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Dissesto idrogeologico, incompetenza e stupidità

Macchinari ricostruiscono una strada dissestata a seguito si una frana

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Era circa 20 anni fa, quando una mattina, andando a trovare una famiglia amica nelle vicinanze, mi sono imbattuto in una scena che, a doverla inventare, ci sarebbe voluta una mente alla Sherlock Holmes.

Incontro Gino che, con in mano pala, piccone e “pennato” – particolare ascia tipica toscana da boscaiolo – se ne stava tornando a casa, torvo in viso, e, alla mia domanda sul perché quell’espressione così nera e incazzata, la sua risposta fu una sequela di bestemmie alla maniera tipica del contadino Toscano.

Dopo qualche tempo, calmatosi un po’, mi raccontò che, come al solito, era andato al fiume vicino a casa sua per dargli una pulita, come faceva tutti gli anni fin da quando aveva memoria, per prendere un paio di carriole di “rena” da utilizzare a casa, in quanto stava rimettendo a posto un muricciolo della porcilaia, che era crollato.

Oltre a questo, avrebbe colto l’occasione per tagliare gli arbusti di acacia e di pioppo cresciuti, nell’anno precedente, sulla sponda del fiume, in modo da lasciare pulito lo stesso letto del fiumiciattolo, permettendo, così, all’acqua di scorrere tranquillamente senza ostacoli al proprio deflusso.

Continuando il racconto, mi disse che mentre era lì a raccogliere qualche decina di palate di ghiaia e di sabbia, era arrivata una pattuglia della forestale che, subito, gli aveva intimato di smettere di fare ciò che stava facendo, chiedendogli spiegazioni.

Al che, lui, candidamente, rispose che era ormai una vita intera che usava fare le stesse cose, come del resto gli aveva insegnato suo padre, e prima di lui il nonno, spiegandogli, nell’infinita saggezza contadina, che in tale modo si tenevano puliti gli argini dei fiumi e, cosa ancora più importante, si abbassava costantemente il letto del fiume, rimuovendo la sabbia che, via via, veniva portata dallo scorrere dell’acqua!

A sentire queste spiegazioni, i forestali si misero a ridere e, con fare arrogante, comunicarono a Gino che se non avesse interrotto immediatamente questa attività lo avrebbero denunciato per furto verso il demanio dello Stato, con conseguente irrogazione di sanzione, sia civile che penale.

E tutto questo, continuarono i due solerti servitori dello Stato, grazie alle nuove normative emesse dall’allora ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Alfonso Pecoraro Scanio, successore di un’altra “cima” dell’agricoltura, tale Altero Matteoli (non che il successore fosse molto più preparato dei predecessori, in quanto si trattava di Stefania Prestigiacomo, che, probabilmente, non sa nemmeno quale sia la differenza fra un badile e una vanga).

Infatti, e l’ho vissuto anche io personalmente, qualche anno dopo, questo “paladino” dei “Verdi sinistrorsi” ha portato avanti nei pochi – per fortuna – anni in cui ha gestito il ministero a lui assegnato, delle pratiche che chiamare stupide e prive di un qualsiasi raziocinio è fargli un complimento.

Sulla scia del mantra “verde” pro natura e più attento alla vita di un albero, piuttosto che alla stessa vita di una persona, questo sciagurato personaggio ha finito di disintegrare un intero comparto – quello agricolo – che già versava in condizioni pietose, grazie alle infinite incompetenze susseguitesi, una dietro l’altra, negli ultimi 50 anni.

Per dare una reale dimensione dei danni causati, prima da lui e poi dai loro successori, che a tutto pensavano, tranne che alla salvaguardia del nostro già fragile territorio, ricordo che nel 2008, quando gestivo una Cooperativa di taglio boschivo e lavoravo, appunto, nell’ambito della pulizia dei fiumi, mi sono scontrato più e più volte con i responsabili dei vari compartimenti che avrebbero dovuto occuparsi del benessere del territorio, con delle discussioni chilometriche che, a raccontarle oggi, ancora non ci credo io stesso, che le ho vissute.

