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Disperazione e sconforto

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Disperazione e sconforto sono i due sentimenti che occupano la maggior parte del mio essere, al giorno d’oggi.

Essendo nato negli anni sessanta, ed avendo vissuto in un periodo che, sostanzialmente, ci ha regalato un’infanzia ed un’adolescenza, tutto sommato, molto tranquilla e spensierata – per lo meno è questo il “sentire” della nostra generazione – nonostante gli infiniti problemi che abbiamo vissuto tutti quanti noi, ad iniziare dagli sconvolgimenti sociali del ’68, per finire alle guerre nel sud est asiatico del Vietnam, ed avendo “mangiato” la storia a colazione, pranzo e cena, grazie ad un padre scrittore, giornalista e storico, vedere quanto succede oggi e quanto si sta defilando all’orizzonte mi fa sentire molto triste e sconfortato.

Per riuscire a trasferire questi miei sentimenti a quanti mi leggono, devo provare a spiegare quali sono i parametri da tenere presenti, al fine di avere una visione globale della situazione attuale.

A prescindere dal fatto, incontrovertibile, che per capire una data situazione è necessario, giocoforza, conoscere tutte i pregressi avvenimenti, gli interessi in gioco e, principalmente, quali siano gli “obiettivi” più o meno palesi di ogni “attore” presente nella stessa situazione, va detto che, fondamentale per capire gli avvenimenti, è la psicologia comunicativa che ognuno mette in campo per giustificare o potenziare la propria azione.

Come ho ripetuto fino alla nausea, è del tutto fuori discussione che la guerra non deve essere mai la risposta ai problemi, in quanto provoca danni, morti, dolori ed effetti collaterali di cui nessuno può essere certo preventivamente, e per tanto dovrebbe essere “bandita” definitivamente dalla faccia della terra, insieme a tutte le armi, qualsiasi esse siano. Ma questa è utopia.

Avendo, nel passato, già analizzato quali possano essere le ragioni degli uni e degli altri, oggi vorrei focalizzarmi, semplicemente, su quelli che sono i segnali che colgo per determinare il prossimo, immediato futuro, e quello che ho tanta paura potrà succedere da qui a breve.

In questi giorni stiamo osservando un bombardamento costante, e quasi ossessivo, di propaganda di guerra quasi a senso unico – tranne qualche voce isolata di alcuni “pensatori liberi” -, attraverso la quale i fautori della stessa campagna pubblicitaria stanno preparando il terreno per le successive decisioni ed azioni che si prefiggono di compiere nell’immediato futuro.

E per darvi un idea più chiara di quello di cui sto parlando, vi richiamo ad un paio di fatti avvenuti circa 30 anni or sono, creati ad arte per “giustificare”, di fronte all’opinione pubblica mondiale, determinate guerre che si sono succedute dal 1990 ad oggi.

Molti si ricorderanno quello che è avvenuto, agli inizi del 1990, quando gli Usa hanno dato il via alla prima guerra del golfo, sulla scia di determinate situazioni che si erano venute a creare in medio oriente.

Riepilogando, sulla base dell’attacco portato in essere da Saddam Hussein verso il Kuwait, e  la conseguente “crescita” esponenziale e pericolosa dell’Iraq e, soprattutto, grazie anche a testimonianze create ad hoc dai media americani – parlo  di Naira ragazzina di 15 anni, che depose davanti alla Commissione degli Stati Uniti e che dichiarò le atrocità commesse dagli uomini di Saddam negli ospedali Kuwaitiani, con il deliberato infanticidio commesso ai danni di piccoli neonati nelle incubatrici – che sconvolse l’intero mondo occidentale e, così dette la “giustificazione morale”, ai 35 paesi aderenti alla Nato, di intervenire per distruggere Saddam Hussein stesso.

https://www.facebook.com/Pubbleart/videos/4991660437537714

Vi lascio vedere il video per i dati relativi ai morti e ai danni provocati da questa guerra, creata e condotta per motivi prettamente economici e per la infinita arroganza degli Stati Uniti, e non sicuramente per motivazioni di carattere morale od umanitario.

La stessa cosa è poi successa nel 2003, con la seconda guerra del golfo, iniziata, come sempre, dagli Usa, e “giustificata” davanti agli occhi del mondo come ricerca delle famosissime “armi di distruzione di massa”, presentate davanti al congresso americano dal Generale Colin Powell e che solo successivamente si sono rivelate una meschina menzogna dell’amministrazione Bush, che dirigeva le operazioni in quegli anni.

