Le cause
Da che mondo è mondo, quando una popolazione non trova di che sostentarsi nel proprio paese, per cambiamenti climatici avversi o per, con maggior probabilità, condizioni di vita impossibili, determinate da cattive politiche o da repressioni, ha sempre cercato maggior fortuna in altri paesi, attraverso l’emigrazione.
Un po’ di storia
Dopo la scoperta del nuovo mondo, praticamente l’intero vecchio continente ha contribuito all’emigrazione in massa, al fine di ricercare miglior fortuna in questa “Eldorado” scoperta oltre oceano e, come succede spesso per tutte le emigrazioni che la nostra vecchia terra ha potuto vedere, non emigravano di certo i benestanti o coloro che in patria occupavano dei posti di rilievo ma, viceversa, le fila degli emigranti erano sempre composte, per la maggior parte, dalla frazione più povera della nazione dalla quale partivano.
E, naturalmente, all’interno di queste masse di emigranti che, ad onor del vero, non avevano, con molta probabilità, alcuna colpa per le loro condizioni miserevoli, si annidavano, confondendosi, una buona parte di personaggi di dubbia reputazione, se non proprio dei veri mascalzoni.
La storia del secolo scorso è piena di esempi che la nostra cinematografia continuamente ci ricorda, a partire dal cancro esportato direttamente in U.S.A. dal nostro paese, la Mafia, o altri esempi di delinquenza provenienti un po’ da tutte le parti del nostro mondo, come la Jakuza Giapponese, la Mafia Cinese, se non, addirittura, quella Russa, e potrei andare avanti a lungo, elencando tutte le miriadi di bande create nel nuovo continente.
Non, con questo, che voglia sostenere il fatto che gli U.S.A. siano abitati solo ed esclusivamente dalla feccia della Terra, anche perché sarebbe assolutamente improprio sostenerlo, visto e considerato le numerose eccellenze che, in tale paese, hanno avuto modo di esprimersi al meglio rispetto al paese di origine.
Ma, come è facilmente immaginabile, quando ci sono dei fenomeni di tale portata, è del tutto naturale che succedano simili mescolamenti, in quanto sarebbe del tutto impossibile “controllare” ogni persona che si muove in giro per il Mondo (anche se, onestamente, penso che uno dei disegni del New World Order sia proprio questo) e considerando che, ad oggi, abbiamo superato la soglia degli 8 miliardi di individui, numero che comprende al suo interno sia il buono che il cattivo.
La situazione attuale
Tuttavia, va detto e riconosciuto che nel 19° e 20° secolo le condizioni generali del mondo e, sopratutto dei nascenti Stati Uniti d’America, erano sostanzialmente differenti dall’oggi, e la popolazione mondiale non arrivava, nel suo complesso, al miliardo e mezzo, per cui dei fenomeni emigratori così vasti e corposi potevano ancora essere sostenuti dai paesi ospitanti, ed in special modo da un continente vasto come quello americano, che aveva un bisogno disperato di manodopera.
Oggi le cose sono cambiate drasticamente in quasi tutto il Mondo, sopratutto per l’inarrestabile esplosione demografica dei paesi cosiddetti del “terzo Mondo”, Africa e Asia, che contano rispettivamente circa 1,2 e oltre 4 miliardi di persone.
Il caso africano
Inoltre, con particolare riferimento al continente Africano, e in virtù del drastico cambiamento climatico in atto – dovuto a normali variazioni della nostra Terra, e non di certo all’azione dell’uomo – in tale luogo le condizioni di vita si stanno progressivamente deteriorando sempre di più, e viverci diventa sempre più difficile per chiunque.
Se a tutto ciò aggiungiamo che in una buona metà dei paesi africani si susseguono governi più o meno dittatoriali e repressivi, intenti solo ed esclusivamente a farsi i propri interessi a discapito delle popolazioni residenti o, peggio ancora, a farsi guerra gli uni contro gli altri (per questioni razziali, di predominio o solo per alleanze con una o l’altra delle grandi potenze mondiali), si può ben capire come mai le popolazioni autoctone tendano a scappare verso quello che, ai loro occhi, assomiglia sempre di più ad una terra promessa: l’Occidente.
