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Stalin. Ha perso, anche se ha vinto
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Acqua: l’oro blu

due mani raccolgono acqua cristallina

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Riscaldamento globale

Che la Terra stesse andando verso un progressivo surriscaldamento, con conseguente penuria di acqua, lo si sapeva, ormai ,da oltre 2 secoli, visto e considerato che gli scienziati, quelli seri, però (non quelli da televisione che imperversano oggi in qualsiasi programma di intrattenimento), lo hanno sempre detto che dopo il picco interglaciale – microglaciazione – coincidente, più o meno, con la fine del 1600-1700, ci sarebbe stato un ritorno graduale alle massime temperature, fino a circa il 2050, punto di vertice della parabola interglaciale.

Dopo di che, come è sempre accaduto per milioni di anni, il ciclo si invertirà fino a raggiungere un nuovo minimo nei seguenti 3 o 4 secoli, rimescolando ancora una volta l’intero sistema idrologico, meteorologico, faunistico e vegetale del nostro splendido ma, a volte, crudele pianeta.

Il fatto che, in questi ultimi tempi, si sentano gridi di allarme sollevarsi da ogni dove, associazioni estemporanee, nate dalle grida di improbabili bambine profetesse guidate da potenti lobby con interessi totalmente differenti dal bene comune, diktat molto simili a dispotiche sentenze dittatoriali emesse da organismi nazionali e sovranazionali, piuttosto che frenesie falso ecologiste, messe in campo un po’ da tutti quanti, è dovuto al semplice fatto che, in questi ultimi decenni, il raziocinio e l’intelligenza umana hanno lasciato spazio alla assoluta imbecillità.

Inquadriamo meglio il problema

Ad impossibilia nemo tenetur”, dicevano i nostri avi latini, intendendo che contro l’impossibilità nulla si può fare, e mai detto fu più calzante di questo, in quanto contro il volere della “natura” nulla è assolutamente possibile, e sentire quei maldestri giornalai da strapazzo starnazzare su “prevenzione” o consimili, mi fa veramente venire una rabbia che non ha eguali.

Ed è proprio qui che l’uomo dovrebbe intervenire “saggiamente” e con lungimiranza, in principal modo modificando il paradigma lessicale da “stiamo ammazzando il pianeta” a “ci stiamo ammazzando con le nostre mani”, poiché va ricordato che alla Terra, che la temperatura salga di 2 o 10 gradi, che ci siano inondazioni catastrofiche o eruzioni dei super vulcani, piuttosto che terremoti di 10 punti della scala Richter, non gliene può fregare di meno, mentre, a noi umani, al contrario, ce ne frega eccome.

Cosa fare?

Detto questo, e compiuta una seria analisi della situazione attuale, e sopratutto di ciò che ci attende nei prossimi decenni, se non addirittura secoli, dovremmo intervenire prontamente, approntando e impiantando quelle opere che potrebbero permetterci di proseguire il nostro cammino sulla superficie di questo nostro pianeta.

Quello che, personalmente, mi sgomenta in tutto ciò, non sono tanto le varie alzate di ingegno delle Greta Thumberg di turno, piuttosto che dei politici improvvisati che scaldano le sedie sulle quali hanno posto le loro terga, quanto l’incapacità di analisi dell’intero corpo scientifico mondiale, drasticamente disgiunto da quello che dovrebbe essere il nucleo produttivo ed imprenditoriale del mondo.

A differenza nostra, gli antichi Romani, Cinesi, Mongoli, Giapponesi, Greci e, andando ancora più indietro nel tempo, Assiri, Sumeri ed Egizi, avevano un sistema estremamente semplice di gestire i problemi che gli si presentavano dinanzi: analisi del problema, progettazione dei correttivi, esecuzione degli stessi.

E, così agendo, sono riusciti non a piegare la natura, ma a sfruttare ciò che la stessa natura gli metteva a disposizione, in modo da ottenere quanto gli serviva per vivere al meglio possibile e, in questo modo, hanno costruito delle opere ingegneristiche che noi stessi, oggi, saremmo in grande difficoltà a replicare, basti vedere gli immensi acquedotti che sono stati costruiti sotto l’impero romano, per non parlare delle Piramidi Egizie, della Grande Muraglia e di tutte le opere irrigue progettate e costruite dall’impero Cinese.

Tornando ai giorni nostri, ed analizzando ciò che viene fatto in giro per il mondo, mi stupisco quando sento i nostri politici – Italiani in particolare, ed Europei in generale – farneticare di mega stanziamenti miliardari per costruire opere faraoniche o costituire mega commissari speciali al fine di cercare di ovviare ai problemi della siccità, agendo come il contadino che chiude le stalle quando i buoi sono scappati.

Ma perché noi occidentali non vogliamo mai imparare dalle splendide opere che altre nazioni, ben più lungimiranti di noi, mettono in atto con estremi benefici, evidenti anche agli occhi di un bambino delle elementari?

Ci sentiremmo in qualche modo sminuiti se “copiassimo” da altri cose che potrebbero risolverci i problemi?

Saremmo meno bravi, belli e intelligenti forse?

O, con molta probabilità dimostreremmo solamente di essere avveduti e previdenti?

L’esempio del medio oriente

Mi sto riferendo, in particolare, ad alcuni stati del Medio Oriente – Israele, Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati Arabi – che hanno fatto della dissalazione dei mari il loro “Core Business”, ottenendo dei risultati assolutamente strabilianti, sia in termini di resa, sia di soluzione del problema, per loro estremamente gravoso (ricordo che in quelle zone, molto spesso, non piove per 2 o 3 anni di seguito, e le temperature spesso superano i 50 gradi centigradi e, inoltre, hanno a che fare con quello che si chiama deserto).

Basti pensare che, solo a Dubai, esiste a Jebel Ali, uno dei più grandi dissalatori di acqua marina del mondo – con le nuove tecniche di osmosi inversa, un sistema che, grazie alla pressione dell’acqua attraverso delle membrane filtranti, permette di recuperare acqua pura al 96% – che produce quasi 650 mila metri cubi di acqua potabile al giorno, soddisfacendo al 100% le necessità dell’intera popolazione residente.

E non solo perché basterebbe andare in quelle zone – chi scrive ci ha vissuto per quasi 3 anni – per vedere le esplosioni di colori nei mega giardini presenti tutto intorno alla città di Dubai e di Abu Dhabi, nonché in quella di Al Ain, e nelle innumerevoli siepi e aiuole che sono un “must” dell’intera città.

E la cosa assolutamente sorprendente e che, personalmente, mi fa veramente imbestialire come non mai, è accorgersi che l’azienda che ha costruito questa mega centrale di dissalazione non è americana o giapponese o cinese, ma molto sorprendentemente è nostra, ovvero Italiana, e si chiama “Fisia Italimpianti”.

https://www.webuildgroup.com/it/media/video/jebel-ali-m-desalination-plant-uae

E noi?

Anche in Italia abbiamo alcuni impianti di dissalazione di acqua marina ma, come sempre accade nel nostro burocratizzato paese, tali impianti o progetti vengono bloccati per anni, a monte dai vari politici di turno che, per un motivo od un altro – motivi assolutamente stupidi – ritengono che non si possano fare.

Basta dare un’occhiata al link riportato sotto per capire quali siano i problemi che si possono incontrare nel nostro paese quando si volesse intraprendere una via che, sicuramente, porterebbe del benessere diffuso e, sopratutto, potrebbe risolvere alla radice tutti i problemi legati alla imminente e sempre più grave crisi siccitosa che stiamo vivendo.

https://www.lifegate.it/desalinizzazione-siccita

Se, poi, andiamo ad analizzare gli aspetti economici della questione, ci possiamo facilmente rendere conto che, anche sotto questo aspetto, potremmo realmente apportare un enorme beneficio al nostro martoriato paese, in quanto, ad oggi, il costo di un metro cubo di acqua, trasportato con la nave nelle isole o con i camion in giro per il nostro paese, si aggira sui 13/14 euro, mentre il costo dello stesso metro cubo ottenuto con la dissalazione dell’acqua marina ha un costo, ormai stabilizzato, intorno ad 1,5 euro, massimo 2.

criticità e risoluzioni

Qualcuno avanza le negatività di questo procedimento, in quanto produce degli scarti – salamoia – di difficile smaltimento, sostenendo che anche il recupero in economia circolare dei metalli presenti in tale salamoia presenterebbero dei costi ben superiori a qualsiasi ritorno economico ottenuto, ma, in sostanza, io faccio un ragionamento molto più terra terra, e dico che di fronte a quello che noi stiamo affrontando e che, disgraziatamente, è destinato a peggiorare sempre di più, le scelte da mettere in campo non sono poi tante, e se da una parte dovremo spendere di più per il recupero dei metalli dalla salamoia e per lo smaltimento dei residui, dall’altra parte, come sopra indicato, avremo dei ritorni economici molto importanti dalla produzione ricavata e, sopratutto, saremo in grado di far rifiorire tutta la nostra filiera agro alimentare, evitando, così, ulteriori danni.

A conti fatti, se avessimo delle persone intelligenti alla guida del nostro paese, si potrebbe realmente mettere in campo un serio progetto “generale”, in modo non solo da risolvere una volta per tutte il problema al quale madre natura ci sta sottoponendo ma, altresì, ottenendo anche un ritorno economico di non poco conto.

É del tutto ovvio che, in parallelo ad una tale opera, andrebbero apportate quelle correzioni di sistema strutturale all’intero apparato idrogeologico di tutto il paese, poiché, come tutti sanno, il nostro sistema di distribuzione è ben lontano dall’essere “a zero perdite” (cosa praticamente impossibile per chiunque, sulla faccia della terra), ma, per lo meno, si potrebbe limitare drasticamente oltre il 40% di perdite che registriamo in complessivo.

conclusioni

In conclusione, dobbiamo iniziare a ragionare come il paese che siamo, contornato da mari per il 90% del nostro perimetro, a differenza di paesi come la Germania, che il mare ce l’hanno solo al nord, o come la Svizzera, che non può fare nulla di tutto ciò, ed agire di conseguenza senza metterci continuamente i bastoni fra le ruote da noi stessi.

Seriamente, ne va della nostra vita futura.

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