Per non dilungarmi troppo, ed a solo titolo esemplificativo, basti sapere che, all’interno di un lavoro che stavo conducendo su un fiume locale – la Merse – dopo aver passato mesi a raccogliere tutta la documentazione necessaria per lo svolgimento del lavoro, mi sono sentito dire dalla responsabile del parco fluviale che non avrei potuto tagliare i pioppi presenti nell’alveo del fiume, e che non avrei nemmeno potuto “togliere” dallo stesso letto del fiume quegli alberi che, per la loro età, erano caduti naturalmente. Il tutto per non modificare e “disturbare” il normale svolgimento del corso della natura!!

A sentire queste immense stupidità, c’è mancato veramente poco che dessi fuori di matto, e mi ricordo ancora oggi la litigata che feci con questa perfetta imbecille (non riporto il nome, per non incorrere in problemi di ordine giuridico), che, con estrema calma ed arroganza, mi trattava come se io fossi il bambino delle elementari che non capiva l’importanza della natura.

Ora, ho voluto raccontare questi due singoli episodi per cercare di spiegare quello che sta succedendo oggi sul nostro territorio – i problemi occorsi ad Ischia due giorni fa – e, per far capire come sia possibile che, ogni volta che il tempo fa i capricci, noi tutti dobbiamo continuamente piangere dei morti o dei feriti a causa, non tanto del tempo – che è quello che è – ma a causa di incompetenze e stupidità varie di chi dovrebbe essere preposto alla cura del territorio.

Del resto, quando si dà la gestione di un ministero come quello dell’agricoltura e della tutela del territorio ad uno che nella sua vita ha fatto l’avvocato, essendosi laureato in giurisprudenza, non penso che ci si possa aspettare un risultato migliore di quello che abbiamo potuto vedere e subire, e se a tutto ciò aggiungiamo il fatto che egli proviene dalle fila di quel movimento che fa le guerre solo se si prova a tagliare anche un solo albero, il discorso diventa assolutamente chiaro.

È del tutto ovvio che la colpa del dissesto idrogeologico del nostro territorio non è solo ed esclusivamente colpa di determinati personaggi, ma ci sono commistioni molto serie, anche di malaffare e interessi economici, legati spesso alla criminalità organizzata, che se ne frega ampiamente se, in seguito ai loro loschi affari, possono morire delle persone.

Altro aspetto, che caratterizza e determina un progressivo inasprimento e peggioramento delle condizioni sul nostro territorio, è l’innegabile e largamente preannunciato fenomeno di tropicalizzazione al quale stiamo assistendo, ormai, da diversi anni, e che certamente non andrà a migliorare nei prossimi due o tre decenni fino, secondo degli studi fatti, ormai. negli anni 80 e 90, al picco che si potrà avere intorno al 2050, dopo di che le temperature inizieranno gradatamente a scendere, come ormai fanno da milioni di anni.

Ma state pur tranquilli che i fenomeni di tipo “tropicale”, cicloni, tornado e uragani compresi, saranno sempre più frequenti anche alle nostre latitudini e, ob torto collo, dovremo farci l’abitudine, ma sopratutto dovremo iniziare a ragionare in modo totalmente differente dall’attuale.

Ad esempio un ritorno al passato, con la pulizia costante e puntuale di tutti gli alvei dei fiumi, sponde comprese, sarebbe assolutamente da auspicare, ricordandosi che buona norma sarebbe anche quella di abbassare i letti dei fiumi, in quanto, tanto per fare un esempio, se a Firenze si iniziasse ad abbassare il letto dell’Arno di 2 o 3 metri, è del tutto ovvio che, nel momento di una potente alluvione, ci vorrebbero due o tre metri di acqua in più per poter arrivare ai livelli ai quali si arriverebbe senza fare alcunché.

C’è da dire che, purtroppo, oggi, i contadini come quelli di una volta sono ormai quasi spariti del tutto, e quindi vi è la necessità di trovare delle alternative che possano sopperire a questa mancanza di personale qualificato, e mi viene in mente che si potrebbero utilizzare i famosi percettori del Reddito di Cittadinanza che, in questo modo, ripagherebbero l’intera comunità dello sforzo che viene fatto per mantenerli.