Solo per darvi conto, in linea generale, della situazione africana, vi basti pensare che dal 1960 ad oggi sull’intero territorio non c’è stato un anno solo durante il quale non ci fossero meno di 14 guerre contemporaneamente, e questo la dice molto lunga sulla reale situazione delle popolazioni residenti e sul loro modo di vita obbligato.
Dopo questo lungo preambolo, assolutamente dovuto per dar conto dell’esatta situazione mondiale, e in special modo del nostro “vicino” continentale, vorrei analizzare nel dettaglio quello che sta succedendo in questi ultimi tempi e, sopratutto, il rischio al quale stiamo andando incontro, assolutamente impreparati.
L’Italia
Come tutti possono facilmente ascoltare da qualsiasi telegiornale, attualmente l’Italia ha “dovuto” accogliere all’incirca 30 mila migranti provenienti, per la maggior parte, dalle coste settentrionali dell’Africa – Pakistani, Afgani, Bengalesi, Libici, Nigeriani, e abitanti sub sahariani – e alcune previsioni del nuovo governo indicano che, alla fine del 2023, corriamo il rischio di vederci letteralmente invadere da una massa di persone, pari a circa mezzo milione di esseri umani.
Riprenderò successivamente il discorso relativo alle azioni che dovrebbero essere messe in campo dal nostro governo e dai governi Europei tutti, ma per ora vorrei vedere, innanzi a tutto, se questi calcoli possono essere giusti o se, come personalmente penso, sono molto lontani dalla drammatica realtà che ci sta letteralmente piovendo addosso, con il rischio di sommergerci inesorabilmente.
I tre paesi Nord-Africani dai quali partono, per la maggior parte, i barconi con i loro carichi umani, sono la Tunisia, la Libia e, in qualche parte, anche l’Algeria (sebbene chi parte da questa nazione tenda, per lo più, a dirigersi verso le coste spagnole) e a questi paesi, poi, si deve aggiungere quel traffico di esseri umani provenienti dalle rotte Turche via mare, o da quella che, più comunemente, si chiama “rotta Balcanica” via terra.
TUNISIA
La popolazione residente in Tunisia è di poco superiore ai 12 milioni di abitanti, senza calcolare gli enormi flussi provenienti un po’ da tutta l’Africa, ed è un paese sotto dittatura paramilitare, con a capo Kais Saied, il quale, un po’ per sue specifiche incapacità o interessi di altro genere, insieme al suo governo fantoccio, dopo aver eliminato, di fatto, praticamente tutte le opposizioni, giornali, televisioni e qualsiasi altro organo di propaganda avversaria, non riesce a far decollare l’economia del paese, che si regge quasi esclusivamente su dei prestiti concessi dal FMI (Fondo Monetario Internazionale) di 1,9 miliardi di dollari e che, ovviamente, pretende che vengano attuate delle politiche particolarmente restrittive a fronte di questa concessione.
Di conseguenza, poter sperare nell’aiuto fattivo di questo paese al fine di bloccare o, per lo meno, regolamentare il traffico di migranti provenienti dalle sue coste, è una pura Chimera e, anzi, si rischia seriamente che il già delicato equilibrio – se così vogliamo chiamarlo – esistente nel paese si sfaldi definitivamente, piombando nella guerra civile che tanti iniziano a temere e ipotizzare, dando così, di fatto, la stura definitiva alla fuga disperata verso le nostre coste di gran parte della popolazione.
LIBIA
Per questo paese il discorso è realmente molto più complesso, ma cercherò di condensarlo in un unico concetto, che si può riassumere con questo assioma: morto Gheddafi, il caos.
