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Neanche a paperopoli ci sarebbero simili sentenze

Foto di un uomo lobotomizzato dal tomo "Elettrofisiologia fotografica"

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Qualche tempo fa è stata emessa dal tribunale di Lucca una sentenza che sarà destinata a suscitare un grande scalpore in tutti coloro che avranno modo di conoscerla.

Il caso ci racconta di una cassiera di 61 anni che, all’arrivo nel negozio di un ladro armato di fucile a canne mozze, e per niente intimorita di fronte alla minaccia dell’uomo, ha iniziato ad inveire e urlare contro di lui, al fine di impedirgli di portare a termine la rapina.

Il ladro, inferocito, gli ha scaricato addosso il suo fucile, fuggendo poi con il bottino, circa 400 euro.

La povera donna è stata soccorsa e portata all’ospedale; ha dovuto subire un delicato intervento chirurgico in quanto alcuni pallini le avevano perforato il polmone e, quindi, sono stati rimossi.

A distanza di qualche tempo, la donna, nonostante si senta sostanzialmente bene, ha tutt’oggi difficoltà nel respirare a causa di questa lesione subita dal colpo di fucile.

Proprio per questo motivo ha deciso di intentare causa per avere il giusto risarcimento, che la ripagasse in qualche modo del danno subito.

E a questo punto è arrivata la sentenza shock da parte dei giudici del tribunale di Lucca: impossibile risarcire la donna in quanto “ha dimostrato una eccessiva aggressività nei confronti del ladro” e, pertanto, la sua domanda di risarcimento non è ammissibile.

Non solo non verrà risarcita, ma dovrà pure accollarsi le spese legali del procedimento, che assommano a 5,800 euro in più, come si legge nella disposizione: “varie ed eventuali”.

Di questo fatto ne ha parlato e scritto sulla “Verità” anche Mario Giordano in un suo articolo e, come si poteva immaginare, ha trovato immediatamente chi, dall’alto della poltrona pontificia, ha iniziato a dargli addosso – e, di conseguenza, anche alla donna – avanzando mere giustificazioni circa il fatto che la causa fosse intentata non al ladro, ma all’azienda della quale era dipendente la donna, la quale aveva già messo in atto un protocollo da seguire in caso di rapine, proprio al fine di evitare danni collaterali.

In buona sostanza, l’articolista de “Il Foglio” sostiene che la causa non ha possibilità di essere vinta dalla signora, in quanto l’azienda aveva già comunicato a tutti i suoi dipendenti quale doveva essere il comportamento da tenere in caso di rapine, anche perché la stessa azienda aveva stipulato un’assicurazione con la quale poteva rientrare delle somme eventualmente rubate.

Cioè, questo “pennivendolo”, pur di dare addosso a Mario Giordano, si schiera dalla parte dell’azienda e, di conseguenza, del ladro, dimenticandosi totalmente della signora che ha ricevuto in pieno petto un colpo di fucile a canne mozze.

Secondo lui, infatti, la colpa sostanziale dell’accaduto, visto che il ladro si era già impossessato del bottino, è da ritenersi a carico della signora, che avrebbe dovuto stare zitta e, magari, offrire anche del thè con pasticcini al ladro.

Quello che mi fa più orrore, in definitiva, in un paese che mi risulta essere totalmente allo sbando, dove, ad esempio, si continuano a vedere poveri anziani buttati fuori dalle loro case da immigrati delinquenti che se ne impossessano e contro i quali la macchina della giustizia sembra essere del tutto impotente, è proprio questa sensazione diffusa di impunità, che rende perfettamente l’idea di dove stiamo finendo.

Ma questo, ovviamente, vale solo per i ladri, gli stupratori, i delinquenti ordinari, gli assassini, non certo per i normali cittadini che, se si azzardano ad entrare in un bar per chiedere di utilizzare la toilette, si sentono negare l’accesso poiché sprovvisti del “super passaporto vitale”, nemmeno ci si trovasse sotto il regime nazista e, magari, si vedono pure elevare una contravvenzione da 400 o più euro.

Per quanto mi riguarda, dico solo che è veramente tempo di dire “basta” a tutto questo e che noi cittadini siamo realmente chiamati a tentare di mettere un freno a tutto ciò, con tutti i mezzi che la situazione contingente richiede.

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