Introduzione
L’audizione Majorana al Senato ha spalancato una crepa nel muro di silenzio che, per molti, circondava da decenni uno dei più grandi misteri scientifici e storici italiani. Per la prima volta, il Parlamento ha ospitato una conferenza pubblica su quella che viene definita la “macchina di Majorana”, un dispositivo che rappresenterebbe l’eredità scientifica segreta del genio scomparso nel 1938.
Per i critici è un episodio di imbarazzo istituzionale; per chi da anni chiede verità, è la prova che qualcosa si sta finalmente muovendo. L’audizione non è soltanto un evento tecnico o accademico: è il simbolo di un conflitto lungo decenni fra chi rivendica libertà di ricerca e chi sospetta che certi risultati siano stati messi a tacere per motivi di potere, sicurezza o profitto.
Dalla scomparsa di Ettore Majorana all’audizione in Senato
Ettore Majorana, genio della fisica teorica, scomparve nel 1938 lasciando dietro di sé un’eredità di enigmi e teorie. Da allora, il suo nome è diventato sinonimo di mistero.
Negli anni Sessanta e Settanta, l’imprenditore Rolando Pelizza dichiarò di aver lavorato a un progetto comune con Majorana: una macchina capace di trasformare materia ed energia, con applicazioni che avrebbero potuto cambiare il destino dell’umanità.
Documenti, filmati, testimonianze, lettere: per decenni il materiale legato a questa storia è circolato in modo frammentario, ignorato dai media mainstream e spesso deriso come leggenda. Ma nel 2025, per la prima volta, tutto è approdato in un luogo di massima rappresentanza istituzionale: il Senato della Repubblica Italiana.
L’audizione Majorana al Senato: il contenuto dell’evento
Il 22 ottobre 2025, nella Sala Nassiriya di Palazzo Madama, si è tenuta la conferenza “Majorana-Pelizza: è tempo di agire”, promossa dal vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio.
Relatori come Alfredo Ravelli, Roberta Rio, Gianfranco Basti e Francesco Alessandrini hanno presentato materiali e testimonianze raccolte in anni di studi.
Durante l’evento sono stati mostrati documenti inediti, fotografie, lettere attribuite a Majorana e riprese video degli esperimenti condotti da Pelizza. Secondo gli organizzatori, la macchina mostrerebbe la possibilità di trasmutare materia, generare energia pulita e agire sulla struttura molecolare dei materiali in modo controllato.
Il punto non è solo tecnico: per i presenti, si trattava di una dichiarazione politica, un appello all’Italia e alle istituzioni internazionali a togliere il velo su decenni di silenzi e mancati riconoscimenti.
Il dibattito: scienza, potere e memoria
L’audizione ha immediatamente diviso l’opinione pubblica.
Molti scienziati hanno espresso scetticismo, richiamando il principio della replicabilità e la necessità di verifiche indipendenti. Altri, invece, hanno visto nell’evento un momento di liberazione simbolica: la possibilità, dopo anni, di parlare apertamente di un tema fino a ieri confinato nei margini del discorso ufficiale.
Per i sostenitori, la macchina di Majorana non è solo una teoria: è un segno di quanto il sapere scientifico possa essere stato distorto o censurato. Secondo questa lettura, il silenzio durato decenni non sarebbe frutto del caso ma di interessi convergenti — economici, militari e geopolitici — che avrebbero reso impossibile divulgare una tecnologia capace di produrre energia a costo zero.
Decenni di silenzi e ostacoli
L’audizione ha riacceso il dibattito su quanto sia possibile “tenere nascosto” un progresso di simile portata.
Gli archivi di Pelizza, le lettere autenticate, le firme, le testimonianze, tutto indica che l’argomento era noto da tempo a vari livelli istituzionali. Eppure nessuna commissione ufficiale aveva mai affrontato pubblicamente la questione.
Chi sostiene la tesi dell’insabbiamento parla di pressioni, interventi di sicurezza nazionale e discredito sistematico nei confronti di chiunque provasse a portare avanti la ricerca. Queste affermazioni non sono mai state confermate da indagini pubbliche, ma la loro persistenza nel discorso collettivo mostra quanto profonda sia la sfiducia verso il sistema di controllo dell’informazione scientifica.
Per molti italiani, vedere la macchina di Majorana al Senato equivale a un atto di riscatto: un “finalmente ci ascoltano” dopo decenni di derisioni e censure.
Una rivoluzione culturale più che tecnologica
La portata dell’audizione non risiede soltanto nelle presunte capacità del dispositivo, ma nel suo impatto culturale.
L’idea che una teoria o una scoperta “impossibile” possa essere finalmente discussa in una sede ufficiale segna una svolta. Non è più solo un confronto tra scettici e credenti, ma un passo verso la democratizzazione del sapere scientifico.
Molti commentatori indipendenti hanno definito l’audizione un “evento spartiacque”: per la prima volta, le istituzioni aprono una finestra su una narrazione che per decenni era considerata marginale, perfino pericolosa.
Le reazioni ufficiali e il tentativo di ridimensionamento
Subito dopo l’evento, Centinaio ha dichiarato di aver semplicemente concesso la sala, senza avallare i contenuti presentati.
I principali organi di stampa hanno parlato di “conferenza controversa”, spesso sottolineando l’imbarazzo istituzionale. Tuttavia, anche questo riflesso mediatico ha contribuito a una nuova visibilità del caso.
Per i sostenitori della rivoluzione Majorana, questa reazione è la prova che il sistema ancora resiste: il vecchio paradigma scientifico tenta di preservarsi delegittimando ciò che non controlla. Ma, dicono, la macchina ormai è uscita dal mito per entrare nella storia.
Scienza e libertà: cosa rappresenta oggi Majorana
L’audizione Majorana al Senato non è la fine di un mistero, ma il suo ritorno alla luce.
La figura di Majorana, avvolta per ottant’anni da nebbie biografiche e interpretazioni, diventa ora simbolo di libertà intellettuale: il ricercatore che avrebbe oltrepassato i limiti della fisica nota e che, secondo chi ne continua l’opera, avrebbe lasciato all’umanità un dono proibito.
Che si creda o meno alla macchina, l’evento al Senato ha un valore politico: riporta il discorso scientifico nel dominio pubblico, rompendo la separazione tra sapere tecnico e coscienza collettiva.
Verso una nuova stagione di ricerca indipendente
Da questa audizione potrebbe nascere un effetto domino. Università, centri privati, gruppi indipendenti stanno chiedendo di accedere ai materiali esibiti e di poter analizzare le presunte tecnologie con strumenti propri.
Il rischio è quello di una nuova ondata di polarizzazione, ma anche la promessa di un rinnovamento del metodo scientifico, più trasparente e meno dipendente da poteri economici o statali.
La macchina di Majorana, qualunque cosa essa sia, diventa simbolo di un’epoca in cui la conoscenza non appartiene più solo a chi detiene il timbro dell’autorità.
Conclusione
L’audizione Majorana al Senato ha rotto un silenzio lungo decenni.
Al di là delle opinioni e delle prove ancora da verificare, l’evento ha mostrato una cosa inequivocabile: la sete di verità non è morta, e la fiducia cieca nel monopolio scientifico vacilla.
Molti italiani — e non solo — sentono di assistere alla nascita di un nuovo paradigma: la possibilità che la scienza torni a essere un campo aperto, libero, umano.
Forse Majorana non è mai scomparso davvero. Forse ha solo atteso che qualcuno avesse il coraggio di ascoltare.