Inoltre, essendo molto vasto, il territorio italiano, che ha necessità di manutenzione, si potrebbe anche risolvere il problema sia dell’occupazione, sia della perdita economica dovuta ai danni provocati dal meteo impazzito.

Infatti, come tutti ben sanno, spendere prima, con certezza, ci permetterebbe sicuramente di risparmiare una notevole quantità di soldi e, sopratutto, di vittime, per ripagare le quali non basterebbero tutti i soldi del mondo.

In definitiva, e per fare un parallelo, è come per una casa, se alla prima crepa lasciamo correre, alla seconda ci diciamo: “adesso la metteremo a posto”, ma poi lo stesso diremo alla terza, alla quarta e così via, ad un certo punto ci vedremo crollare la casa sotto i piedi, e state pur tranquilli che le spese che dovremo sostenere saranno dieci volte superiori a quelle che avremmo dovuto affrontare per riparare la prima crepa, che abbiamo visto, ma che, per indolenza e pigrizia, non abbiamo voluto riparare.

In conclusione, vorrei raccontare una cosa che, con molta probabilità, pochissimi conoscono, e che riguarda l’invaso dell’Arno e tutta Firenze.

Forse non tutti sanno che l’Arno è un fiume a carattere “torrentizio”, molto diverso da quello che può essere un Po od un Adige, piuttosto che un Adda, e questo già gli antichi Etruschi lo sapevano, tanto è vero che, con la loro furbizia, per evitare le inondazioni di Firenze, che costantemente si ripetevano nel tempo, a nord della città costruirono un canale artificiale con il quale deviarono l’acqua dell’Arno fino a farla confluire nel Tevere e quindi, in pratica, risolvendo un problema per sé stessi, ma creandone uno per le popolazioni abitanti del basso Lazio.

Quando, poi, qualche secolo dopo, c’è stato l’avvento dei Romani, accorgendosi di questo trucchetto messo in atto dai loro vicini-nemici, hanno fatto una cosa molto semplice: hanno interrotto il canale, rimandando l’acqua dell’Arno nell’alveo naturale del fiume, ovvero a Firenze.

Per tutta risposta, i nostri esimi ingegneri e “capoccioni” moderni, si sono inventati una cosa che, a parer mio, non è altro che una bomba ad orologeria, e che si chiama Bilancino, poco a nord di Firenze, come soluzione per evitare le alluvioni tipo quella del ’66, che spazzò letteralmente Firenze da un capo all’altro, con svariate vittime (35 per la precisione).

Con l’inasprimento dei fenomeni atmosferici, sicuramente, nei prossimi anni, le cosiddette “bombe d’acqua” saranno sempre più frequenti, e dobbiamo solo sperare che non si verifichi qualche uragano particolarmente intenso nell’interno del territorio fiorentino, poiché, in questo caso, con il cedimento della diga del Bilancino, il disastro potrebbe assumere delle dimensioni di proporzioni bibliche, poiché se l’intero invaso del Bilancino, che contiene circa 65 milioni di metri cubi d’acqua – da calcolare che Firenze ne utilizza circa 25 milioni per un anno intero – ed è al 90% della sua capacità massima, dovesse improvvisamente esondare, con molta probabilità Firenze verrebbe rasa al suolo da uno Tsunami di proporzioni bibliche, e la stessa fine potrebbe farla pure Pisa alla fine del percorso dell’Arno (ovviamente con l’intera distruzione di tutti i paesi che si affacciano lungo il percorso di questo fiume.

In una simile, sciagurata ipotesi, non dovremo piangere le 7 vittime occorse in questi giorni ad Ischia o le 35 dell’alluvione del ’66 ma, con molta probabilità, dovremo fare i conti con numeri ben più alti, e danni che metterebbero in ginocchio non solo una regione ma l’intera nazione.

Concludendo, quello che voglio dire è che non basta continuare a guardare poco al di là del proprio naso, politicamente, ma è estremamente necessario che si inizi a mettere in campo degli interventi lungimiranti, facenti parte di un piano strutturale a lungo termine, senza il quale, ogni anno, sentiremo continuamente gli alti “lai” di tutti gli pseudo giornalisti, che come avvoltoi si gettano sulle notizie come quella di due giorni fa su Ischia, facendo a gara a chi ne spara di più grosse.

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