logo Giornalismo Libero bianco su sfondo in trasparenza
Copertina: Stalin? Ha perso, anche se ha vinto
Stalin. Ha perso, anche se ha vinto
Cerca
Close this search box.

Guerra!

Cartina dell'Europa che categorizza le Nazioni per anno di entrata nella NATO

Tabella dei contenuti

Mai avrei pensato di dover scrivere un articolo del genere su un argomento così terribile come la guerra, specialmente se non si tratta di una guerra passata e finita, ma di una che sta per iniziare.

Ebbene sì, purtroppo, siamo letteralmente sull’orlo di un conflitto che potrebbe avere delle dimensioni ed una portata a livello globale, tali e tanti sono gli interessi in gioco.

E vorrei premettere che questo non è catastrofismo o un semplice, paranoico sfogo di chi, magari, vede tutto nero, ma l’attenta analisi di quanto sta avvenendo in questi ultimi tempi intorno a noi.

Come ulteriore chiave di lettura per ciò che mi sto accingendo a scrivere, vorrei portare l’attenzione di tutti quanti sul fatto che l’analisi in questione scaturisca non tanto da singoli fatti delle ultime settimane o mesi, ma da un insieme di avvenimenti accaduti negli ultimi 30 o 40 anni che, come ci insegna sempre la storia, sono  l’intero insieme dei “fatti” che portano ad una guerra.

Per fare un piccolo esempio e parallelo, l’omicidio dell’Arciduca Francesco Ferdinando d’Austria nel 1914 a Sarajevo, da parte di Gavrilo Princip, è sempre stato indicato come il “casus belli” che fece deflagrare la Prima Guerra Mondiale.

Ma esso non era altro che il “pretesto” o, per meglio dire, la classica goccia che fece traboccare il vaso dei rapporti, ormai arrivati alla rottura, fra gli stati Europei.

Ma il deterioramento di questi rapporti stava ormai durando da anni, se non da decenni, e questo omicidio fu la giusta occasione, per la Germania, di dichiarare guerra agli avversari, e iniziare quello che sarà ricordato come il più cruento e terribile conflitto di tutta la storia.

La stessa situazione si può identificare con il famoso “corridoio di Danzica”, anch’esso identificato come la causa scatenante della Seconda Guerra Mondiale.

Tutti i più attenti osservatori storici e politici dell’epoca sapevano, ormai da tempo, che lo scoppio di un secondo conflitto sarebbe stata cosa inevitabile e che si trattava solo ed esclusivamente di una questione di tempo.

E ciò era chiaro fin dall’ascesa di Hitler al potere, nel 1933, quindi 6 anni prima del fatidico 1° settembre del 1939, e lo avevano urlato ai quattro venti senza, per altro, ottenere, come al solito, alcun tipo di risultato da parte delle classi politiche del tempo che, si guardi bene, erano sicuramente molto più “titolate” e formate da veri professionisti di quelle che oggi occupano le poltrone dorate dei palazzi del potere.

Tornando ai nostri giorni, va immediatamente detto che il problema principale è, come sempre succede in questi casi, sconosciuto alla maggioranza del popolo, in quanto chi detiene il potere, che sia in Italia, in Francia o negli Stati Uniti, è pur sempre abile a nascondere quali siano le sue vere intenzioni e quali i suoi piani a media e lunga scadenza.

Ma, sopratutto, alla base di quanto cercherò di spiegare più avanti, ci sono delle motivazioni squisitamente di natura psicologica e, questo è un mio parere personale, altamente meschine.

Altra questione a cui tengo particolarmente, e che mi piacerebbe poter condividere con i miei lettori, è l’origine fondamentale delle colpe alla base di questa situazione drammatica, che sta arrivando al suo apice sotto i nostri occhi.

Infatti, quasi l’intero mainstream mondiale continua imperterrito a dipingere la ex Unione Sovietica come il terribile orco, colpevole di ogni e più orribile nefandezza possibile ed immaginabile, ma nulla è più lontano dalla realtà dei fatti.

Anche se, nel passato, poteva sostanzialmente essere condiviso questo modo di pensare e di vedere le cose a livello mondiale, specialmente sotto il dominio incontrastato di quel pazzo furioso che era Iosif Stalin, oggi le cose sono totalmente cambiate, e le colpe – semmai si possa addossare ad una o ad un’altra parte la colpa “principe” di una guerra – vanno ricercate oltre Atlantico, nel cuore di quella che, erroneamente, viene chiamata la patria della democrazia: gli Stati Uniti d’America.

Se pensate che i fatti attuali siano una conseguenza di errori, strategie, piani segreti di questi ultimi anni, vi sbagliate di grosso, in quanto le origini di tutto ciò vanno ricercate nell’immediato dopo guerra, quando tutta l’Europa, in particolare, e il mondo, in generale, si stava ancora leccando le ferite di un conflitto durato oltre 6 anni, e costato l’impressionante cifra di oltre 20 milioni di morti.

Ma andiamo con ordine.

Subito dopo la fine del conflitto mondiale, nell’inverno del ’45 e nei successivi 4 anni, vennero gettate le basi per degli accordi che, di fatto, avrebbero impedito una nuova egemonizzazione da parte di una rinata Germania ma, sopratutto, che tenessero a freno gli appetiti incontrollabili del “baffone” che li aveva aiutati a cancellare Hitler dalla faccia della terra.

Piccola parentesi, per segnalare che lo scegliere la Russia di Stalin da parte sia dell’Inghilterra che degli Stati Uniti, fu probabilmente un errore strategico di enorme portata, di cui ancora oggi stiamo pagando le conseguenze.

Infatti, poco prima della fine della guerra, ci furono dei contatti sia con la Russia che con la Germania, per definire una eventuale “pace”, e lo stesso Hitler, nel 42, offrì all’Inghilterra e agli alleati la possibilità di porre fine al conflitto, senza, per altro, ottenere i risultati sperati, e non tanto per una puntuale considerazione di chi poteva essere meglio o peggio fra i due colossi, ma semplicemente per una questione di tattica spicciola ed immediata.

In futuro, diceva Churchill, il problema Russia lo affronteranno i nostri figli.

Se tale scelta fu lungimirante, saggia e giusta, a nessuno è dato saperlo, poiché non possiamo, per ovvie ragioni, conoscere cosa sarebbe potuto succedere in un simile frangente di pace (probabilmente temporanea) ma, sicuramente, quello che sappiamo è che abbiamo passato gli ultimi 70 anni in una perenne “guerra non dichiarata” che ha influenzato in modo sicuramente negativo lo sviluppo di ogni tipo di rapporto nel vecchio continente.

Ognuno, ovviamente, è liberissimo di farsi una propria idea in merito a quanto sopra scritto, ma, in sostanza, questi sono i fatti, ineludibili ed inconfutabili.

Come dicevo poc’anzi, già nel 1947 venne firmato un trattato fra Inghilterra e Francia, dal significativo nome di Trattato di Dunkerque, proprio ad evitare la possibilità di una rinascita Germanica.

Tale trattato, poi, confluì, nel 1949, nel più conosciuto ed attuale Patto Atlantico del Nord, che coinvolgeva, di fatto, anche gli USA, e che era il preludio all’organizzazione che sarebbe nata di li’ a poco, la Nato.

Per non tediare i lettori con delle lezioni di storia troppo noiose e dettagliate, sottolineo semplicemente che, odiernamente, nel Patto Atlantico sono presenti tutti gli stati dell’attuale Europa, ad eccezione dell’Ucraina – strano, vero? – della Russia Bianca, o Bielorussia per facilità, la Finlandia e la Norvegia (quest’ultima entrata a far parte della Nato, al contrario della Finlandia), oltre ad una manciata di staterellini di secondaria importanza strategica, o perché reduci da conflitti interni degli ultimi anni (Serbia, Bosnia, ecc).

Ma un dettaglio estremamente significativo per comprendere gli sviluppi dei giorni nostri è che, all’articolo 5 del Patto Atlantico, sussiste la concezione che una qualsiasi azione militare contro uno degli stati membri equivale ad un’aggressione alla coalizione intera, con il conseguente “obbligo”, da parte di tutti, a prestarsi per controbattere il vile attacco.

Ma prima di arrivare ai fatti odierni, vorrei spiegare quali sono i “premessi” che li hanno di fatto determinati o, quantomeno, hanno reso possibile questo stato di cose.

Nel corso dei 40 anni successivi alla fine del conflitto mondiale, si sono succeduti diversi avvenimenti di notevole significato, anche in chiave di lettura degli accadimenti attuali, a partire dai famosi missili di Cuba, con annessa baia dei Porci, il Muro di Berlino, il conseguente ponte aereo durato ben tre anni, e salutato dall’intera opinione pubblica mondiale come una vittoria incredibile dell’occidente sul temibile Orco Russo, mentre, invece, non si trattò altro che dell’ennesima idiozia ed errore di valutazione degli Usa, capeggiati da presidenti, come sempre, non all’altezza della situazione.

Teniamo presente che la presenza del Muro di Berlino, dalla sua creazione, nel 1961, al suo abbattimento, nel 1989, fu causa di una infinita lista di orrori, morti, sofferenze, privazioni e, in sostanza, del fallimento integrale della politica in senso stretto del termine.

Successivamente al crollo del Muro, abbiamo assistito ad un periodo relativamente tranquillo, sbandierato dai media occidentali come la fine della guerra fredda, succeduta al maldestro tentativo di Gorbaciov e la sua Perestroika (dal vocabolo russo “ricostruirsi”) che finì miseramente, appunto, con il crollo del Muro e la disintegrazione totale dell’Unione Sovietica.

Gli anni seguenti sono stati molto difficili per la nuova nata Russia federale, privata ormai della maggior parte dei suoi territori che, con il passare del tempo, e approfittando della sostanziale debolezza di tutto l’apparato dirigente della vecchia Unione, si affrettavano a dichiararsi indipendenti ed a costituirsi come stati sovrani.

Ma, al contrario delle ragioni più che evidenti di questi stati – Ucraina, Moldavia, Bielorussia, Armenia, Azerbaijan, Turkmenistan ed altri – per rendersi indipendenti, qualcun altro approfittò della situazione, estendendo a dismisura “l’anello di contenimento” intorno alla Russia che, alla fine, ha di fatto portato alla sua asfissia ed alla situazione attuale.

Se il lettore guarda la cartina con evidenziati gli stati facenti parte del Patto Atlantico, si renderà “visivamente” conto di quanto insignificante spazio vitale sia rimasto alla Russia e del fatto che, in soldoni, ha letteralmente i missili Nato alle porte di casa.

Gli Usa, in questo modo, si sono garantiti, di fatto, una supremazia tattica e strategica di non poco conto, nell’ipotesi di un futuro conflitto e, di conseguenza, hanno il classico “coltello dalla parte del manico” in qualsiasi trattativa con il loro avversario di sempre.

A completare questo loro “avvicinamento” alla “tana del lupo”, mancavano solo l’Ucraina e la Bielorussia, paesi centrali e assolutamente strategici, militarmente parlando.

Come poter coartare anche questi due ultimi stati al blocco del Patto Atlantico, si saranno chiesti gli Usa?

E qui sono entrati in azione i vari servizi segreti, in una lotta che ha occupato, con alti e bassi – non sto a dilungarmi sui dettagli specifici di tutto quanto, rimandando il lettore ai vari siti esistenti con le informazioni dettagliate -, tutti gli ultimi venti anni, e che ha portato ad un sostanziale “colpo di stato” silente, con a capo dei fantocci filo Americani ed Europei come Poroshenko prima e Zelens’kyj, attualmente, che seguono pedissequamente le indicazioni che gli provengono da occidente.

Una delle prime contromosse di Putin e della Russia, è stata l’azione, portata a termine, della riappropriazione della Crimea, spacciata come riannessione di un territorio a prevalenza demografica Russa ma, in realtà, come necessaria per poter riaccedere, in qualche modo, all’insieme dei mari del sud.

