre Gaza viene ridotta a una prigione a cielo aperto. Il sequestro della nave, avvenuto in acque internazionali, è un atto che contravviene apertamente al diritto marittimo internazionale e costituisce un’aggressione contro cittadini europei ed attivisti disarmati.

Tel Aviv ha giustificato l’azione affermando che la missione fosse “una provocazione a favore di Hamas”. In realtà, essa rappresentava una delle poche voci libere rimaste in un panorama globale sempre più intimidito e complice. La criminalizzazione dell’aiuto umanitario è l’ennesimo sintomo del collasso morale di un regime divenuto insostenibile.


Uso della forza e silenzio istituzionale

Secondo le testimonianze dei familiari e dei pochi contatti ricevuti, la marina israeliana ha utilizzato droni e sostanze chimiche per dissuadere l’equipaggio, prima di abbordare con la forza la nave e sequestrare i presenti. Nessuno dei dodici passeggeri è stato ferito, ma sono stati tutti ammanettati e trasferiti al porto israeliano di Ashdod.

Nel frattempo, l’Unione Europea si limita a esprimere “preoccupazione”, evitando ogni atto concreto. Le dichiarazioni di principio non servono più: il blocco di Gaza è un crimine contro l’umanità, e ogni azione contro chi prova a spezzarlo, va considerata complicità con il crimine stesso.


Gaza: un popolo in ginocchio tra silenzio e apartheid

La Freedom Flotilla Coalition da anni cerca di rompere l’assedio di Gaza con mezzi pacifici. Ogni sua azione viene però sistematicamente repressa con violenza dallo Stato israeliano. Gaza è da più di un decennio sotto embargo, senza acqua potabile, senza elettricità stabile, senza libertà.

L’occupazione israeliana si mostra per quello che è: una macchina bellica di oppressione e annientamento del popolo palestinese, ormai senza nemmeno più il pudore di mascherarsi. La comunità internazionale, ipocritamente pronta a intervenire altrove in nome dei diritti umani, ignora la sistematica distruzione della vita a Gaza.


Un grido di libertà che non può essere fermato

La Madleen era, prima di tutto, un simbolo di resistenza civile nonviolenta. Non trasportava armi, né miliziani. Trasportava coscienze, verità, desiderio di giustizia. Israele non può accettare questo perché la verità è la sua nemica più grande. Arrestare attivisti non serve a fermare l’eco del loro messaggio: Gaza ha diritto alla vita, alla libertà, alla dignità.

La storia giudicherà duramente questi atti. E i nomi dei dodici coraggiosi della Madleen saranno ricordati molto più a lungo dei ministri guerrafondai che hanno ordinato l’assalto.


Chi sono gli attivisti detenuti?

Tra i membri dell’equipaggio sequestrato figurano voci simboliche della coscienza globale. Greta Thunberg ha più volte espresso la necessità di includere la giustizia climatica e la giustizia sociale in un unico orizzonte. Rima Hassan, in quanto europarlamentare e donna palestinese, rappresentava l’anello di congiunzione tra istituzioni e popolo. La loro detenzione è un chiaro messaggio: nessuno è al sicuro se osa difendere i diritti dei palestinesi.


Conclusioni: il diritto alla resistenza pacifica

Ogni popolo ha diritto alla libertà. Ogni individuo ha diritto a denunciare le ingiustizie. E chi decide di farlo con mezzi nonviolenti, navigando per mare verso una terra occupata e ferita, merita rispetto e protezione.

Il sequestro della Madleen dimostra che Israele non teme la guerra: teme la verità. Teme gli occhi del mondo puntati sul suo apartheid. Teme la solidarietà internazionale. Ma ogni azione di forza, ogni sequestro, ogni arresto, non farà altro che alimentare il fuoco della resistenza e della consapevolezza globale.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy: