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Alluvioni, frane, catastrofi varie e imbecillità

cartina geografica dellitalia

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Come, in modo deprimente, accade ogni qual volta, in Italia, si osserva una qualche catastrofe naturale, come la recentissima alluvione occorsa nei territori dell’Emilia, si può osservare l’osceno balletto degli avvoltoi di turno, mascherati da Telegiornali, carta stampata e talk show di “approfondimento” che imperversano sulle sciagure altrui senza, per altro, capire assolutamente nulla di quanto è successo e, soprattutto, del perché sia successo.

Non volevo nemmeno scrivere questo articolo, sia perché, ormai, ho avuto svariate occasioni di parlarne diffusamente su queste pagine, sia perché lo scriverne mi dà, in qualche modo, un senso di frustrazione e impotenza,non tanto verso la natura – che chi conosce sa cosa comporta avere a che fare con essa e, sopratutto, la potenza della quale è dotata – ma verso la infinita imbecillità di tutti coloro che “dovrebbero” agire in modo tale da poter, in qualche modo, mitigare gli effetti devastanti che Madre Natura ci può riservare.

La geografia italica

Come, penso, anche un bambino delle elementari sa perfettamente, guardando una cartina geografica del nostro paese, l’Italia è una penisola circondata da mari su tre lati, attraversata da catene montuose per il lungo e per il largo – Appennini e Alpi – solcata da una miriade di fiumi e fiumiciattoli, per la maggior parte a carattere torrentizio e, non ultimo, costellata di ben 49 bocche vulcaniche, fra le quali una delle più grandi Caldere del mondo – i Campi Flegrei – e il più grande vulcano d’Europa – il Marsili – la cui sommità si trova a circa 500 metri sotto il pelo dell’acqua e sprofonda per circa 4000 metri.

Per altro, sappiamo perfettamente che questo meraviglioso paese insiste sopra una complicata trama di faglie tettoniche molto instabili, sopratutto a causa del fatto che l’intero territorio Italiano appartiene, per così dire, alla Placca Africana, che si sta scontrando da diverse centinaia di migliaia di anni con la Placca Eurasiatica – dallo scontro fra le quali sono nate, appunto le Alpi – e che ha sempre dato e sempre darà terremoti di varia intensità che metteranno a dura prova tutti gli abitanti.

Le più recenti catastrofi naturali

Basta ricordare i più recenti e terribili, a partire da quello dello Stretto di Messina del 1908, che provocò la bellezza di circa 120.000 morti, seguito a ruota da quello di Avezzano, del 1915, con quasi 31.000 vittime e, dopo infiniti terremoti di più lieve entità, si arriva al 1976, con il terremoto del Friuli ed altre 1000 vittime circa, seguito, 4 anni dopo, da quello Irpino, con oltre 2000 vittime.

Nel 1997 la natura si scatenò in Umbria, con il seguitissimo terremoto di Colfiorito – per fortuna con solo 11 morti – ma del quale si parlerà per vari anni a causa delle inefficienze della macchina dei soccorsi e, soprattutto, per lo scempio dei container, ancora visibili oggi dimostrazione plastica della incompetenza, incapacità e disinteresse degli organi politici di quei tempi.

Il nuovo millennio si è caratterizzato per i due disastri dell’Aquila e di Amatrice, che hanno mietuto rispettivamente 309 e 299 vittime fra la popolazione inerme e che hanno generato uno strascico di polemiche ancora oggi accese, non tanto per la devastazione – in confronto a quello del 1908 sono state delle scosse molto limitate, sia nei danni che nelle vittime – ma per i soliti motivi di cui ho accennato sopra.

Per quanto riguarda le alluvioni, è inutile che mi metta qui ad elencare tutti gli accadimenti di questo ultimo secolo nei dettagli, basti pensare ad un solo evento significativo per tutti quanti, che riguarda l’alluvione terrificante del 1966, che non fece un numero particolarmente significativo di vittime – 35 – ma distrusse praticamente un’intera città, gioiello del rinascimento Italiano, e tutto per il solo fatto che le autorità competenti si erano sempre e comunque disinteressate seriamente del fiume che attraversava la loro città e della sua assoluta pericolosità, vista la sua natura non di fiume ma di torrente.

Una storia vecchia come il mondo

Già gli antichi Etruschi avevano capito la natura di tale fiume e la sua pericolosità per gli insediamenti cittadini a valle – Firenze e Pisa – e avevano pensato bene di creare, all’altezza dell’attuale Pontassieve, un canale di deviazione che rimandasse le acque dell’Arno fin nell’alveo del Tevere, che scorreva a qualche chilometro di distanza.

Ma poi arrivarono i Romani, come forza dominante, e accorgendosi di questo trucchetto escogitato dai cugini Etruschi, pensarono bene di distruggere quest’opera, restituendo le acque dell’Arno al loro naturale corso, ripristinando lo status quo precedente.