Infatti, sempre se si osserva la cartina geografica, con il dissolvimento dell’Unione Sovietica, i russi, di fatto, avevano perso l’accesso al Mar Nero e, di conseguenza, la possibilità, attraverso il Bosforo, di accedere al bacino del Mediterraneo ed alle grandi vie di comunicazione acquatiche che collegano l’intero mondo, da sempre fulcro di tutti i traffici commerciali di ogni stato.

In rapida successione, Putin ha messo in campo delle contromosse che, se osservate sotto il profilo strategico militare, sono realmente di una notevole levatura, in quanto praticamente “tagliano”, di fatto, gli artigli all’articolo 5° del Patto Atlantico, che prevede l’intervento dell’intera coalizione in caso di aggressione ad uno degli Stati membri.

È infatti di questi ultimi tempi la crisi che è stata identificata con il nome del Dombass, regione ad est dell’Ucraina, dove si sta combattendo un’aspra guerra, sia fisica e militare che politico-tattica, con la richiesta e previsione dell’Oblast di Donetsk – regione dell’Ucraina – di rendersi indipendente e passare sotto l’influenza Russa.

In questo modo, se per disavventura l’esercito Ucraino dovesse, in qualche modo, intervenire per ripristinare lo stato delle cose come era precedentemente, la Russia, in ragione e forza degli accordi che a sua volta ha firmato con diversi altri Stati, sarebbe autorizzata ad intervenire militarmente, in quanto uno Stato direttamente ed esplicitamente sotto la sua influenza, verrebbe attaccato.

Tutto quanto dettagliatamente descritto, sta ad indicare le varie mosse e contromosse tattiche dei due schieramenti, ma si può facilmente evincere, da tutto questo, che la Russia, contrariamente a quanto viene subdolamente sbandierato dai media occidentali, ovviamente al soldo del potere Statunitense, non fa altro che cercare di difendersi.

Piccola considerazione personale è che, se ci fosse ancora Stalin, con molta probabilità saremmo già in guerra da diversi anni. Per fortuna, a capo della Russia c’è uno dei più concreti e capaci uomini di stato che l’intera Europa abbia visto negli ultimi 50 anni.

Le considerazioni conclusive di tutto quanto sopra descritto, contemplano tre aspetti fondamentali alla base delle cause che, a parer mio, potrebbero portare ad una imminente guerra.

La prima è di ordine chiaramente economico, e riguarda il costante e rapace accaparrarsi di ogni possibile “lembo” di terra per accrescere il proprio tornaconto economico, oltreché il controllo di tutte le possibili vie commerciali a disposizione delle popolazioni interessate in questo teatro di operazioni.

Il secondo è sostanzialmente legato al primo, e riguarda il conseguente “potere”, in termini assoluti, che scaturisce dall’avere il controllo totale di una così vasta estensione territoriale che, fatalmente, conduce a quello che è il vero scopo a lungo termine degli Usa: l’egemonia mondiale di fatto.

Non a caso, nel tempo, si sono autodefiniti “gendarmi del mondo”, esportatori di democrazia e, in buona sostanza, hanno avuto ingerenze in ogni disputa e conflitto mondiale negli ultimi 70 anni, senza, per altro, averne il mandato da chicchessia.

Il terzo motivo e, per me, più aberrante di tutti quanti, è una semplice motivazione di ordine psicologico, in quanto è sostanzialmente una “rivalsa” o “vendetta”, se così vogliamo dire, verso sè stessi e verso il mondo intero, identificato nella Russia, sia per i pesantissimi danni materiali, economici ed umani subiti con la Seconda Guerra mondiale, sia per le infinite “figure di emme” fatte, durante gli anni, con gli avvenimenti precedentemente citati.

Perché i presidenti possono cambiare e pensare differentemente dai loro predecessori, ma state pur certi che gli apparati militari e strategici di un paese sono il vero centro del potere e coloro che, di fatto, decretano le scelte successive del loro Presidente.

Basti vedere cosa è successo a quel povero disgraziato di J. F. Kennedy, che ha ingenuamente tentato di andare contro al potere militare imperante negli States, e per questo è stato tolto perentoriamente di mezzo.

