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Figli di rambo

Rambo

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Attraverso le infinite discussioni che mi capita di fare ogni giorno in ogni dove con amici, conoscenti o via social, rispondendo ai vari commenti sugli articoli scritti, mi sto accorgendo sempre di più di quanto sia stata profondamente assorbita, dalla popolazione tutta, la “psicologia di massa” che gli Americani hanno messo in atto negli ultimi decenni.

Con questo, non voglio assolutamente sostenere che dietro a tutto ciò ci sia un preciso disegno “oscuro e malvagio” di influire sulla psiche delle masse, sebbene, con molta probabilità, un filo conduttore possa essere intravisto in tutto ciò, ma fa parte dell’essenza stessa del popolo americano il dipingersi in un certo modo e voler passare per quello che, sostanzialmente, non è.

Per dare una maggior chiarezza a quanto sto dicendo, basti pensare al messaggio, univoco e sempre uguale, che è passato attraverso le ormai famose pellicole cinematografiche dei vari “Rambo”, piuttosto che di “Full Metal Jacket” di Stanley Kubrick e si capirà, in sostanza, quale sia il pensiero unico del popolo americano in relazione alle loro guerre e agli interventi militari in giro per il mondo.

Nemmeno tanto celato, viene fuori che “loro” sono sempre e comunque i buoni e che combattono per la “libertà mondiale” e per “esportare la democrazia” in giro per il mondo – una volta nel Vietnam e un’altra nell’Afghanistan – solo ed esclusivamente per tutelare tutti quanti i popoli liberi del mondo, colpendo i “cattivi” di turno, che tengono soggiogati i poveri cittadini.

A tutti quanti possono sembrare solo ed esclusivamente dei semplici film di intrattenimento, ma vi posso garantire che uno stillicidio così martellante, continuamente ripetuto per due o tre decenni, porta, senza ombra di dubbio, alla coscienza diffusa che si può rilevare oggigiorno nei pensieri e nelle parole della gente comune, e addirittura nei commenti che si sentono ripetere, fino alla nausea, nei vari programmi televisivi.

Per avere un minimo di cognizione della reale influenza che tali film possano avere sul sentire comune, basti pensare al danno che è stato fatto fin dal dopo guerra con la cinematografia made in Usa a proposito della popolazione dei nativi indiani delle americhe.

Per oltre 20 anni gli indiani sono stati dipinti come gli sporchi selvaggi, cattivi e crudeli, che torturavano ed uccidevano i “buoni”, ovvero i coloni bianchi, che avevano la sola colpa di voler vivere tranquillamente in una nuova terra promessa.

Probabilmente tutti quanti voi avete ancora nelle orecchie il famoso suono delle trombe del 7° cavalleria che preannunciava l’atteso arrivo “dei nostri” per uccidere i “cattivi” indiani e liberare, così,  i poveri coloni, vicini ad essere sopraffatti dalle orde indiane.

Per riuscire a sfatare, e non del tutto, questo “status” psicologico, abbiamo dovuto attendere l’uscita di una famosa pellicola del 1970, diretta da Ralph Nelson, “Soldato Blu” che, per la prima volta nella storia cinematografica d’oltre oceano, ribaltava il punto di vista sugli “indiani cattivi”, rendendoli improvvisamente “buoni” e, quindi, modificando sostanzialmente il messaggio psicologico che si voleva mandare al pubblico sornione.

Da lì in poi le pellicole “buoniste” si sono sprecate, iniziando a dipingere gli Indiani per quello che realmente sono stati, e cioè dei popoli tranquilli con, ovviamente, tutti i difetti dell’essere umano, ma che non davano fastidio a nessuno e che, nel giro di poco più di un secolo, sono stati letteralmente sterminati.

La motivazione per la quale i messaggi subliminali dell’industria cinematografica hanno iniziato ad essere differenti dal mantra del “pensiero unico” che la faceva da padrone fino ai ’70 è che, ormai, il “problema indiano” era stato risolto definitivamente, avendoli sterminati praticamente tutti, e che, quindi, anche se passava il messaggio che fossero stati ingiustamente cacciati via dalle loro terre, nessuno avrebbe potuto farci più nulla e, soprattutto, nessuno avrebbe “pagato” per i crimini commessi più di un secolo prima.

Ovvero la macchina propagandistica americana, nella sua impudenza ed arroganza, è praticamente perfetta, poiché, senza che quasi nessuno se ne accorga, “prepara” il pensiero delle masse a quanto, poi, il potere politico si prepara a fare, incurante, nel modo più assoluto, se si tratti di sterminare delle popolazioni autoctone che non danno fastidio a nessuno, piuttosto che un popolo inerme, “invaso” da un feroce dittatore, criminale di guerra con mire espansionistiche.

Così è stato per il Vietnam, per l’Afghanistan, per l’Iraq di Saddam Hussein e, oggi, per l’Ucraina, senza scordarci dell’immagine che ci è stata regalata del “cattivo Orso Sovietico“, attraverso le innumerevoli pellicole che hanno trattato l’argomento durante il periodo della guerra fredda, fin dal famoso “incidente” del 1962, quando l’allora presidente degli Usa, Jhon Fitzgerald Kennedy, evitò di un soffio lo scoppio della terza guerra mondiale, impedendo l’installazione dei missili nucleari a Cuba.

Come ho detto poco sopra, non c’è un disegno preciso dietro a tutto questo, ma è la normale prassi americana “supportare” le azioni politiche e militari dei propri comandanti attraverso una sistematica propaganda, sia essa esplicitata sulle pagine dei media classici – giornali e televisioni – o attraverso la produzione cinematografica classica.

Ed è per questo che noi tutti siamo, drasticamente, figli di Rambo, nel senso che questa prassi è, ormai, così consolidata, e direi “perfetta” nel suo “modus agendi”, che nessuno, o quasi, riesce ad accorgersi degli effetti psicologici a lungo termine che vengono innescati automaticamente nella popolazione tutta.

E questa cosa continuerà ad essere, fintanto che non ci renderemo conto, una volta per tutte, che il vero male, alla base di tutto questo, deriva proprio dalla concezione che hanno di loro stessi e del ruolo nel mondo degli Americani.

Fino a quando non ci renderemo conto che dobbiamo affrancarci definitivamente dalle continue, prepotenti, ingerenze Statunitensi nelle questioni militari, sociali e politiche dell’intero mondo, non potremo sicuramente avere pace.

È del tutto ovvio che il male non sta, come sempre, da una sola parte, ma se si prende ad esempio l’ormai millenario problema che siamo costretti ad osservare quotidianamente, e che si svolge nel Medio Oriente, fra Israele e i Palestinesi, state pur certi che se non ci fossero gli interessi Americani dietro a tutto questo, e la loro pesante ingerenza, nonché supporto allo stato di Israele, con molta probabilità, il tutto si definirebbe nell’arco di qualche decennio.

È ovvio che oggi, ormai, la situazione, anche in questo teatro di guerra, si è andata ad incancrenire al di là di ogni possibile soluzione, ma sempre e comunque, questo è avvenuto con il fondamentale intervento delle potenze occidentali, nel lontano ’47, con la creazione arbitraria di uno Stato inesistente sulla carta geografica, e “rubando”, di fatto, la terra a dei popoli che abitavano in quei luoghi da oltre 2000 anni.

È del tutto ovvio che tali popoli non ci sono stati, ed hanno iniziato a protestare sempre più pesantemente per questi abusi e furti, perpetrati a loro danno, fino ad innescare una guerra che, sostanzialmente, dura ormai da oltre 70 anni.

E se si considera che tutto ciò viene supportato e accompagnato da una campagna mediatica martellante e unidirezionale, come quella alla quale stiamo assistendo oggi, ci si può facilmente rendere conto degli effetti sull’immaginario collettivo che ciò può portare.

Infatti, oggi basta parlare con qualsiasi persona per strada o in un bar, o attraverso i social, e si capisce immediatamente quanto l’influenza dell’agire americano abbia sul pensiero del popolo e, in pratica, quanti danni si stanno causando, solo ed esclusivamente per “andare dietro” alla infinita arroganza degli Stati Uniti.

Nella lettura degli avvenimenti odierni a proposito della situazione Russia-Ucraina, consideriamo che tutto ciò è  figlio di una scelta precisa fatta dagli Americani e dagli Inglesi nel 1941, ovvero di sostenere l’Unione Sovietica piuttosto che la Germania, ben sapendo che, con molta probabilità, il problema, in questo modo, lo si rimandava alle generazioni future senza risolverlo, non si può fare altro che ridere amaramente.

Del resto lo stesso Churchill, a domanda precisa, rispose, con molta franchezza, che il problema “Unione Sovietica” lo avrebbero risolto i loro figli 50 anni più tardi, ma che, nel momento, il problema era Hitler e che, quindi, la scelta diventava obbligata.

Ed è proprio da questo modo di pensare che, nei successivi 50 anni, si è messo in atto il classico processo di “addomesticamento psicologico”, attraverso la cinematografia mondiale – e non solo – al fine di “modificare” il comune sentire delle popolazioni e renderle più malleabili e permissive verso le azioni militari che si sarebbero andate a preparare negli anni futuri.

Ed ecco perché tutti quanti noi siamo, molto semplicisticamente parlando, figli della cultura di Rambo.

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