È preferibile una semplice frase, piuttosto che scendere nel dettaglio storico-politico-economico del paese, per cui ci vorrebbero dei libri solo per dare conto degli immensi errori commessi dall’occidente nella gestione di questo paese e, sopratutto, nell’eliminazione del generale Gheddafi che, bene o male – e su questo se ne potrebbe discutere per anni – teneva tutte le tribù del paese in un precario equilibrio (il paese è storicamente diviso in tribù), anche se con il pugno di ferro e con evidenti violenze e azioni antidemocratiche.
Come si è usi dire: “dalla padella alla brace”; attualmente il paese è sotto il comando di un presidente – Dbeibeh – che viene affiancato, per così dire, dai due generali rivali, Haftar e Al Serraj, che comandano i due governi corrispondenti – Tripoli e Tobruk – nati dalle infinite guerre civili occorse dopo la morte di Gheddafi, e non ha assolutamente alcuna possibilità di risollevarsi per diventare una vera nazione prospera e tranquilla e, in special modo, a causa dei suoi tesori nascosti sotto le sabbie del deserto – petrolio e gas naturale – che fanno gola a diversi stati Europei, Francia in testa.
Ma tralasciando, per il momento, le vicissitudini militari e storiche di questo paese e, sopratutto, la determinazione dei responsabili di tutto questo, la situazione, attualmente, è che ci sono circa 6,5 milioni di Libici pronti ad imbarcarsi, per la maggior parte per emigrare in paesi da loro reputati migliori del proprio, dove potersi rifare una vita più tranquilla.
ALGERIA
Ai fini di questo articolo, il discorso dell’Algeria è sostanzialmente più rapido – ma, sicuramente, non meno complicato – contando, all’interno dei suoi confini, una popolazione totale di circa 44 milioni di abitanti, che vivono in un regime assolutamente precario, con una economia devastata dalle stesse motivazioni di arrivismo ed interessi stranieri verso le ricchezze di petrolio del sottosuolo e, in seguito a tutto ciò che è successo dal dopo guerra ad oggi, per mano di personaggi molto dubbi e, senza ombra di dubbio, non di certo interessati al benessere dei loro concittadini, ma, piuttosto, interessati a riempirsi le tasche di denaro, ben nascosto all’estero.
Altri paesi
A tutto questo, va aggiunta quella immensa massa di persone che fuggono da delle realtà di miseria economica, difficoltà di vita dovuta al clima sempre meno vivibile o da guerre e dittature varie che abitano i cosiddetti paesi sub-Sahariani, a partire dalla Nigeria, Niger, Gambia, Senegal, Sierra Leone, Mali e tanti altri.
Quanti arrivano
Un conto preciso non è stato fatto, ma si sa più o meno a quanto ammonta l’intera popolazione Africana che potrebbe approdare alle coste settentrionali per tentare di raggiungere il vecchio continente – ovvero noi e la Spagna, che siamo in prima linea – dove, così, rifarsi una vita migliore, e tale cifra è assolutamente da capogiro, poiché supera di gran lunga i 400 milioni di esseri viventi, quasi quanti ce ne sono in tutta l’Europa, prima che venisse allargata all’est.
L’analisi che dovrebbe essere condotta, in base alle situazioni sopra descritte e tenendo conto dei numeri in gioco, con tutte le variabili possibili dovute al clima, alle varie situazioni sia politiche che economiche, è sopratutto su quanta parte di queste persone potrebbero essere “accolte ed integrate” all’interno del sistema occidentale, perché è fuori discussione che mai sarà possibile affrontare l’accoglimento di un numero superiore alle nostre stesse capacità o che, quanto meno, pongano la seria minaccia di conseguenze devastanti per la nostra stessa sopravvivenza.
Le conseguenze
Qui non c’entra assolutamente nulla alcun tipo di discorso etico, morale o religioso che dir si voglia, in quanto, se in un paese è possibile coesistere in un numero determinato di persone, è del tutto ovvio che se questo numero lo si raddoppia, giocoforza la coesistenza diventerebbe sempre più complicata, e le conseguenze potrebbero essere realmente drammatiche.