Come potete vedere, ogni guerra ha necessità di quello che si chiama “casus belli”, ovverossia un fatto reale o inventato, come in questi due casi, per poter permettere all’aggressore di avviare tranquillamente le sue operazioni belliche, che mirano certamente a tutt’altro scopo.

É sempre successo così e sempre succederà così: purtroppo l’uomo non ha nessuna intenzione di cambiare, specialmente sulla scia del silenzio assordante dell’intera popolazione mondiale.

Così è stato per il golfo del Tonkino, casus belli per iniziare la guerra del Vietnam e, andando ancora più a ritroso nel tempo, la stessa cosa è avvenuta per il famoso omicidio dell’arciduca Ferdinando, ucciso per mano di Gavrilo Princip a Sarajevo nel 1914, che determinò l’inizio della Grande Guerra, e lo stesso avvenne nel 1939 per il famoso “corridoio” di Danzica, che tutti noi abbiamo studiato a scuola, e che dette l’avvio alla Seconda Guerra mondiale.

Come si può notare, cambiano i tempi e gli attori – purtroppo, negli ultimi 70 anni l’attore è rimasto sempre lo stesso – ma i meccanismi per dare l’avvio ad un’aggressione sono sempre gli stessi, senza la più piccola differenza circa il “modus operandi”.

E lo stesso sta avvenendo oggi con la guerra in Ucraina e, mentre fino a qualche giorno fa mi dicevo che mai la Nato, e specialmente gli Usa, avrebbero “osato” intervenire, per il rischio palese di un allargamento della guerra a tutto il mondo – per lo meno quello occidentale – oggi non ne sono più tanto sicuro, specialmente dopo le notizie e le scene che vedo proiettare sul piccolo schermo quotidianamente.

Purtroppo, ho la netta sensazione che il “copione”, usato così sapientemente dagli americani nel passato, si stia cercando di utilizzarlo pure oggi e, in special modo, con le immagini del drammatico e vile massacro perpetrato a Bucha in questi giorni ad opera – si dice – dell’esercito Russo.

E poco conta che il governo Russo abbia categoricamente smentito di aver mai fatto qualcosa di simile ai civili, quello che conta veramente è quanto la macchina propagandistica americana riesca a convincere il mondo intero dell’assoluta necessità di eliminare il pericoloso “criminale di guerra”, come del resto ha dichiarato lo stesso Biden.

Come già detto in passato, però, qui non ci troviamo di fronte ad un Giappone fiaccato da 6 anni di guerra o un Iraq piccolo  e, sostanzialmente, indifeso di fronte all’enorme dispiegamento di armi e di eserciti che gli è stato mandato contro, ma dobbiamo confrontarci con la Russia di Putin che, fra parentesi, è in possesso di quasi 6 mila testate nucleari.

Vi do una piccola indicazione, circa quello di cui si parla, ovvero della potenza distruttiva di cui dobbiamo tenere conto in questo scenario.

Se le due bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki avevano una potenza estremamente limitata a qualche kilotone, oggi dobbiamo fare i conti con, ad esempio, i Satan 2 Fluid Russi, che dispongono di circa 15 testate nucleari, con una potenza complessiva  per testata oscillante dai 150 ai 300 kilotoni ciascuna.

Quindi stiamo parlando di una potenza devastante e che, soprattutto, può colpire ovunque, sulla faccia della terra, senza, per altro, la possibilità di intercettarli precedentemente, vista la loro impressionante velocità, che può arrivare a 6,7 mach.

Ma la cosa che mi rende così sconfortato e preoccupato per il nostro immediato futuro è notare gli stessi prodromi di tutte le guerre avvenute nel passato e la consapevolezza che gli americani, nella loro infinita arroganza, stiano pensando, fra sé e sé che “tanto la Russia non arriverà mai ad usare il nucleare“.

Ed è proprio in questa errata convinzione che si cela l’immenso rischio che tutti quanti noi stiamo correndo, fin da quando è iniziata questa immensa sceneggiata, e non c’è assolutamente nulla che noi possiamo fare per scongiurare questo immane e, forse, definitivo errore che si sta compiendo.

Ed i filo che sorregge la gigantesca “spada di Damocle” sopra la nostra testa, forse, si sta spezzando.

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