Bioenergetica: la tecnologia del XXI secolo che da ragione a chi ormai da secoli afferma che il corpo umano può ottenere la salute o cadere in malattia in base allo scambio di energie invisibili con l’ambiente che lo circonda.
La medicina Bioenergetica
É la base di quella che alcuni conoscono come Medicina Bioenergetica.
La luce che raggiunge la superficie terrestre è composta di luce visibile, raggi ultravioletti e radiazioni infrarosse.
Circa il 37% della radiazione solare si presenta sotto forma di luce visibile, il 3% è ultravioletta e il restante 60% è infrarossa.
Guarire con la luce
I benefici dei raggi solari sulla salute sono conosciuti da più di 5000 anni dalla medicina tradizionale cinese.
Le antiche tradizioni orientali già dicevano che esporsi ai raggi del sole, in determinati giorni ed a determinate ore poteva essere salutare e chiamavano questi raggi “raggio della vita”.
Nell’antica Cina Lingyan Tzu-Ming nel primo secolo d.C. durante la dinastia di Han, introdusse l’elioterapia.
I Greci eseguivano molti esercizi ginnici a corpo nudo sotto i raggi del sole; i Romani esponevano in terrazze speciali dette “solaria” i corpi sani per fortificarli e quelli ammalati per guarirli.
L’elioterapia
Col fiorire del Rinascimento l’elioterapia, che fino allora rappresentava una pratica puramente empirica, acquistò veste scientifica.
La Bioenergetica cominciava a conquistarsi uno spazio importante nel tema della salute umana, animale e vegetale.
Già nel 1769 Lazzaro Spallanzani metteva in evidenza l’azione battericida del sole sugli esseri organizzati; nel 1815 lo Chauvin prescriveva le cure elioterapiche nelle affezioni debilitanti l’organismo e quasi nella stessa epoca Rikli costruiva presso Trieste il primo istituto elioterapico; nel 1853 T. Vanzetti guariva con le cure solari le artriti croniche e le osteoperiostiti tubercolari.
La fototerapia
Ma le basi scientifiche della fototerapia risalgono al 16°-17° secolo, quando Isaac Newton nel 1666 in Inghilterra rilevò la rifrazione dei raggi del sole nei suoi colori mediante un prisma e quando Christian Huygens nel 1678 in Olanda intuì la natura della luce in onde.
Il danese Niels Ryberg Finsen, considerato pioniere della fototerapia moderna, nel 1903 fu insignito del premio Nobel per tale scoperta.
In realtà la priorità di tale invenzione spetterebbe all’italiano Antonino Sciascia, medico e scienziato di Canicattì, che ne aveva dato comunicazione nel 1892 al XIII Congresso Oftalmologico di Palermo e nel 1894 a quello Internazionale di Roma con una relazione che aveva titolo: ”La fototerapia in medicina e chirurgia e la cura specifica della resipola”.
Finsen solo nel 1897 aveva introdotto per la prima volta in lingua tedesca l’uso della fototerapia nella cura del lupus vulgaris prescrivendo gli stessi strumenti inventati e pubblicati da Sciascia 7 anni prima.
La luce come trattamento neonatale
L’utilizzo della luce visibile ha trovato consenso nel trattamento dell’iperbilirubinemia indiretta sia negli itteri emolitici che in quelli non emolitici.
Inizialmente la fototerapia fu introdotta per ridurre la necessità di exanguinotrasfusione, ma attualmente viene usata non solo a scopo profilattico nei neonati ma anche come salvavita in pazienti con forme severe della Sindrome di Cliger Najjar e rare malattie metaboliche.
La fototerapia per il trattamento dell’ittero neonatale fu introdotta da Crener RJ e collaboratori nel 1958 ma trovò larga diffusione solo a partire dal 1968 quando Lucey J. fornì dati sicuri circa la sua sicurezza ed efficacia.
La scoperta fu casuale?
La scoperta dell’efficacia della radiazioni luminose sulla riduzione dei livelli di bilirubina fu casuale.
Essa fu rilevata in seguito alla esposizione negligente di un campione di sangue alla luce del sole e da una fortuita osservazione di una infermiera.
L’esposizione del campione di sangue portò alla scoperta che la bilirubina sierica viene ossidata a biliverdina e degradata a composti incolori quando esposta alla luce in vitro.
L’osservazione da parte della infermiera Sister J. Ward fu che la cute di un neonato itterico si schiariva se esposta al sole a differenza di quella non esposta.
La luce per conservare gli alimenti
In tempi recenti anche i tedeschi, durante la seconda guerra mondiale, fecero intendere di conoscere gli effetti positivi di una parte dello spettro solare, la energia infrarossa, applicandola alla conservazione degli alimenti.
Dal canto loro un gruppo di ricercatori nordamericani, nel corso della ricerca sulle tecnologie spaziali, si concentrò nella fabbricazione di materiali che fossero capaci di isolare il corpo nello spazio e contemporaneamente di poterci permettere di beneficiare dei raggi termici infrarossi, ponendo così le basi per la successiva scoperta della bioceramica infrarossa.
E quindi fu solo successivamente a queste epoche, che le precedenti ricerche sui cosiddetti infrarossi lunghi o Bioinfrarossi dimostrarono scientificamente il loro enorme potenziale per la salute umana, ed a partire da quel momento si realizzarono diverse sperimentazioni per consentirne l’utilizzo a livello domestico, il che portò alla fabbricazione di fibre all’infrarosso con le quali si realizzarono tessuti e numerose altre applicazioni in altrettanti prodotti di uso individuale.
FIR: l’energia dell’universo
Bioenergetica significa anche tessuti che contribuiscono alla salute, raggi infrarossi, fibre ceramiche… qualcuno potrebbe pensare che sono diventato matto.
Però no, semplicemente siamo di fronte agli inizi di un nuovo modo di intendere la salute, anche se è così tanto antico come le millenarie tradizioni cinesi che già parlavano dell’influenza dell’energia dell’universo sulla nostra salute.
Se vorrete ne parleremo in altro articolo.
Carlo Makhloufi Donelli
Di questi argomenti abbiamo parlato anche qui:
https://giornalismolibero.com/medicina-il-futuro-e-nella-musica/
La definizione di Bioenergetica data da Wikipedia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Bioenergetica_(biologia)
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