Per cui è del tutto impensabile ritenere che ogni anno, l’Italia in primis e, per secondi, anche gli altri paesi Europei, si debbano sobbarcare la gestione di milioni di profughi, emigranti o reduci da guerre che dir si voglia, a costo di porre un vero e proprio freno fisico a tale emigrazione di massa.
Perché, riallacciandomi alla questione dei numeri, vi posso garantire che, nell’arco dei prossimi 3 o 4 anni, avremo la malaugurata sorte di dover far fronte ad un vero e proprio assalto di esseri umani disperati che, in mano a squallidi delinquenti della peggior risma, cercheranno di raggiungere le nostre coste, per cui la soluzione da ricercare è totalmente opposta a quella che i nostri mal consigliati governanti – o incapaci loro stessi – stanno cercando di perseguire.
Le soluzioni proposte
È stato detto che dobbiamo “aiutarli a casa loro” – Salvini docet – per evitare che vengano a casa nostra o, in questi ultimi tempi, è stato aumentato il numero di “regolari” che si possono accogliere, addirittura a quasi 90 mila all’anno, ma tutti questi sono solo dei palliativi, che servono principalmente a “tirare avanti” ancora per un po’, cercando di limitare i danni, ma, sostanzialmente, non affrontano il problema alla sua radice profonda.
Così facendo, il problema non solo resterà, ma diventerà sempre più irrisolvibile, con il rischio , come sempre succede, di sfociare in soluzioni assolutamente improponibili e, in questo caso, sì, disumane.
L’ipotesi di aiutarli a casa loro, con investimenti e creazione delle infrastrutture necessarie a migliorare lo standard della vita in loco, è, per dirla in breve, una fanfaluca, perché non considera la monumentale corruzione esistente in quei paesi, le guerre che serpeggiano sotto traccia, la pericolosissima instabilità politica e la reale impossibilità ad operare in tranquillità, date le condizioni ambientali.
Sarebbe come gettare letteralmente i soldi nel cesso!
I rischi
Continuare ad accogliere indiscriminatamente tutti i barconi, barchini, organizzazioni non governative, gommoni che si presentano alle porte di casa nostra, alla lunga provocherebbe non solo un dispendio di tipo economico astronomico – basti pensare ai costi che ci dobbiamo sobbarcare per i pochi rimpatri che riusciamo a fare, o alle spese che sosteniamo quotidianamente per gli hotspot o per le strutture di accoglienza, dietro alle quali , fra parentesi, ci sono degli interessi e corruzioni spaventose – ma, alla fine, anche dei disastri di tipo sociale nell’intero paese (si vedano tutti i delitti che vengono commessi giornalmente da una buona fetta di quelli che vengono chiamati “disgraziati che fuggono da una guerra”).
Tutto ciò considerato, sono sempre più convinto che, al di là della quota di persone che si potrebbero accogliere per far fronte alle nostre evidenti carenze di manodopera, e oltre ai vari progetti da mettere in campo per la formazione “in loco” di lavoratori professionisti, l’unica soluzione possibile a questo drammatico “esodo biblico” è quello di impedirlo definitivamente.
So che molti lettori potrebbero inveire contro questa mia affermazione, ma credetemi quando dico che, anche alzando la quota di ingressi autorizzati a 150 o 200 mila all’anno (per quanti anni, poi?), cosa si potrebbe mai risolvere di fronte a immigrazioni di qualche milione di uomini all’anno?
Perché è indubbio che più si andrà verso la tropicalizzazione feroce di tutto il continente africano, e più peggioreranno le situazioni dovute a guerre e politiche predatorie di pochi verso i molti, per cui questo immenso “rubinetto” che minaccia di riversare il suo intero contenuto sulle nostre coste va chiuso una volta per tutte.
Perché, al di la di ogni considerazione, l’intera Europa potrebbe accogliere, forse, una decina di milioni di nuovi abitanti – per sopperire al calo demografico – ma non certamente a numeri più consistenti.
O i benpensanti ritengono che l’intera Africa – 1,2 miliardi di persone – potrebbe tranquillamente essere accolta sui nostri territori?
A voi tutti l’ardua riflessione.