Se poi osserviamo l’attuale occupante della Casa Bianca, personalmente mi viene da piangere nel constatare che le leve di comando di una delle Nazioni più potenti del mondo siano in mano ad un simile essere, fra le altre cose accusato, per ora velatamente, di pedofilia, ma sicuramente sofferente di una serie di mali che ne condizionano pesantemente l’operato, come l’alzheimer.

Per concludere questa lunga dissertazione sul pericolo di una guerra imminente, che potrebbe avere una parte di cause anche nella lunga “assenza” di veri conflitti mondiali, e senz’altro si potrebbe pure agganciare ad alcune tesi avanzate da taluni, che ritengono possa essere strettamente collegata all’attuale situazione pandemica che stiamo attraversando, l’attualità vede un gran movimento di truppe militari, sia da parte dei Russi che da parte degli altri Stati che possono essere coinvolti direttamente in prima linea, nonché degli Americani.

La Russia ha addirittura consegnato un ultimatum scritto ai suoi avversari – appositamente irricevibile – di ritirare le truppe da Romania e Bulgaria.

Inoltre, anche se tali notizie sono reperibili con il contagocce, visto il sostanziale “embargo” e silenzio esercitato dalla stampa ufficiale, si ha notizia di varie evacuazioni di luoghi come i centri commerciali in Russia e un sostanziale “stato di guerra” in essere, anche se non dichiarato.

La situazione è realmente delicatissima e assolutamente esplosiva, e potrebbe deflagrare in un qualsiasi momento con il classico “casus belli” di cui ho accennato all’inizio dell’articolo.

In questo caso non servirebbe l’assassinio di un Arciduca, o una disputa su un “corridoio” o, peggio ancora, un “incidente come quello del golfo del Tonkino”, che decretò l’inizio della guerra nel sud est asiatico, ma basterebbe lo sconfinamento di un qualsiasi reparto militare o “l’accidentale” abbattimento di un aereo o, ancora, lo “sfuggire” di un drone militare.

Gli eserciti sono pronti, i presidenti delle varie fazioni non sono disposti a retrocedere di un millimetro dalle loro posizioni e, aggiungo io, l’imbecillità regna sovrana.

Con questi presupposti, la guerra è molto più vicina di quanto chiunque possa immaginare e, sicuramente, in caso io avessi amaramente ragione, ci aspetterebbero degli anni veramente oscuri, in quanto, come sottoscrittori del Patto Atlantico e occupanti una posizione altamente strategica nello scacchiere occidentale, saremmo chiamati ad intervenire, con tutte le conseguenze che questo nostro intervento porterebbe con sè.

Come non mai, mi auguro di sbagliarmi grossolanamente su questa analisi, ma ho la bruttissima sensazione che non sia così.

L’unica amara considerazione, che mi sgorga spontanea dal cuore e dalla mente, è come sia possibile che “l’animale uomo” non riesca mai, nonostante tutto, ad imparare dai propri errori.

Non ci bastano le sfide e le difficoltà che Madre Natura ci pone davanti al nostro cammino ogni giorno?

Non siamo capaci di dedicare i nostri sforzi e le nostre intelligenze a superare le enormi difficoltà che siamo chiamati, quotidianamente, a superare, e non abbiamo un briciolo di lungimiranza per dedicarci completamente al miglioramento della nostra misera e meschina esistenza?

Quando l’umanità riuscirà a capire che tutti quanti noi siamo appesi al debole filo del “caso” e dei capricci di un Universo che ha altro da fare che occuparsi di noi, forse riusciremo a trovare un equilibrio e a goderci quanto il mondo ci può offrire.

Ma, fino ad allora, saremo alla mercé della mente malata di pochi mentecatti che hanno la possibilità di fare il bello e il cattivo tempo.

Ma solo perché, nella nostra infinita stupidità e ignavia, glielo abbiamo concesso noi stessi.  

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

INFORMATIVA COOKIES
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy
logo Giornalismo Libero blu su sfondo in trasparenza

Accesso