La potenza di Madre Natura

Tutte queste piccole narrazioni servono a far capire che contro Madre Natura, purtroppo, non c’è assolutamente nulla da fare, e che le nostre uniche armi sono quelle dettate dalla lungimiranza e dall’attenzione e cura con la quale si trattano i nostri fiumi, ma, in special modo, è la scelta di dove costruire le nostre abitazioni, consci di quanto potrebbe succederci un domani se “Mammà”, come dicono a Napoli, ci si rivolta contro.

Per fare un piccolo esempio che, magari, a molti potrebbe stare antipatico, quando – e non “se”, come tanti credono – il Vesuvio dovesse tornare a far sentire la sua voce con una eruzione di tipo Pliniano – per intendersi, quella che seppellì Ercolano e Pompei – con estrema probabilità dovremo piangere qualche centinaio di migliaia di morti, se non addirittura qualche milione, visto e considerato che la cintura Vesuviana è composta da circa 12 paesi e che la stessa Napoli sorge beatamente adagiata nel suo Golfo, a Nord Ovest del gigantesco vulcano.

La stupidità dell’uomo

E in quel caso chi si dovrebbe incolpare? La Natura cattiva e imprevista? O la stupidità di chi costruisce le case sotto alle pendici di uno dei vulcani più pericolosi dell’intero pianeta?

State pur tranquilli che i Giapponesi, sotto e intorno al Fujiama, non hanno né costruito, né hanno intenzione di costruire alcunché, anche se il vulcano è inattivo da migliaia di anni – se non per una ventina di piccole eruzioni dal 1800 ad oggi – perché, almeno loro, sono abbastanza intelligenti da non sfidare un simile gigante.

Tornando ai giorni nostri ed ai nostri affari casalinghi, come la recente alluvione, o riusciamo a capire che il mondo sta cambiando – e non per l’azione dell’uomo, ma perché così è da sempre, visto il continuo evolvere del nostro pianeta e del nostro Sole – e che, soprattutto, nel nostro paese, a causa della progressiva “tropicalizzazione” del nostro microclima, gli eventi piovosi assumeranno sempre di più le connotazioni di precipitazioni simil tropicali, uragani e tornado compresi, ogni anno saremo a piangere morti e disastri dannosi sull’intero suolo del nostro paese.

L’esempio del Bilancino

Basti pensare che se le recenti forti tempeste occorse sopra il suolo Emiliano si fossero presentate nella stessa intensità sopra a Firenze, all’altezza della diga del Bilancino, con molta probabilità, oggi, staremo piangendo la distruzione totale della città di Firenze e, con molta probabilità, anche di quella di Pisa.

Visto e considerato che il lago, formato dalla diga costruita sul Sieve proprio per porre un freno alle alluvioni periodiche dell’Arno, è, sostanzialmente, una bomba ad orologeria, prima o poi esploderà, con delle conseguenze che mente umana non può nemmeno immaginare.

Cosa dovrebbe fare la buona politica

Considerando quanto sopra esposto, le uniche cose che i nostri amministratori potrebbero e dovrebbero fare, in quanto preposti a fare quanto in loro potere per la tutela dei patrimoni personali dei cittadini e per la salvaguardia delle vite umane degli stessi, non è tanto cercare di prevenire o evitare gli eventi climatici – che il solo pensarlo rassomiglia molto alle schizofreniche paranoie di un mentecatto – ma cercare di “arginare” le possibili conseguenze di eventi climatici particolarmente violenti, con la costruzione di argini più alti e resistenti e con la formazione di “casse di espansione” che servano a contenere i sovrabbondanti flussi di acque che si dovessero riversare sul territorio.

E non come in Emilia, dove ne erano previste una trentina e ne sono state costruite solo un terzo, lasciando le altre come opere incompiute, solo ed esclusivamente per le solite burocrazie ed impedimenti derivanti da qualche “potente” di turno che si è opposto.

Riflessioni che dobbiamo fare tutti

Riepilogando, o riusciamo a capire che il vero problema non è tanto la natura, ma la gestione di essa da parte di perfetti imbecilli, che non riuscirebbero nemmeno a non bagnarsi da una pioggerella primaverile, ai quali insistiamo a dare mandato per tutelarci, oppure ogni anno continueremo a vedere sui canali dedicati e leggeremo sui vari rotocalchi la conta infinita dei danni e dei morti che seguiranno alle varie catastrofi che si abbatteranno sul nostro paese.

A tutto questo, purtroppo, non c’è via d’uscita, in quanto le radici di questa “imbecillità e incompetenza” sono molto profonde e ben radicate, nella nostra popolazione, e per poterle cambiare bisognerebbe rivoluzionare l’intero sistema sociale fin dalle fondamenta, ad iniziare da quegli organi che dovrebbero insegnare ai nuovi cittadini le basi per una prosperosa vita sociale, conscia di cosa sia realmente il mondo in cui viviamo: la scuola.

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